Ott 17, 2010 - 11 Settembre 2001    Commenti disabilitati su I testimoni dell’11 Settembre

I testimoni dell’11 Settembre

Torri di Luce

Sapevate dell’ECATOMBE dei Testimoni dell’11 settembre?

fatti fuori uno alla volta, ma qualcuno parla ancora…

Molti testimoni dei fatti accaduti l’11 Settembre 2001 sono rimasti vittime di morti misteriose. L’elemento che li accomunava, è il fatto che le loro affermazioni sostenessero il Movimento per la Verità sull’11 Settembre (911truth.org) e smentivano la versione ufficiale dei fatti.

Barry Jennings
BARRY JENNINGS
Era il coordinatore per le emergenze della New York Housing Authority (con sede presso il WTC). L’11 Settembre dichiarò di essere stato sbalzato all’indietro (insieme al collega Michael Hess) da una potente esplosione nell’edificio 7.
In seguito dichiarò di avere udito altre esplosioni nello stesso edificio, molto prima che la torre collassasse, e che durante la fuga avrebbe scavalcato diversi corpi senza vita, contraddicendo la versione “ufficiale” secondo cui nessuno sarebbe deceduto nello edificio 7.
Barry è morto misteriosamente il 19 Agosto 2008, due giorni prima che venisse presentata la prima bozza del rapporto NIFT sugli eventi dell’11 Settembre.
Beverly Eckert


BEVERLY ECKERT

Beverly perse il marito negli attentati dell’11 Settembre. Dichiarava di non credere alla versione “ufficiale” dei fatti.
Apparteneva alla organizzazione attivista dei famigliari delle vittime degli attentati, inclusa una azione civile contro i sauditi e il governo degli Stati Uniti.
Sembra che le sia stato offerto del denaro per desistere e mantenere il silenzio, proposta che rifiutò.
Beverly è morta alla età di 57 anni in uno strano incidente aereo, in data 12 Febbraio 2009. Una settimana prima di morire, aveva incontrato il Presidente Obama in qualità di avvocato delle vittime dell’attentato al WTC.

Kenneth Johannemann

KENNETH JOHANNEMANN
Kenneth lavorava come portiere al WTC. Testimoniò di avere assistito ad esplosioni sia alla base che ai piani superiori della torre. In particolare, parlò di una forte esplosione avvenuta alla base di una delle Torri Gemelle, e raccontò di avere soccorso persone con ustioni su tutto il corpo, vittime della esplosione verificatasi alla base – e non in cima – della torre.
Nel Settembre 2008 Kenneth fu trovato morto, ucciso da un colpo di arma da fuoco alla testa, ed il suo caso fu classificato come “suicidio”.
Il rapporto sul suicidio indica come movente il recente licenziamento di Johannemann.
Tuttavia egli aveva una grande e amorevole famiglia, e sembra che il cugino gli avesse da poco offerto un posto di lavoro.

Michael Doran

MICHAEL H. DORAN
Doran prestava assistenza legale ai famigliari delle vittime dell’attentato, nelle cause di richiesta di risarcimento danni.
E’ morto il 28 Aprile 2009, quando il suo aeroplano monoposto si è schiantato in Ohio.

CHRISTOPHER LANDIS
(Nessuna foto disponibile)
Era il responsabile alla sicurezza per il Dipartimento dei Trasporti della Virginia. Concesse agli autori del documentario “The Pentacon” diverse foto, ed una intervista durante la quale rispose alle domande molto nervosamente.
Il giorno degli attentati potè godere di una visuale libera del punto di impatto dello attentato al Pentagono. Scattò molte foto le quali sembra rivelassero una realtà diversa da quella presentata dalle fonti “ufficiali.”
Circa una settimana dopo che gli autori del film registrarono la testimonianza di Landis, quest’ultimo fu ritrovato morto per un apparente suicidio.

Incidente Christopher Landis

Nessuna ulteriore informazione è trapelata sulla sua morte.

Bertha Champagne

BERTHA CHAMPAGNE
L’11 Settembre 2001 Bertha prestò servizio come baby sitter presso la famiglia di Marvin Bush.
Fino a Giugno 2009 il fratello minore di George W. Bush fu alla direzione della Securacom Stratesec, una compagnia kuwaitiana – saudita, la stessa che sovrintendeva alla sicurezza elettronica del WTC e dell’aereoporto internazionale di Dulles, da cui partì il volo 77.
Il 10 Ottobre 2003 la sessantaduenne Bertha Champagne fu trovata morta allo interno della sua autovettura in una strada nei pressi della residenza dei Bush.

Paul Smith

PAUL SMITH
Pilota dell’elicottero che filmò le immagini dello schianto del secondo aeroplano.
Il 7 Ottobre 2007 mentre smontava da un taxi, Smith fu investito ed ucciso da una misteriosa automobile nera, mai identificata.
L’11 Settembre il cameraman John Del Giorno era l’operatore a bordo dell’elicottero di Smith, ma dal giorno degli attentati ha sempre categoricamente rifiutato di rilasciare dichiarazioni sull’accaduto.

Deborah Palfrey

DEBORAH PALFREY

Deborah Palfrey gestiva un giro di prostituzione che annoverava diversi vip del WTC tra i suoi frequentatori.

Nei giorni successivi gli attentati, la Palfrey dichiarò – anche nella trasmissione di Alex Jones – di essere in possesso di informazioni potenzialmente di grande interesse per la commissione di indagine sull’11 Settembre.

Il 15 Aprile 2008 la Palfrey fu trovata morta nella propria abitazione, plausibilmente suicida.


David Wherley

DAVID WHERLEY
Il maggiore Wherley coordinava le operazioni di volo degli aerei militari nei cieli di Washington, l’11 Settembre 2001.
Il 22 Giugno 2009 Wherley restò ucciso in uno strano incidente della metropolitana, il più grave da un trentennio.
Gli investigatori accertarono che il controllo del treno era stato impostato su “automatico”, anziché manuale, come di norma.

Salvatore Princiotta


SALVATORE PRINCIOTTA

Princiotta fu uno dei primi vigili del fuoco ad intervenire sul luogo dell’attentato.
Il 23 Maggio 2007 fu assassinato.
L’uomo sospettato del suo omicidio, Jeffery Lynn Bigham, fu in seguito trovato morto suicida.
Aggiornamento: ringrazio i ricercatori di “Come Don Chisciotte” per questa pagina: http://xoomer.virgilio.it/911_subito/misteriose_morti.html dalla quale traggo il seguito di questo articolo (purtroppo la lista si è allungata)…

David Graham

 

DAVID GRAHAM

David Graham vide 3 dei dichiarati dirottatori a Shreveport con un uomo d’affari pakistano precedentemente il 9/11.
Andò all’FBI con questa informazione e ricevette minacce da agenti federali.
Il 17 settembre del 2006 David Graham è stato trovato avvelenato. La sua morte non è mai stata oggetto di investigazioni approfondite.

John P. O'Neill

JOHN P. O’NEILL

Esperto di antiterrorismo, ex agente dell’FBI.

I dettagli poco chiari intorno al suo decesso sono troppi per riportarli qui e sono spiegati in un’apposita pagina di questo sito.

Prasanna Kalahasthi

PRASANNA KALAHASTHI

Prasanna Kalahasthi, moglie di un presunto passeggero del volo AA-11 (quello che si schiantò sulla Torre Nord) e studentessa di odontoiatria, è stata trovata impiccata circa un mese dopo l’11 settembre, nonostante fosse Hindu (e quindi non potesse commettere suicidio, in quanto visto come peccato pari all’omicidio) e nonostante gli amici affermino che fosse determinata a terminare l’università e a vivere.

Suo marito, Pendyala Vamsikrishna, a causa di varie stranezze (come liste passeggeri in cui compariva e scompariva senza motivo), è considerato uno dei tanti indizi della falsità delle liste dei voli ufficialmente dirottati l’11 settembre 2001.

La vicenda viene esaminata in dettaglio in questa pagina.

Suzanne Jovin
SUZANNE JOVIN
Suzanne Jovin era una studentessa di Yale che fece una tesi su Osama bin Laden ed ebbe come relatore un agente dell’intelligence statunitense (James Van de Velde, che viveva a 3 isolati da lei).
Suzanne è stata assassinata appena 5 ore dopo aver consegnato la sua tesi di laurea (quasi conclusa) a Van de Velde. Il colpevole è tuttora ufficialmente ignoto.
Un testimone riferì di aver visto Van de Velde camminare dietro Suzanne appena 20 minuti prima che venisse assassinata.
La polizia afferma che Suzanne fu probabilmente condotta nel luogo del delitto da qualcuno che conosceva.
Suzanne prima di morire si era lamentata con amici e conoscenti che Van de Velde, più che aiutarla con la tesi, stava cercando di ostacolarla.
Nella tesi che consegnò a Van de Velde il giorno dell’omicidio mancava solamente la conclusione. Una nota a margine scritta a mano diceva: “la conclusione la lascio per ultima”. Tuttora non sappiamo a cosa si riferisse.
Suzanne fu uccisa nel 1998, e viene da molti definita “la prima vittima dell’11 settembre”.
Maggiori dettagli qui.

Perry Kucinich

 

PERRY KUCINICH

Perry Kucinich era il fratello di Larry Kucinich, un membro del Congresso che richiedeva una nuova investigazione sull’11 settembre.
Ufficialmente la causa del decesso è stata una caduta (è stato ritrovato morto nella sua cucina steso sul pavimento a faccia in giù).

Wendy Burlingame


WENDY BURLINGAME

Wendy Burlingame era la figlia di Charles Burlingame, il pilota del volo AA-77 che si sarebbe schiantato al Pentagono.
E’ morta in un incendio nel 2006, nel complesso di appartamenti chiamato Galaxy Towers.
Edward DeFazio, il procuratore della Contea di Hudson, ha affermato che secondo gli esperti il fuoco ha avuto origine “sospetta”.
Inoltre il Galaxy Towers aveva una sicurezza antincendio all’avanguardia e non aveva mai sofferto incendi di alcun tipo prima.
Nessun altro è morto nell’incendio.

Ezra Harel

EZRA HAREL

Ezra Harel era una figura chiave del Mossad (il servizio segreto israeliano che secondo molti ha avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione dell’11 settembre, insieme al governo e al complesso militare-industriale statunitense).
Poco dopo l’11 settembre è stato trovato morto per attacco cardiaco.
Potrebbe non essere stato altro che un attacco cardiaco spontaneo, potrebbe essere stato qualcosa di più… Impossibile saperlo con certezza.

Bruce Irvins

 

BRUCE IVINS

Ivins era sospettato di essere il responsabile delle lettere all’antrace del 2001.
Sembra che la causa della morte sia stata overdose, non si sa se per mano sua o meno.
Nonostante questa incertezza non è stata eseguita nessuna autopsia, perché le autorità l’hanno definita “non necessaria”. Eppure è la prassi, in casi simili.

Eric Wishnie


ERIC WISHNIE

Eric Wishnie era un produttore anziano alla NBC News.
La moglie, Dawn Fratangelo, era una giornalista che si era occupata della cronaca degli attacchi dell’11 settembre.
Wishnie è morto il 31 luglio 2007. Ufficialmente si è trattato di suicidio.

Michael Zebuhr

MICHAEL ZEBUHR

Michael Zebuhr stava preparando un dottorato di biologia alla Clemson University e figurava tra i membri del movimento degli «Scienziati per la verità sull’11 settembre», in cui giocava un ruolo essenziale di coordinatore.
Accompagnato dalla sorella, da un amico e dalla Sig.ra Suzanne Strong, sua madre, stava uscendo da un ristorante a Minneapolis, sabato 25 marzo 2006, quando due individui si sono avvicinati per avere il portafoglio della Sig.ra Strong, che gli è stato consegnato senza resistenza, ha detto la polizia.

Senza ragione apparente, i due aggressori hanno poi ucciso Michael Zebuhr con un colpo alla testa. Zebuhr è morto 24 ore dopo presso il Hennepin County Medical Center a causa delle ferite.

Pubblicato il da in 11 settembre
Fonte: Signoraggio.it
Ott 6, 2010 - Internet    Commenti disabilitati su Incumbent anche SUI Legislatori

Incumbent anche SUI Legislatori

TelecoZZ ItaGLIA

Cosa aspettate a …

MANDARE A FANCULO TELECOM IN MASSA???


Decreto Pisanu, pronto il cestino?

Un disegno di legge per abrogare l’art. 7 del testo che obbliga i gestori di pubblici esercizi a richiedere l’identificazione degli utenti per l’accesso al WiFi. Una proposta bipartisan, con il no di Telecom

Roma – Si intitola abrogazione delle norme recanti limitazioni dell’accesso ad Internet. È un nuovo disegno di legge, una proposta bipartisan che dovrebbe portare all’annullamento del cosiddetto decreto Pisanu. Ovvero di quelle norme anti-terrorismo adottate ormai cinque anni fa, tra cui una controversa regolamentazione dell’accesso al WiFi in Italia.

Una proposta bipartisan, dunque. Sponsorizzata in primis dal responsabile delle Comunicazioni del Partito Democratico (PD) Paolo Gentiloni, insieme a Linda Lanzilotta – attualmente a capo del Dipartimento per la Pubblica Amministrazione – e all’onorevole Luca Barbareschi di Futuro e Libertà per l’Italia (FLI).

Obiettivo primario, l’abrogazione dell’articolo 7 del D.L. n. 144 del 2005, poi convertito con legge n. 155 del 31 luglio 2005. In sostanza, quella norma che tuttora obbliga un gestore di pubblico esercizio a richiedere l’identificazione da parte dei suoi avventori per l’accesso alla Rete a mezzo WiFi. Dopo aver richiesto una specifica licenza al questore e prima di conservare in un apposito archivio i vari log relativi ai clienti/utenti. “Non esiste una norma come questa in tutto il mondo – ha dichiarato Lanzilotta – Abbiamo effettuato studi dai quali emerge che l’utilità effettiva di quanto previsto dall’articolo 7 è marginale”.Utilità in termini di lotta al terrorismo. “L’identificazione di un terrorista può avvenire in una svariata serie di modi – ha proseguito Gentiloni – come l’utilizzo della linea telefonica, e non è certo affidandosi alla consegna del documento d’identità al fornitore del WiFi che si garantisce maggior sicurezza”.

Non dello stesso avviso l’AD di Telecom Italia Franco Bernabé: “Non credo che quella legge vada abolita. In molti altri paesi si sta andando nella direzione della fine dell’anonimato e dell’identificazione dell’utente: il decreto Pisanu serve a quello”.

C’è tuttavia chi ha fatto notare come una simile previsione sia attualmente in vigore solo in Italia, di fatto limitando lo sviluppo del WiFi nel Belpaese. Il decreto Pisanu è stato confermato di anno in anno a ridosso delle festività natalizie. Che questo sia l’ultimo panettone?

Mauro Vecchio

Fonte: Puntoinformatico
Ott 5, 2010 - opinioni    Commenti disabilitati su Ironia Araba…..

Ironia Araba…..

1007_cartoon.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Davvero BUFFO, i Sauditi che scherzano …..
… col Petrolio.

Tratto da Arab News

Set 27, 2010 - sfoghi    Commenti disabilitati su Latitanza dal Blog.

Latitanza dal Blog.

unione%20ladri.jpgChiedo scusa a quanti seguono il Blog per la mia prolungata assenza e il digiuno di post, ma, a parte che sono stato e sono impegnato più del solito, sono NAUSEATO dagli sviluppi politici di questi ultimi mesi e di quanti giornalisti si affannino a raccontare SOLO LE COGLIONATE di case ereditate da un partito e sulle cui MANFRINE, non c’è l’ombra di soldi pubblici.

Si parla di vergogna da parte del Presidente della Camera, paragonoandolo al POMPINO DI CLINTON, che “ha avuto la facciatosta di dire una bugia”

ESTICAZZI!!

Ma dei milioni di coglionate che ci hanno assuefatto a sentire???

Di quelli non ne parliamo?craxi_berlusconi-copy1.jpg

Ci scandalizzziamo ommammma perchè Fini ha detto una bugia, ma dei MILIARDI DI EURO CHE SI SONO INCULATI TUTTI…

… non parliamone.

Set 11, 2010 - 11 Settembre 2001    2 Comments

WTC Demolizione controllata ILLEGALE?

Asbestosi

Siamo tutti a conoscenza della tragedia avvenuta 9 anni fa.

Ma, a pochi viene in mente un dettaglio: ricordate le torri TRASFORMATE IN POLVERE?

E le migliaia di persone CHE NE SONO STATE COMPLETAMENTE INVESTITE ED AVVOLTE?

 

Ebbene, si perde un riferimento: l’anno di costruzione, il LARGO USO DI FIBRE DI AMIANTO di quegli anni, IL DANNO CAUSATO DOPO ANNI DALL’INSPIRAZIONE DI QUELLE MALEDETTE FIBRE.

 

Il “FORTUNATO” Larry Silverstain (ne ho già parlato qualche tempo fa), era BEN AL CORRENTE del costo di demolizione di una struttura del genere, che IN MANIERA LEGALE NON SI SAREBBE MAI E POI MAI POTUTA DEMOLIRE COL METODO CHE POI è stato INVECE ADOTTATO: La demolizione controllata, appunto.

Mesotelioma PleuricoEbbene, a tutt’oggi l’OMS non ha ancora diffuso i dati sulla diffusione di ASBESTOSI E MESOTELIOMA che ha colpito i superstiti delle Torri Gemelle (e le WTC 7), gli incolpevoli passanti, i soccorritori e quanti si sono trovati, loro malgrado AVVOLTI DALLA NUBE VELENOSA E NE HANNO INSIPRATO LE FIBRE!!

 

 


Ho trovato un articolo scritto POCHI GIORNI DOPO I FATTI del 2001 davvero interessante che vi riporto:

 

Mentre l’America e il mondo tremano all’ipotesi di una ancora indefinita e ipotetica guerra batteriologica, a Manhattan, nel cimitero delle torri gemelle, il rischio chimico ha già un nome concreto: polvere di amianto. In mezzo a questa polvere, ormai da due settimane, migliaia di volontari, pompieri, addetti dei servizi di protezione civile, giornalisti e cine operatori scavano, raccolgono notizie e fotografano. Nessuno di loro, però, sembra dotato di adeguate misure di protezione, se non di qualche poco utile mascherina di carta usa e getta.
L’agenzia federale di protezione ambientale (Epa) ha comunque fornito dati rassicuranti sul livello di amianto a New York. Delle 24 misurazioni effettuate nei due giorni successivi al disastro, ha spiegato Tina Kreisher, portavoce dell’Epa, soltanto quella effettuata nell’epicentro del disastro ha rivelato un livello di presenza di polvere di amianto superiore alla soglia di sicurezza (con il 4.5% di fibra di amianto). Tuttavia, ha rassicurato l’Epa, l’esposizione all’asbesto è pericolosa solo se prolungata nel tempo, e dunque non riguarda la grandissima maggioranza dei cittadini della Grande Mela. Epa e Osha (l’Occupation safety health administration) continueranno comunque a monitorare l’aria della città.

I rischi di chi vive e opera nell’epicentro del disastro possono essere limitati, raccomanda ancora l’Epa, con l’uso di maschere dotate di filtri speciali che però “quasi nessuno ha usato o usa”, denuncia ancora l’agenzia ambientale statunitense. Essendo le fibre di amianto di dimensioni ridottissime, le tradizionali protezioni usate dai medici in sala operatoria non bastano.

La costruzione delle torri del World Trade Center fu terminata nel 1973; le strutture in acciaio furono spruzzate con amianto (contenente il 30 per cento di crisotilo) e 5 mila tonnellate di amianto furono utilizzate per le tramezze e le coibentazioni. Ma, almeno ufficialmente, solo fino al quarantesimo piano: in seguito alla presa di posizione di numerosi scienziati Usa, tra cui uno studio fondamentale di Irving Selikoff, gli altri settanta livelli furono elevati utilizzando ulteriori materiali. Nel febbraio del 1972, poi, l’utilizzazione dell’amianto nell’edilizia newyorkese fu vietata per legge.

In realtà, sulla quantità di amianto presente nei grattacieli al momento dell’esplosione non c’è accordo. Ed Ferrand, membro del Dipartimento di scienza e tecnologia della città di New York, ancora ricorda l’asbesto piovere copiosamente dalle torri al momento dell’installazione: “Camminavo – dice – e dovevo togliermi l’amianto dalle spalle. Alcune zone erano ricoperte da parecchi centimetri di polvere”. Secondo Guy Tozzoli, l’ingegnere responsabile della costruzione e manutenzione del Wtc (rimasto in carica fino al 1987), l’amianto fu utilizzato solo fino al trentanovesimo piano, poi fu impiegato altro materiale, “con un costo aggiuntivo di 400 mila dollari”, precisa l’ingegnere. In seguito, ha detto Tozzoli, l’amianto presente nelle torri fu stoccato in speciali contenitori di plastica e nei primi anni ottanta “interamente rimosso”. In realtà si tratta di analisi non condivise da tutti: secondo alcuni, fino all’11 settembre erano ben visibili, all’ultimo piano, travi coibentate con amianto a spruzzo.

C’è anche qualcuno che, nella tragedia, trova occasione per tirare fuori la vecchia, e si sperava superata, polemica sull’effettiva pericolosità dell’amianto. Secondo Richard Wilson, docente di fisica all’Università di Cambridge nel Massachusetts, la resistenza al calore della sostanza avrebbe potuto proteggere in maniera più efficace le colonne portanti dei due grattacieli, ritardandone il crollo di qualche ora e, probabilmente, salvando centinaia di vite umane. Steve Miller, editor del sito scientifico junk-science.com, conferma: “L’amianto è il migliore isolante che conosciamo e non usarlo a causa di isteriche ragioni di salute pubblica è assurdo”. L’argomento usato dai sostenitori dell’asbesto è che la sostanza, allo stato solido, non sarebbe pericolosa: in realtà altri e più attendibili studi rivelano che anche in questo caso, con il tempo, l’amianto si sfalda e libera fibre nell’atmosfera.

Ma a Manhattan la mappa del rischio tossico non si ferma purtroppo all’amianto. Dopo il crollo altre sostanze pericolose potrebbero essere state liberate nell’atmosfera: il freon (dai condizionatori d’aria onnipresenti nel Wtc), Pcb e idrocarburi. L’Epa ha inviato sul posto unità mobili speciali per il monitoraggio dell’aria. Mezzi dello stesso modello usato in Kuwait durante la guerra del Golfo per misurare le tossine prodotte dalla combustione dei pozzi petroliferi.

(26 settembre 2001)

Fonte: Assoamianto
Ago 27, 2010 - Politica    1 Comment

Commissioni parlamentari……

Fiamma NirensteinMa esiste la commissione contro i siti internet?

Un amico parlamentare ci manda questa rettifica, che volentieri pubblichiamo

Maurizio Blondet ha ripetutamente scritto che la Nirenstein «presiede la Commissione Affari Costituzionali della presidenza del Consiglio e la Commissione Esteri e Interni della Camera».

Ora, va beh che i lorsignori hanno tanto potere, ma non esageriamo!!!

Non esiste una «Commissione Affari Costituzionali della Presidenza del consiglio» (così si dedurrebbe, secondo la dicitura usata); ve n’è una della Camera e una del Senato; il suo nome esatto è:

I COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

– l’onorevole Nirenstein non è presidente della commissioni Affari Costituzionali della Camera;
– ovviamente, non esiste una commissione «esteri e interni» della Camera; esiste invece una commissione Affari Esteri della Camera;
– l’onorevole Nirenstein non è la presidente della Commissione Affari Esteri della Camera (presieduta invece dal leghista Stefani), bensì la vicepresidente.
– l’onorevole Nirenstein ha presieduto la riunione delle Commissioni I e III del 22/4 e del 25/5 u.s., in supplenza dei presidenti della I (Donato Bruno) e della III Commissione, opportunamente assenti.

Posso capire l’inesattezza: io lavoro qui in Parlamento, ne conosco il sistema e i meccanismi, che ovviamente (nella loro elefantiaca complessità) sono ignorati dai cittadini, compresi quelli che si occupano di politica.

Fra l’altro, anch’io su altri aspetti non ho ben chiara la situazione: non mi risulta infatti che esista una Commissione sull’antisemitismo (per creare una nuova commissione parlamentare occorre specifico provvedimento e voto della Camera); credo invece che si tratti di un comitato creato in seno alla I Commissione Affari Costituzionali nell’ottobre scorso, formato dai membri della I e della III Commissione (Affari Esteri e Comunitari) in seduta comune.

La Commissione Esteri è ad alta densità di sionisti – Nirenstein, Ruben, Colombo – e filo-sionisti di complemento – Farina, Malgieri, Volontè, Zacchera, Adornato, La Malfa, Pianetta, ecc.).

Certo è che lo stesso sito della Camera non riporta, fra i Comitati di indagine esistenti, uno sull’antisemitismo…

La solita opacità lobbystica. L’opacità è confermata dal fatto che nè io, nè la massima parte dei colleghi deputati e senatori, non sanno nulla di questo comitato, nè vi sono stati invitati.

Lettera firmata

Dunque a quanto pare non esiste una Commissione Parlamentare sull’Antisemitismo. E’ qualcosa che la signora ha creato all’interno della presidenza del Consiglio: la quale, sotto Berlusconi, è diventata un mostro che dilapida 4 miliardi di euro annui dei contribuenti, e di cui il ‘Pirla’ ha fatto il suo ‘ministero del fare’, del far male e del malaffare (vedi Bertolaso & Escorts). Sulla spesa (enorme) della presidenza del Consiglio non c’è controllo esterno nè obbligo di rendiconto: di fatto è un immane ‘fondo nero’, da cui chi è ben posizionato può pescare quel che vuole. Se esistesse ancora un giudice a Roma, guarderebbe in questo porcaio con molta attenzione.

Maurizio Blondet

Fonte: EFFEDIEFFE – Sezione FREE
Ago 26, 2010 - Politica    1 Comment

Class Action all’Italiana

<B>Una legge per risarcire i consumatori<br>Ma le lobby frenano la class action</B>Rimborsi da assicurazioni, banche e Tlc. Il ministro Bersani:

“Le aziende devono sapere che avranno schiaffoni e non più buffetti”

STICAZZI! E i pompini che gli fanno? Non erano previsti?

Una legge per risarcire i consumatori

Ma le lobby frenano la class action

Disegno di legge del governo per introdurre anche in Italia le cause collettive
di MARCO PATUCCHI – del 20 Novembre 2006

ROMA – Per l’inizio della battaglia a Montecitorio ormai è questione solo di qualche giorno, giusto il tempo di smaltire le tossine del primo passaggio della Finanziaria. Ma la guerriglia degli schieramenti politici e delle lobby si combatte già da tempo e lascia intuire che lo scontro campale sarà durissimo. In palio c’è l’approvazione della legge italiana sulla class action, lo strumento giuridico che nel resto del mondo, Stati Uniti in primis, ha garantito a interi eserciti di cittadini-utenti il risarcimento dei danni provocati dagli abusi delle multinazionali. E che nel nostro Paese sta agitando i sonni di banche, assicurazioni, gestori telefonici, utility.

Come tradizione, l’Italia arriva buon ultima, a decenni e decenni dalle “crociate” di Ralph Nader, il primo paladino americano delle azioni collettive: e mentre sono già nei libri di storia le cause milionarie vinte dai cittadini americani contro le mistificazioni dei colossi del tabacco e gli errori delle case automobilistiche, qui da noi siamo ancora fermi alle suggestioni letterarie dei romanzi di John Grisham o a quelle cinematografiche di Julia Roberts in Erin Brokovich.

A dire il vero, qualcosa di concreto anche nel nostro Paese si è mosso sull’onda dell’indignazione per gli scandali finanziari degli ultimi anni (da Cirio a Parmalat, dai Tango-bond alle scalate dei “furbetti del quartierino”): sono migliaia, ad esempio, i risparmiatori ammessi come parte civile al processo per il crac dell’impero Tanzi.

Ma solo tra qualche giorno si capirà se davvero governo, maggioranza e opposizione, condividono la volontà di dotare il nostro paese di una legge sull’azione collettiva. “Non vogliamo fare una cosa all’americana, mandando la gente in giro per avvocati – dice Pierluigi Bersani – però le grandi società di servizi e le grandi imprese devono imparare a comportarsi come si deve, perché sappiano di poter ricevere non solo un buffetto ma anche uno schiaffone”. Ed è proprio l'”effetto deterrente” l’obiettivo di fondo del disegno di legge che il ministro dello Sviluppo Economico – di concerto con i colleghi dell’Economia, Padoa-Schioppa, e della Giustizia, Mastella – ha presentato alla Camera e che al momento costituisce il punto di riferimento per il lavoro della Commissione Giustizia dove sono confluite le altre proposte di legge in materia.

L’articolato governativo ricalca quello che, nella passata legislatura, aveva incassato il via libera della Camera prima di arenarsi a palazzo Madama sotto i colpi delle lobby. Ma il salto di qualità del nuovo ddl è notevole. Innanzitutto perché vengono rimossi i paletti settoriali previsti dal precedente progetto di legge che introduceva la class action solo nell’ambito dei servizi finanziari. La proposta del governo, invece, non pone alcun limite, prevedendo “il risarcimento dei danni in conseguenza di atti illeciti relativi a contratti, di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche commerciali illecite o di comportamenti anticoncorrenziali, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori”. Dunque class action non solo contro banche o assicurazioni, ma anche società telefoniche, dei trasporti, dell’energia. Ed è proprio in questi settori che si verificano gli abusi e gli errori più frequenti, con gli utenti che quasi sempre rinunciano all’azione per evitare spese legali sproporzionate rispetto alla somma del risarcimento.

Così il governo ha scelto il modello “continentale” della class action, che diversamente da quello “anglosassone”, pur ribadendo la tutela costituzionale dell’azione individuale, non lascia al singolo cittadino o a qualsivoglia soggetto la possibilità di attivare l’azione collettiva: la legittimazione, infatti, viene attribuita a “tutte le associazioni dei consumatori e degli utenti, riconosciute dal ministero dello Sviluppo Economico secondo le procedure definite dal codice del consumo (un minimo di 35mila iscritti e sportelli in almeno dieci regioni – ndr), nonché alle associazioni dei professionisti e alle Camere di commercio”.

Altro punto qualificante del ddl è la possibilità assegnata al giudice di andare oltre la semplice condanna dell’azienda, e di stabilire “i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell’importo da liquidare in favore dei singoli consumatori ovvero stabilire l’importo minimo”. Uno strumento in più a disposizione del cittadino che, eventualmente fallita la conciliazione prevista in coda alla class action, porterà avanti l’azione individuale per la specifica liquidazione del danno subito.

A Montecitorio in questi giorni dovrebbe esserci il colpo d’acceleratore decisivo per la legge. Ma il condizionale è d’obbligo non solo per le distanze maggioranza-opposizione e per le fibrillazioni politiche che attraversano lo stesso centrosinistra. O magari per le lamentele di tutte quelle associazioni tagliate fuori perché non inserite nella lista del Consiglio dei consumatori. La vera incognita è nel condizionamento che sapranno esercitare le grandi aziende, sia attraverso la strategia sotterranea delle lobby parlamentari, sia con il fuoco di sbarramento già attivato dalle varie associazioni di categoria (Confindustria, Abi, Ania, Assogestioni, Assonime…): uno schieramento che, agitando lo spauracchio di “danni distruttivi” per il mercato e tribunali intasati da valanghe di cause, punta a schivare gli schiaffoni evocati dal ministro Bersani.

“C’è squilibrio nel ddl governativo – ha protestato ad esempio l’Ania, l’associazione delle compagnie assicurative – l’impresa convenuta subisce le conseguenze negative della sentenza, ma non trae beneficio dal rigetto dell’istanza collettiva”. E per l’Associazione bancaria va chiarito il modo in cui il giudice è chiamato a certificare l’adeguatezza dell’azione collettiva.

Solo le prime schermaglie di un confronto che si preannuncia durissimo. “Ci prepariamo ad una battaglia lunga e faticosa – dice Alessandro Maran, capogruppo Ds in Commissione Giustizia e relatore del ddl – ma ormai in Parlamento c’è la consapevolezza di dover dare al Paese una legge sulla class action. E così sarà”. Lobby e tenuta della maggioranza permettendo. Ieri il vicepremier, Massimo D’Alema, ha negato contrasti sulle liberalizzazioni fra i ministri Rutelli e Bersani, sottolineando che “sarebbe benvenuta una concorrenza all’interno del governo su chi è più riformatore”. Sta di fatto, però, che mentre l’iter parlamentare sulla class action muove i primi passi, il leader della Margherita ha presentato al premier Prodi un manifesto sulle liberalizzazioni che affronta anche il nodo dell’azione collettiva. Una sovrapposizione di testi poco incoraggiante.


Dal 1° Gennaio 2010 è realtà anche in Italia, ma come al solito, da NOI le cose sono fatte “alla Cazzo” e conseguentemente, posso mettere in risalto due dettagli:
il SINGOLO CITTADINO non può promuovere azione collettiva;
se un’Associazione di consumatori vincesse un’azione collettiva, chi non ha partecipato alla “prima ora”, non potrà effettuare la semplice richiesta con riferimento (come negli USA, tanto tirati in ballo solo per le coglionate comode a Lorsignori), ma dovrà COMUNQUE fare Azione Legale riferendosi a quella collettiva, con EVIDENTE AGGRAVIO DI SPESE.
Ah, DIMENTICAVO che da noi è PRIORITARIO SNELLIRE la giustizia, ma SOLO PER I CAZZI LORO, per quelli inerenti la vita dei Cittadini,….
… be possiamo prendercela nel culo anche stavolta.

Fonte: Repubblica.it
Ago 23, 2010 - 11 Settembre 2001    1 Comment

Quando si dice essere FORTUNATI

11 Settembre11/9: IL GIORNO PIU’ FORTUNATO DI “LUCKY” LARRY SILVERSTEIN

Bisogna proprio essere fortunati per fare 4 miliardi di dollari con un bel colpo su un investimento di 6 mesi da 124 milioni di dollari.

Larry Silverstein è il magnate immobiliare newyorkese che acquistò l’intero complesso del World Trade Center proprio 6 mesi prima degli attacchi dell’11 settembre. Quella fu la prima volta che nei 33 anni di storia del complesso vi fu un cambio di proprietà.

Il primo ordine del giorno di Mr. Silverstein in qualità di nuovo proprietario fu di sostituire la compagnia responsabile della sicurezza del complesso. La nuova compagnia che venne ingaggiata fu la Securacom (ora Stratasec). Il fratello di George W. Bush, Marvin Bush, era nel consiglio d’amministrazione, e il cugino di Marvin, Wirt Walzer III, ne era il direttore generale. Secondo documentazioni pubbliche, la Securacom, non solo forniva sicurezza elettronica al World Trade Center, ma forniva copertura al Dulles International Airport e alla United Airlines, due protagonisti chiave negli attacchi dell’11/09.

La compagnia era appoggiata da una società d’investimenti, la Kuwait-American Corp., anch’essa legata per anni alla famiglia Bush.

La KuwAm fu legata finanziariamente alla famiglia Bush fin dalla Guerra del Golfo. Uno dei direttori e membro della famiglia reale del Kuwait, Mishal Yousef Saud al Sabah, fece parte del consiglio della Stratasec.

Facciamo ora una considerazione: i membri di una esigua cricca possedevano il WTC, ne controllavano la sicurezza dei sistemi elettronici, e anche la sicurezza non solo di una delle linee aeree i cui velivoli vennero dirottati l’11/09, ma dell’aeroporto dal quale provenivano.

Un’altra piccola “coincidenza” – Mr. Silverstein, che diede un acconto di 124 milioni di dollari su questo complesso da 3,2 miliardi di dollari, lo assicurò prontamente per la cifra di 7 miliardi di dollari.
Non solo, assicurò il complesso contro “attacchi terroristici”.
[“Lucky” Larry Silverstein]

A seguito degli attacchi, Silverstein presentò due richieste di indennizzo per la cifra massima della polizza (7 mld. di dollari), basate, secondo il parere di Silverstein, su due attacchi separati. La compagnia assicurativa Swiss Re, diede a Mr. Silverstein un risarcimento di 4.6 miliardi di dollari – un principesco compenso per un investimento relativamente misero di 124 milioni di dollari.

C’è dell’altro. Vedete, le World Trade Towers non erano proprio quell’affare immobiliare che siamo portati a credere. Da un punto di vista economico, il Trade center – sovvenzionato fin dall’inizio dal New York Port Authority – non ha mai funzionato, né si intendeva farlo funzionare, indifeso nel disordinato mercato immobiliare. Come non faceva a esserne al corrente il Gruppo Silverstein?

Le torri avevano bisogno di ristrutturazione e migliorie per un totale di 200 milioni di dollari, gran parte dell’ammontare relativo alla rimozione e rimpiazzo dei materiali edilizi dichiarati rischiosi per la salute fin già negli anni quando le torri vennero costruite. Era ben risaputo dalla città di New York che il WTC era una bomba all’amianto. Per anni il Port Authority trattò l’edificio come un vecchio dinosauro, cercando in diverse occasioni di ottenere i permessi per demolire la costruzione per motivi liquidità, mai concessi a causa dei risaputi problemi riguardanti l’amianto. Inoltre si sapeva benissimo che l’unico motivo per cui la costruzione stava ancora in piedi fino all’11/09 era perché sarebbe stato troppo costoso smantellare le Twin Towers piano per piano dato che al Port Authority venne impedito legalmente di demolire gli edifici.

Il costo stimato per smontare le torri: 15 miliardi di dollari. Solo il materiale da impalcatura per l’operazione venne stimato sui 2.4 miliardi di dollari!

In poche parole, le Twin Towers erano strutture condannate. Che cosa conveniente un attacco “terroristico” che demoliva completamente gli edifici.

L’edificio 7 era parte del complesso del WTC, e coperto dalla stessa polizza assicurativa. Questa struttura di 47 piani, in acciaio, che non venne colpita da un aereo, crollò misteriosamente su se stesso a caduta libera , otto ore più tardi nello stesso giorno – esattamente nello stesso modo delle Twin Towers.

Come è potuto accadere? Mr. Silverstein diede al mondo la risposta durante un’intervista al canale PBS, un anno dopo l’11/09/2002:

“Mi ricordo di aver ricevuto una chiamata dal… comandante dei vigili del fuoco, che mi informava di non esser sicuro che sarebbero stati in grado di contenere l’incendio, e io dissi, ‘abbiamo avuto un numero tremendo di vittime, forse la cosa più intelligente da fare è di tirarlo giù’ . E presero questa decisione e assistemmo al crollo dell’edificio”.

Chiunque ne sappia un po’ sulle costruzioni può affermare: “tirar giù” nel gergo industriale sta per demolizione controllata.

Una cosa è certa, la decisione di “tirar giù” il WTC 7 avrebbe reso felici molte persone.

[World Trace Center 7. Non dimenticate…che nessun aereo ha colpito questo edificio]

Specialmente perché era stato riferito che migliaia di dati sensibili riguardanti alcune delle più grandi truffe finanziarie della storia – comprese Enron e WorldCom – erano depositate negli uffici di alcuni inquilini dell’edificio:

– US Secret Service

– NSA

– CIA

– IRS

– BATF

– SEC

– NAIC Securities

– Salomon Smith Barney

– American Express Bank International

– Standard Chartered bank

– Provident Financial Management

– ITT Hartford Insurance Group

– Federal Home Loan Bank

La Security and Exchange Commission [SEC: Commissione di controllo sui titoli e la borsa n.d.t.] non ha quantificato il numero di casi effettivi nei quali dati sostanziali vennero distrutti dal crollo del WTC 7.

L’agenzia di stampa Reuters e il Los Angeles Times pubblicarono resoconti che li stimavano tra i 3.000 e i 4.000. Includevano la più importante tra le inchieste dell’agenzia sui metodi con i quali le banche d’affari si spartivano le azioni più appetibili appena immesse sul mercato durante il periodo del boom dell’high-tech. … “Le investigazioni in corso al New York SEC ne verranno influenzate clamorosamente perché gran parte del loro è un lavoro di documentazione intensivo”, disse Max Berger della Bernstein Litowitz Berger & Grossman di New York. “Per quei casi è una sventura”.

Citygroup afferma che alcune delle informazioni che la commissione sta cercando (circa WorldCom) vennero distrutte nell’attacco terroristico dell’11 settembre al World Trade Center. Salomon aveva degli uffici nell’edificio 7 del World Trade Center. La banca riferì che i nastri delle registrazioni delle e-mail della società a partire dal settembre 1998 fino al dicembre 2000 erano archiviate nell’edificio e distrutte nell’attacco.

Nell’edificio 7 del WTC vi era il più grande ufficio del territorio dei Servizi Segreti USA, con più di 200 dipendenti: “tutte le prove che avevamo archiviato e che si trovavano nell’edificio 7, in tutti i casi, sono crollate con l’edificio”, secondo l’agente speciale dei servizi segreti US David Curran.

Che perfetto, completo e fortuito susseguirsi di eventi fu l’11 settembre.

Casualmente, val la pena notare che uno degli amici più intimi di Lucky Larry – una persona con la quale, si dice, parli al telefono quasi tutti i giorni – è niente meno che l’ex primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Altro ancora su quella piccola intima relazione prossimamente…

Fonte: http://www.fourwinds10.com/
Link
06.09.2006
DI LIFEFORCE@ROCKYMOUNTAINS.NET
The Four Winds

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LAURA

Fonte: Comedonchisciotte.net
Ago 20, 2010 - Politica    Commenti disabilitati su Francesco Cossiga: niente da dichiarare?

Francesco Cossiga: niente da dichiarare?

RepubblicaSì, è un vizio degli Italiani, dopo morto, CHIUNQUE viene ricordato come una Brava persona.

Peccato che alcuni personaggi, Andreotti in testa, ma non è il solo, abbiano la sfrontatezza di essere ossequiati sebbene si portino nella fossa i segreti più ignobili della REPUBBLICA DELLE BANANE.


Ma, per i MORTI senza un colpevole? Quando si farà giustizia?

Ah, già, è tutto prescritto e….


SEPOLTO!!


Fonte: Youtube
Ago 18, 2010 - Politica    1 Comment

Servizi Segreti e Presidenza del Consiglio

Di_Pietro_02.jpgL’ ex Pm su ” Oggi ” spiega le sue dimissioni: mi aspettavo vendette e da privato potevo difendermi meglio

” Dossier dei Servizi su Di Pietro “

Di Muccio (FI) smentisce il Sisde: si intitola ” Achille ” , ci sono anche carte di Craxi

E’ vero: i servizi segreti spiavano Di Pietro. La clamorosa conferma . che smentisce quanto sostenuto sino a oggi dai responsabili dei servizi . arriva da Roma. Al termine di una lunga audizione di Lamberto Dini al Comitato parlamentare di controllo, l’ onorevole Pietro Di Muccio (Forza Italia) ieri sera ha rivelato che e’ stato scoperto un fascicolo, nome in codice “Achille”, contenente informazioni sull’ ex pm di Mani pulite. Il dossier potrebbe gia’ essere sul tavolo del pm Fabio Salamone che, nell’ ambito delle indagini sui tentativi di delegittimazione denunciati da Di Pietro, ha aperto la scorsa estate uno stralcio sul ruolo dei servizi segreti. Un ex agente del Sisde, Roberto Napoli, aveva rivelato a Di Pietro che il capo del Centro 1 di Roma gli aveva affidato nel ‘ 92 l’ incarico di indagare su Di Pietro. Salamone nel corso di una trasferta romana interrogo’ l’ allora capo del Sisde, Angelo Finocchiaro, che smenti’. Contemporaneamente chiese al comitato per i servizi di avere copia del rapporto che Napoli fece dopo non aver scoperto nulla contro il magistrato. Quelle carte, insieme con altre, sono state poi trasmesse alla procura di Brescia che ha avuto cosi’ conferma della veridicita’ del racconto di Napoli. Nel dossier “Achille” sarebbero contenuti anche i fascicoli trovati nello studio romano di Craxi. Di Muccio, le cui dichiarazioni sono state confermate da altri componenti del Comitato, ha sottolineato che i responsabili dei tre servizi, interpellati ufficialmente, avevano negato l’ esistenza di fascicoli su Di Pietro. E cosi’ ora si preannuncia una bufera. Il presidente del Consiglio Dini, che ha anche affrontato il tema dei 45 dossier del Sisde raccolti tra il ‘ 93 e il ‘ 94, si e’ impegnato a fare chiarezza e ha annunciato la costituzione, al ministero dell’ Interno, di una commissione di inchiesta (1) che dovra’ verificare i criteri con cui furono individutati e allontanati molti appartenenti al Sisde dopo la vicenda dei fondi neri. E intanto l’ inchiesta bresciana sull’ ex pm di Mani pulite sta arrivando al capolinea. I pm Salamone e Bonfigli prevedono di depositare le loro richieste al gip entro 10 giorni. Il principale filone di indagini, in cui Di Pietro viene chiamato in causa da piu’ parti, e’ quello sull’ informatizzazione degli uffici giudiziari, per il quale l’ ex magistrato e’ stato iscritto nel registro degli indagati con l’ accusa di abuso d’ ufficio. Nel corso dell’ ultimo interrogatorio, il 29 novembre, gli sarebbe stata contestata l’ accusa di concussione. Due sono gli episodi al centro dell’ inchiesta. Il primo riguarda un decreto approvato nel gennaio ‘ 90 dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro della Funzione Pubblica Remo Gaspari (che da Di Pietro era stato inquisito per peculato), in cui Tonino veniva nominato direttore responsabile del progetto di informatizzazione degli uffici giudiziari milanesi. Quel decreto venne poi corretto da Gaspari poco prima della registrazione alla Corte dei Conti e il nome di Di Pietro fu sostituito con quello del presidente della Corte d’ appello. L’ altro episodio risale a luglio ‘ 91. L’ ex assessore dc Francesco Rivolta . inquisito da Di Pietro per la vicenda di Lombardia Informatica . ha raccontato ai pm bresciani che il comandante dei vigili urbani di Milano, Eleuterio Rea, amico di Tonino, ando’ da lui e fece pressioni affinche’ fossero attivati canali politici che avrebbero consentito al magistrato di diventare capo dell’ Ufficio automazione del ministero. Rivolta dice che ne parlo’ al segretario regionale della Dc Gianstefano Frigerio e a quello del Psi, Andrea Parini. Entrambi hanno confermato, ma Rea nega tutto. E ieri, durante un confronto di due ore con Rivolta, entrambi sono rimasti sulle rispettive posizioni. Rea dice che quell’ incontro non ci fu e che nel ‘ 91 i rapporti con Di Pietro si erano interrotti. Intanto, nella sua rubrica sul settimanale “Oggi”, Di Pietro torna a parlare dei motivi delle sue dimissioni. “Era l’ unica contromossa possibile . spiega . per salvaguardare la bonta’ dell’ inchiesta: togliermi di mezzo come rappresentante istituzionale e affrontare da privato cittadino la vendetta”. Quella vendetta, dice, compiuta contro di lui da diverse persone (“politici e non”) perche’ aveva “osato mettere sotto processo e far condannare l’ intera nomenclatura politico imprenditoriale italiana”.

Corvi Luigi

Pagina 12
(13 dicembre 1995) – Corriere della Sera

Il 18 ottobre 1993, arriva una riforma dei servizi segreti. I nuovi servizi segreti sono accentrati nel coordinamento e nella gestione, e posti alle dirette dipendenze del presidente del consiglio, anziche’ di una commissione parlamentare come era prima.

Con la vittoria alle elezioni del 10 maggio 1994, Berlusconi eredita tale ruolo divenendo presidente del consiglio. Il sei dicembre dello stesso anno Di Pietro da’ le dimissioni dalla magistratura, perche’ c’e’ un’inchiesta del GICO e Il Sabato pubblica un dossier contro di lui. La sorgente e’ il SISDE, e il dossier si chiamava “Achille”.

Dopo la riforma del tre agosto 2007, i servizi segreti sono raggruppati sotto il comando della Presidenza Del Consiglio. Silvio Berlusconi ne e’ tutt’ora comandante.
Ha potere assoluto?
La risposta e’ NO, perche’ esiste il COPASIR, ovvero il comitato parlamentare per la sicurezza per la repubblica.

Durante la XV legislatura, il comitato era guidato (fino a gennaio 2010) , da Francesco Rutelli. Succedono tutte le infiltrazioni nella vita privata di Berlusconi, si fotografa il presidente nella sua villa sarda, e tutto quanto.

Il 26 Gennaio 2010, Massimo D’Alema, (da sempre allergico e polemico verso lo strapotere dei magistrati, per via di alcuni trascorsi giudiziari non proprio trasparenti(2) ) diventa presidente del COPASIR, ELETTO ALL’UNANIMITA’. E da quel momento, le intrusioni nella vita privata condotte dai magistrati iniziano a diminuire  di intensita’, fino a quasi scomparire.

(1) Stralci dal documento pubblicato sul Sito del Sisde Il 20 febbraio 1996, la Procura della Repubblica di Milano ha fatto pervenire al Comitato alcuni documenti sequestrati nel procedimento penale n. 9260/95 R.G.N.R., a carico di Francesco Nanocchio più altri ufficiali e sottufficiali della Guardia di finanza, per il reato di associazione per delinquere. Essi rivelano un complesso ed intenso lavoro volto a raccogliere note informative sui magistrati (tra i quali il dottor Di Pietro, il dottor Colombo ed altri), sulla loro vita, sulle indagini, sui rapporti dell’uno o dell’altro con i colleghi e con individuati elementi della polizia giudiziaria. Si riferiscono presunte scorrettezze, che poi verranno contestate nelle ispezioni, dall’autunno del 1994 in avanti. E’ insomma un’attività che può denominarsi di “dossieraggio”, nella quale rientrano fra l’altro le stesse insinuazioni contro il dottor Di Pietro utilizzate a più riprese dall’on. Bettino Craxi e da altre fonti (su cui si veda la precedente Relazione del Comitato, in data 26 ottobre 1995).

Durante l’autunno del 1994 – occorre ricordarlo – numerose copie del dossier risultano essere state in circolazione. Si è tra l’altro accertato che una di esse era allora nella disponibilità di Paolo Berlusconi. In relazione alla formazione e all’uso del dossier come illecito strumento di pressione, per indurre Di Pietro a dimettersi, la Procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio di Paolo Berlusconi e dell’ex ministro Cesare Previti, per il reato di concussione in concorso con gli ispettori ministeriali Dinacci e De Biase.

Nella Relazione, presentata al Parlamento il 27 luglio 1995, il Comitato aveva scritto: “Occorre d’altra parte osservare che l’allontanamento di un certo numero di appartenenti al Servizio, nel biennio 1993-1994, è avvenuto sulla base di criteri incerti, mentre rimanevano al loro posto funzionari che hanno svolto compiti rilevanti durante gli anni più oscuri, collaborando con i dirigenti coinvolti nella spartizione illecita dei fondi riservati e senza accorgersi dei gravi abusi commessi”. Le posizioni vanno riesaminate e, se vi sono state ingiustizie, devono essere rimosse.

Top VI Conclusione

La presente relazione non dà conto analiticamente di tutte le attività svolte e di tutti i documenti acquisiti negli ultimi mesi, relativi alla ordinaria attività di controllo. Sono stati trasmessi al Comitato, dall’inizio della legislatura, 669 documenti e si sono tenute 72 sedute del plenum e 10 riunioni dell’Ufficio di Presidenza. Il Comitato ha svolto 49 audizioni.
A conclusione dei propri lavori, il Comitato ha voluto affrontare soltanto alcune questioni più rilevanti, che non ha ritenuto di lasciare sospese, nel momento in cui si interrompeva la legislatura.
Per i profili più generali di analisi del sistema di informazione e sicurezza e per le proposte di riforma che si possono consegnare all’attenzione del futuro Parlamento, il Comitato rinvia alle precedenti Relazioni e soprattutto alla prima, del 6 aprile 1995.
Dall’analisi delle situazioni controverse di cui anche questa Relazione si occupa, risulta nettamente confermata l’urgenza che le linee già indicate dal Comitato siano al più presto discusse dal Parlamento e tradotte in atti legislativi conseguenti.
Per quel che riguarda il potenziamento del controllo parlamentare, oltre a tutte la proposte già avanzate, si sottolinea l’esigenza che il Comitato, almeno per alcuni specifici settori di attività (o per individuati oggetti di indagine) possa valersi dei poteri che l’articolo 82 della Costituzione riconosce alle Commissioni parlamentari d’inchiesta.

Quindi: FUFFA
Fonte: Corriere.it
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