Google Translate?
Certo che affidarsi a Google Translate…
… comporta il rischio di traduzioni un tantino…
Non Trovate?
Fonte: Attivissimo.blogspot
Certo che affidarsi a Google Translate…
… comporta il rischio di traduzioni un tantino…
Fonte: Attivissimo.blogspot
fu legittima difesa
Ogniuno è libero di fare i propri commenti.
Personalmente, appoggio la tesi di Uriel che ha scritto:
Continuo a ricevere commenti stucchevoli, la solita commedia che avviene in Italia quando qualcuno, nel bel mezzo di una situazione facilmente individuabile come rischiosa e facilmente evitabile come tale, ci lascia le penne per via della semplice legge dei grandi numeri: frequenti posti violenti e pericolosi in momenti di grande tensione, ergo rischi.
Come nel caso di Giuliani, come nel caso di Sandri, non abbiamo a che fare con morti casuali. Abbiamo a che fare con precisi momenti che non sono momenti qualsiasi. Nel caso di Giuliani abbiamo a che fare con la devastazione di una citta’, con una situazione di tensione incredibile, con una determinazione allo scontro nota fin dal principio.
Perche’ e’ rimasto a terra Giuliani e non mia nonna? Perche’ mia nonna, essendo anziana, teme il pericolo legato alla violenza essendo fisicamente fragile, e quindi si tiene al largo da ogni situazione che presenti un pericolo. Duranta la devastazione di una citta’, c’e’ pericolo.
Chi rimane a terra dopo l’ “incidente”? Rimane a terra uno che stava assalendo una camionetta con un estintore. Non una casalinga. Non un benzinaio. Non un passante qualsiasi. No, rimane a terra un tizio coinvolto in una situazione estremamente violenta.
Ora, non ci vuole molto a capire che tensione + violenza + armi + scontri = pericolo.
Non e’ un eccelso calcolo degno di Nash. E’ semplice buon senso. Il che potrebbe tradursi cosi’: “evita di trovarti dalle parti di uno scontro fra polizioti armati e teppisti a volto coperto.”
Ora, se si crea un pericolo, inteso come probabilita’ che ci scappi il morto, e’ solo una questione di numeri: ci scappera’ il morto, a patto che succeda abbastanza spesso, o ad un numero sufficientemente alto di persone.
Lo stesso dicasi per il Sandri. Ogni domenica, essendo un “ultras”, questo signore si recava in un luogo notoriamente pericoloso, ove si svolgono quasi regolarmente scontri violenti. Lo faceva consapevolmente e lo faceva insieme ad ung ruppo di persone, gli “ultras”, che sono noti per essere facinorosi e violenti.
A questo punto, il problema e’ solo statistico. Dove e’ avvenuta la morte? In un posto qualsiasi? No, e’ avvenuta in un luogo ove era appena avvenuto uno scontro armato tra tifoserie opposte. E non un momento qualsiasi , ma durante una trasferta.
Ora, voglio dire, non e’ casuale. O meglio, a renderlo casuale e’ stato il comportamento del poliziotto che ha messo in pericolo gente che passava di li’, ma Sandri non era un passante quadratico medio: era un ultra’, che partecipava ad un evento di ultra’, insieme ad altri ultra’, e peraltro si trovava nelle immediate vicinanze di uno scontro di ultra’.
In entrambi i casi, l’incidente era facilmente evitabile proprio dalla vittima: se a Giuliani sarebbe bastato evitare il pericolo evidente ed annunciato di una giornata di scontri campali, al Sandri sarebbe bastato dedicarsi ad attivita’ diverse da “ultra’”, che sono notoriamente foriere di violenze e incidenti.
Non e’ che io stia dicendo che non bisogna fare l’amatriciana o che non bisogna cantare Modugno sotto la doccia: sto dicendo che bisogna evitare situazioni notoriamente violente e foriere di incidenti come le sommosse, gli scontri armati, le partite di calcio, le risse tra gang rivali.
La cosa stucchevole di tutti i commenti a riguardo e’ il processo di santificazione del morto. Si tratta di un fenomeno legato al tradizionale spiritismo italico, credo che derivi dal culto dei numi romano: il morto viene sottratto al giudizio umano e gradatamente santificato, i peccati dimenticati e assicurati ad una giustizia “altra”, quindi alienati al giudizio terreno.
Cosi’, di Giuliani (un volgare teppista che assaliva camionette dei carabinieri a volto coperto ) veniamo a sapere che era un ragazzo buono, che faceva volontariato, che aveva degli ideali, che aiutava i bisognosi. Ci manca solo che camminasse sull’acqua e che moltiplicasse i pani ed i pesci, ma la famiglia non ha ancora esaurito le conferenze stampa.
Con Sandri e’ lo stesso: era un ultra’ che si trovava nel bel mezzo di uno scontro di ultra’. Poi si scopre che l’auto era li’ per caso, e poi che stava dormendo. Se non fosse morto per un colpo in testa, si sarebbe detto che Sandri non fosse li’. Mi aspetto da un momento all’altro che si dica che Sandri in quel momento stesse salvando vite umane, che stesse donando organi, che stesse costruendo scuole per i bambini poveri dell’africa.
Ma dietro questi processi di beatificazione della vittima, rimangono sempre dei punti fissi:
Quindi direi che occorre sancire immediatamente un principio: acca’ nisciun’ e’ ffess.
Se la famiglia lo vuole piangere, che lo faccia. Che si voglia punire il poliziotto perche’ ha creato una situazione di pericolo per persone che passaano per un’autostrada, d’accordissimo.
Ma non mi raccontate che le vittime fossero dei santi. Sono cazzate: la loro morte e’ solo statistica, perche’ erano dediti ad attivita’ notoriamente legate a violenze e quindi a pericolo. Sandr, come tutti gli ultra’, era a rischio di morte semplicemente perche’ partecipava alle trasferte di ultra’. Giuliani era a rischio di morte perche’ partecipava a volto coperto ad assalti contro la polizia. Non sono attivita’ qualsiasi. E quelle non sono persone qualsiasi.
Dunque, dateci un taglio: il motivo per il quale il poliziotto verra’ condannato e’ che la legge e’ estremamente garantista per via di alcuni pregiudizi nati nel secolo scorso. Ma in una situazione normale, e in un paese normale, non si dubita minimamente che un ultra’ possa morire ammazzato da un poliziotto, e non ci si meraviglia del fatto che uno che assale una camionetta di sbirri a volto coperto ci lasci le penne.
Solo in Italia si cerca di stabilire una meraviglia forzosa verso eventi che sono, tutto sommato, normali.
Ripeto: tensione + violenza + armi + scontri = pericolo.
Ci partecipa regolarmente ad attivita’ che implicano tensione, violenza, armi, scontri, e’ in pericolo di vita.
Non e’ successo nulla di strano: lo sarebbe successo se il poliziotto sparando avesse ucciso un muratore, una casalinga , eccetera: ma e’ morto un ultra’, cioe’ uno che era parte diretta o indiretta del mondo che sta alla base degli scontri avvenuti nell’autogrill, per cui non e’ successo ad “uno a caso”. E’ successo proprio ad un ultra’, durante un momento di tensione dovuto alle attivita’ tipiche degli ultra’.
Poi, siete liberi di pensare che Sandri stesse pregando per il bene dei poveri del mondo, che stesse donando organi, che stesse riflettendo sul martirio di cristo, quel cazzo che vi pare: ma rimane il fatto che nelle vicinanze di uno scontro fra ultra’, un ultra’ e’ rimasto ucciso.
Cioe’ una notizia che in fondo non stupisce nessuno. Ne riparliamo quando la polizia sparera’ su una casalinga che preparava la pasta, su una dirigente d’azienda che telefonava, su un idraulico che cambiaa un rubinetto, su un architetto che disegna.
Finche’ , guarda caso, crepano ultras e insurrezionisti nei pressi di assalti e scontri violenti, beh: ragazzi, e’ solo statistica.
Fonti: Tiscali.it e Wolfstep.cc |
Forse ancora troppo poche persone conoscono il
TELEFONO ANTIPLAGIO ed il suo fondatore Giovanni Panunzio.
Investite un pò del Vostro tempo a leggere qualcosa che vi aprirà gli occhi: L’Osservatorio Antiplagio |
OGNI COMMENTO E’ DECISAMENTE GRADITO e concorrerà all’affinamento del post. |
Fonte: Antiplagio.org |
Ho trovato un articolo molto ben fatto ed afficace che sarà senz’altro di interesse a tutti i lettori che periodicamente si affacciano al mio Blog/finestra a curiosare e leggiucchiare se scrivo solo coglionate o se, ogmni tanto, scrivo qualcosa di utile.
Credo che in futuro incrementerò questa sezione. Se la gradite, inviatemi un messaggio con i Vostri quesiti e cercherò di creare dei post risolutivi che potranno essere utili anche agli altri lettori.
Oggi vi riporto un tutorial riguardante la fastidiosa incasinatura delle iconcine (quelle che appaiono in basso a destra della barra delle applicazioni vicino all’orologio di Winzozz) e di come effettuare la pulizia di quelle che non esistono più ma che rimangono in memoria:
L’area di notifica è dove vengono visualizzate una serie di icone dei programmi avviati con windows. Col tempo accade che aggiornando o disinstallando alcuni programmi, l’area di notifica non si rinnova, tenendo ancora in memoria tutti i programmi che hanno avuto accesso all’area anche per una sola volta . Possiamo immaginare quante icone inutilizzate avremo dopo un po’ di tempo.
Controlliamo la nostra situazione entrando nel menù dell’area di notifica portando il puntatore del mouse sopra la barra delle applicazioni in un punto sgombero. Clicchiamo con il tasto destro del mouse e selezioniamo dal menù contestuale “Proprietà” All’apertura della finestra clicchiamo sul pulsante “Personalizza” Si aprirà un’altra finestra piena di icone, a questo punto noterete subito quali programmi non risiedono più sul vostro pc.
Ora vediamo con questo trucco come ripulire la cache.
Entriamo come sempre nel registro cliccando su START poi ESEGUI, digitiamo regedit come illustrato e confermiamo con Ok.
Una volta aperto il registro individuiamo la chiave
HKEY_CURRENT_USERSoftwareMicrosoftWindowsCurrentVersionExplorerTrayNotify
Selezioniamo e poi Eliminiamo i valori binari “IconStreams” e “PastIconsStream“
Per far si che le modifiche siano accettate dal sistema è necessario riavviare il processo explorer.exe tutta via è consigliabile di riavviare l’intero sistema.
Se invece vogliamo provare solo riavviando il processo procediamo così:
Apriamo il Task Manager di windows premendo sulla tastiera [Ctrl] + [Alt] + [Canc]
Selezioniamo la linguetta “Processi” e individuiamo il processo “explorer.exe”
Clicchiamo su pulsante “Termina processo”
Confermiamo cliccando SI
A questo punto niente panico scomparirà tutto il desktop con le vostre icone è normale tranquilli.
Sempre agendo sul Task Manager spostiamoci sul Menù File poi > Nuova operazione (esegui..)
Comparirà una finestrella digitiamo explorer.exe e confermiamo con ok.
Entro una decina di secondi dovrebbe ricaricarsi il desktop con tutte le icone.
Controlliamo ora che l’area di notifica sia svuotata , operiamo così:
Appoggiamo il mouse sopra la barra delle applicazioni in un punto sgombero
Clicchiamo con il tasto destro del mouse e selezioniamo dal menù contestuale “Proprietà”
All’apertura della finestra clicchiamo sul pulsante “Personalizza”
Si aprirà un’altra finestra con le icone , a questo punto controlliamo se la cashe è stata ripulita.
Se per qualche motivo la situazione non cambia cioè risulta pieno di icone come prima sarà necessario Riavviare il computer.
Fonte: AssistenzaFree |
29 Aprile 2009 ore 09:30 Abrogato nella notte l’emendamento D’AliaGrazie a tre proposte portate avanti da Roberto Cassinelli e Barbara Mannucci la Camera ha infine abrogato l’emendamento D’Alia, il testo introdotto nel pacchetto sicurezza per chiudere i siti web messi all’indice. Prende corpo una nuova idea di Rete
«Sono soddisfatto, la battaglia per la libertà dei blog continua»: così Roberto Cassinelli commenta il successo ottenuto in nottata quando, dopo un tribolato percorso parlamentare ed extra-parlamentare, si è arrivati all’abrogazione del famigerato art.60 introdotto dall’emendamento dell’on. Gianpiero D’Alia al ddl 2180. Dell’emendamento D’Alia molto si è detto e molto si è dibattuto anche nel contesto di tutta una serie di altre sgangherate proposte per la regolamentazione della Rete. Da oggi la verità da cui si riparte è una soltanto: il testo che chiedeva (con passaggi quantomeno opinabili) l’oscuramento dei siti web nel caso in cui si fossero riscontrati illeciti è inserito in una storia a lieto fine. Spiega l’on. Cassinelli sul proprio blog: «Vi confesso che raggiungere questa soluzione (che è, senza dubbio, la migliore possibile) non è stato facile. È stata necessaria un’intensa attività, svolta insieme a me dagli amici Antonio Palmieri e Barbara Mannucci, per convincere i colleghi Deputati ed il Governo (hanno dovuto esprimere il proprio parere il Ministero dell’interno ed il dipartimento per le comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico). Alla fine ho presentato, insieme all’onorevole Mannucci, tre emendamenti: quello che vi ho proposto qui sul blog, un altro quasi identico che però presentava alcune differenze dal punto di vista giuridico, ed una terza versione – che è poi quella che le Commissioni hanno approvato – formata da 24 caratteri, spazi inclusi: “Sopprimere l’articolo 60“». Quest’ultima opzione è quella approvata dalla Camera, la quale ha pertanto preferito dribblare il nodo abrogando in toto la precedente proposta. L’iter burocratico prevede che ora il testo debba tornare in Senato per l’approvazione conseguente alle modifiche introdotte alla Camera « e c’è da augurarsi che a nessuno venga l’idea di introdurre nuovamente norme incostituzionali ed illiberali». Il successo personale dell’on. Cassinelli, colui il quale ha raccolto la voce della Rete conglobandola nella propria proposta di emendamento al testo di D’Alia, si inserisce in un quadro più complesso, che intende andare oltre la sola pezza apposta al pacchetto sicurezza in queste ore: «Ci poniamo in coerenza con lo spirito della cosiddetta proposta di legge “salva-blog”, con la quale abbiamo raccolto migliaia e migliaia di proposte dalla rete e nello spirito di altre proposte alle quali daremo presto seguito come la legge antiphishing, la riforma del diritto d’autore, la richiesta di referendum e proposte di legge online». Questo nuovo spirito che prende forma, sembra prendere anche corpo: si segnala infatti come, in una forse non casuale coincidenza di tempi, nasce l’Intergruppo Parlamentare 2.0, un riferimento che intende porsi a metà tra la Rete ed il Parlamento per mediarne le posizioni ed il dialogo. Una dozzina di onorevoli ha già offerto il proprio consenso alla partecipazione ai lavori: sarà probabilmente questo il motore delle prossime iniziative parlamentari concernenti la Rete, il che pone sul progetto importanti responsabilità che il popolo della Rete potrà condividere e vagliare passo dopo passo. |
OGNI COMMENTO E’ DECISAMENTE GRADITO e concorrerà all’affinamento del post. |
Fonte: WebNews |
Triplicati per le banche italiane i compensi di intermediazione sulla vendita di armi all’estero. Abbiamo letto in esclusiva la relazione. Ed ecco i dati
Nel corso del 2008, infatti, sono state autorizzate 1.612 «transazioni bancarie» per conto delle aziende armiere, per un valore complessivo di 4.285 milioni di euro (nel 2007 erano state la metà, 882, per 1.329 milioni). A questi vanno poi aggiunti 1.266 milioni per «programmi intergovernativi» di riarmo (cioè i grandi sistemi d’arma costruiti in collaborazione con altri Paesi, come ad esempio il cacciabombardiere Joint Strike Fighter – Jsf – per cui l’Italia spenderà almeno 14 miliardi nei prossimi 15 anni), quasi il doppio del 2007, quando la cifra si era fermata a 738 milioni. Un volume totale di “movimenti” di oltre 5.500 milioni di euro, per i quali le banche hanno ottenuto compensi di intermediazione attorno al 3-5%, in base al valore e al tipo di commessa.
La regina delle “banche armate” è la Banca Nazionale del Lavoro (del gruppo francese Bnp Paribas) con 1.461 milioni di euro. Al secondo posto si piazza Intesa-San Paolo di Corrado Passera, già braccio destro di Carlo De Benedetti ed ex amministratore delegato di Poste Italiane, con 851 milioni (a cui andrebbero aggiunti anche gli 87 milioni della Cassa di Risparmio di La Spezia , parte del gruppo), per lo più relativi a «programmi intergovernativi»: il cacciabombardiere Eurofighter, le navi da guerra Fremm e Orizzonte, gli elicotteri da combattimento Nh90 e diversi sistemi missilistici.
Eppure due anni fa il gruppo aveva dichiarato che, proprio per «dare una risposta significativa a una richiesta espressa da ampi e diversificati settori dell’opinione pubblica che fanno riferimento a istanze etiche», cioè la campagna di pressione alle banche armate, avrebbe sospeso «la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma pur consentite dalla legge».
«Si tratta di transazioni relative a operazioni sottoscritte e avviate prima dell’entrata in vigore del nostro codice di comportamento e che dureranno ancora a lungo», è la spiegazione che fornisce Valter Serrentino, responsabile dell’Unità Corporate Social Responsibility di Intesa-San Paolo. Anche Unicredit negli anni passati aveva ripetutamente annunciato di voler rinunciare ad appoggiare le industrie armiere, eppure nel 2008 è stata la terza “banca armata” italiana, con 606 milioni di euro. Nessuna dichiarazione di disimpegno invece da parte della Banca Antonveneta, che lo scorso anno ha movimentato 217 milioni. Mentre piuttosto ambigua è la situazione del Banco di Brescia: nel 2008 ha gestito per conto delle industrie armiere 208 milioni di euro benché il gruppo di cui fa parte dal 1 aprile 2007, Ubi (Unione Banche Italiane), nel suo codice di comportamento abbia stabilito che «ogni banca del gruppo dovrà astenersi dall’intrattenere rapporti relativi all’export di armi con soggetti che siano residenti in Paesi non appartenenti all’Unione Europea o alla Nato» e che «siano direttamente o indirettamente coinvolti nella produzione e/o commercializzazione di armi di distruzione di massa e di altri armamenti quali bombe, mine, razzi, missili e siluri».
«La policy del gruppo non vieta le operazioni di commercio internazionale – spiega Damiano Carrara, responsabile Corporate Social Responsibility di Ubi – ma le disciplina prevedendo che il cliente della banca», cioè l’industria armiera, non si trovi «in Paesi che non appartengano alla Ue o alla Nato, e questo divieto è pienamente rispettato».
Ma i dubbi restano. «Da quando, lo scorso anno, è sparito dalla Relazione il lungo e dettagliato elenco delle singole operazioni effettuate dagli istituti di credito – spiega Giorgio Beretta, analista della Rete italiano Dísarmo – è impossibile giudicare l’operato delle singole banche. Senza quell’elenco, infatti, i loro codici di comportamento non sono comprovati dal riscontro ufficiale che solo la Relazione del governo può fornire».
Fonte: Disinformazione.it |
Era il 1988 quando TUTTI abbiamo assaporato il sound geniale di
Don’t worry, be happy In Italia lo vediamo e sentiamo poco, ma credo di farvi cosa gradita a condividere una siparietto tratto dal recente World Science Festival 2009 dove dimostra la potenza della scala pentatonica Buon divertimento World Science Festival 2009: Bobby McFerrin Demonstrates the Power of the Pentatonic Scale from World Science Festival on Vimeo. |
OGNI COMMENTO E’ DECISAMENTE GRADITO e concorrerà all’affinamento del post. |
Fonti: Vimeo |
Il celeberrimo motore di ricerca studia come tenere “rafreddati” i suoi Data Center:
Ha creato i Data Center a bordo di Navi che sfuttano l’acqua per il rafreddamento!
Google launching its own navy?
By Cade Metz in San Francisco
About 70 per cent of the Earth is covered by water. So Google’s thinking it had better build some data centers that can float.
With a recently-released patent application, the search giant cum world power seeks exclusive rights to what it calls a “water-based data center”. This modular collection of processing, storage, and network resources would sit on a ship anchored somewhere offshore, using the crashing waves for both power and cooling.
Google’s floating data center
Google envisions its seaworthy data center serving land-bound humans in times of emergency. “For example,” the application reads, “a military presence may be needed in an area, a natural disaster may bring a need for computing or telecommunication presence in an area until the natural infrastructure can be repaired or rebuilt, and certain events may draw thousands of people who may put a load on the local computing infrastructure.
“Often, such transient events occur near water, such as a river or an ocean. However, it can be expensive to build and locate data centers, and it is not always easy to find access to necessary (and inexpensive) electrical power, high-bandwidth data connections, and cooling water for such data centers.”
Famously, Google has already patented data centers that tuck inside standard shipping containers, and these mobile modules would serve as building blocks for its water-based computer center.
Sergey and Larry might hoist their shipping containers onto that anchored ship. Or they might set them up on dry land, not too far from the waves. In either case, power could arrive from so-called Pelamis machines, Scottish-designed contraptions that convert waves into electricity. And seawater cooling units could keep all that shipping container-ed hardware from overheating.
Naturally, Google isn’t the first to dream up such a thing. A company called IDS is working on its own floating hardware – though it sees things a bit differently. “IDS floating data centers will be anchored in port the majority of the time, whereas [Google’s] will be positioned out at sea,” reads a blog post from the company. “There [are] also some significant differences in the way sea water is used for cooling, and obviously some differences in power generation.”
Of course, IDS isn’t blanketing the planet with its very own built-from-scratch internet. We can safely say that Google is building its own servers, its own Ethernet switches, its own underwater comms cables, its own worldwide collection of brick and mortar data centers, and its own truck-em-anywhere-you-want-em mobile data centers. And now it looks like the company is well on its way to floating its own Data Center Navy. When we accused Larry and Serge of killing penguins, we didn’t know the half of it. ®
Le energie rinnovabili il più possibile indipendenti dagli idrocarburi:
sempre più sulla bocca di tutti, e sempre MENO nei programmi politici INTERNAZIONALI!
Pelamis offers technological, economic and environmental advantages including:
Current production machines are 180m long and 4m in diameter with 4 power conversion modules per machine. Each machine is rated at 750kW. The energy produced by Pelamis is dependent upon the conditions of the installation site. Depending on the wave resource, machines will on average produce 25-40% of the full rated output over the course of a year. Each machine can provide sufficient power to meet the annual electricity demand of approximately 500 homes.
Il celeberrimo motore di ricerca partecipa alla riduzione delle emissioni:
Per la manutenzione dei prati, STOP ai tagliaerba e via ad uno stuolo di CAPRE!!
Google hires goat army for lawn maintenance
Bleats mowing the lawn
By Austin Modine
Job openings are few and slim in Silicon Valley these days, but at least Google is hiring. Applicants are required to have at least 2 years experience eating grass with a four-chambered stomach.
Google said today it has enlisted a small army of hungry, hungry goats to help manicure the expansive fields at its Mountain View headquarters.
Image courtesy the Google Blog
The internet’s top ad broker wrote in its official blog that the goats are hired from a local goat rental business to clear weeds and brush to reduce fire hazard.
A herder brings about 200 goats and they spend roughly a week with us at Google, eating the grass and fertilizing at the same time. The goats are herded with the help of Jen, a border collie. It costs us about the same as mowing, and goats are a lot cuter to watch than lawn mowers.
Yes, it’s all eco-friendly fun and games until Googlers start spreading Goat Flu to the masses. ®
E quindi ecco la California Grazing:
California Grazing provides holistic land management and brush & weed control through grazing. We can eliminate noxious weeds, restore native grasses, and address fire prevention through fuel load reduction.
Our fleet of 800+ environmentally friendly, self propelled weed eaters are ready for your project! These cute & cost effective critters remove thistle, brush, weeds, and other invasive plants.
Goat grazing is a cost effective, ecologically sound way to clear land and promote growth of native grasses and beneficial plants, particularly for large acreages and difficult terrain. It has been proven to efficiently handle areas that are inaccessible or difficult to manage with mowers, areas where burns are inadvisable, and sensitive areas where the application of herbicides is not appropriate.
Our goats restore plant species that better clean the air, reduce water pollution, prevent the spread of fires, eliminate mower emissions, and fertilize while they graze!
Yellow star thistle is named for its bright thistle-like flowers, which have sharp spines surrounding their base. It is a long-lived annual and is found at elevations of 7000 feet or less. It grows anywhere from 6 inches to 5 feet tall. Most of the plant’s seeds germinate within a year of disbursement, yet some can stay viable for up to 3 years.
Goat grazing is a highly effective way of reducing star thistle and star thistle seed production. Goats will eat the plants in all stages, including after the spines form. Quite surprisingly, goats like thistle – it is one of the first plants they will eat when present. Intensive grazing managed over time by goats provides positive and successful results in the eradication of star thistle.
Aggressive noxious weeds like thistle bring problems as they displace beneficial plants, and reduce habitat and recreational value. Goat grazing is also an effective method for control of other weed species such as Spurge, Nettles, Purple Star thistle, Artichoke thistle, Poison Ivy and Poison Oak. Whereas human contact with Poison Oak or Poison Ivy can cause an allergic reaction in humans, goats relish them and are highly effective at eradicating this weed.
Other plants goats like to eat include: Vetch, Yellow and Purple Star Thistle, Bull Thistle, French Broom, Mustard, Himalayan Blackberry, Coyote Bush, Ivy, Pine and Oak Saplings, Poison Oak, Eucalyptus Saplings, Poison Hemlock, Sage, Ivy, and most grasses.
A riparian area is one that is located on the bank of a natural waterway, such as a river or lake. By carefully managing grazing in riparian areas, healthy plants will build strong stream banks. Permanent vegetative cover provides the most effective way to reduce soil erosion. Raindrops, for example, lose some of their force when they land on plants. They run off the vegetation down to the ground rather than pounding the soil at their full velocity. More water soaks into the ground instead of running off, which helps to eliminate soil erosion.
Root systems of beneficial plants hold soil in place and filter contaminants. These root systems allow water to flow more clearly as impurities are filtered out before reaching ground water. Grazing management also minimizes vegetation growth and blockage of natural waterways. Grazing with goats encourages a healthy watershed and reduces pollution in our lakes, rivers and streams – and we all benefit from clean water!
Mountain, valley, desert or coast, we must preserve the wonder that is California!
Goats eat “hot fuel,” the spindly plants that grow under trees and allow fire to spread quickly. Unlike other animals, goats are naturally adapted to eating weeds, brush, thistles and invasive plants. They have evolved their own razing mechanisms for digesting and processing even the most noxious of weeds. Fuel load reduction with goats is accomplished by the use of a temporary electric fence. This standard farm fencing enables us to control the goats’ grazing pattern.