Lug 7, 2011 - InGiustizia, sfoghi, Truffe    Commenti disabilitati su Stragi naziste sull’Appennino, nove ergastoli …..

Stragi naziste sull’Appennino, nove ergastoli …..

Eccheccazzo, ma almeno PIGNORARGLI PURE IL CAZZO dei pronipoti?
a QUESTI NO???
A noi, invece, per NON AVERE I SOLDI non guadagnati e non incassati DA DARE ALL’INPS….
.. ci INCULANO LA CASA di abitazione????

BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA


Partigiani

Il tribunale di Verona ha condannato tutti gli ufficiali della divisione paracadutisti Goehring per gli eccidi tra Emilia e Toscana nel 1944. Per i giudici fu una rappresaglia per stroncare la Resistenza e vennero trucidate le persone più indifese. Gli imputati resteranno liberi e non pagheranno i risarcimenti, ma il processo ha scritto una pagina importante della storia

Nove ergastoli ai criminali nazisti e circa trenta milioni di euro di risarcimento alle trecento parti civili. Il tribunale militare di Verona ha condannato tutti gli ufficiali e sottoufficiali della divisione paracadutisti “Herman Goehring” e della guardia nazionale repubblicana alla sbarra per gli eccidi che insanguinarono l’appennino tosco-emiliano dal 18 marzo al 5 maggio 1944.

Fu un unico filo rosso di rappresaglie sugli inermi per stroncare la Resistenza all’occupazione nazifascista: 131 le persone trucidate nel comune modenese di Palagano (frazioni di Monchio, Costrignano e Susano), 23 nel reggiano Villa Minozzo (frazioni di Cervavolo e Civago), 240 cittadini nelle province di Arezzo e Firenze intorno al Monte Falterona, 27 nella zona di Monte Morello e 20 tra Mommio e Fivizzano, in provincia di Massa. Non risparmiando sacerdoti come don Giovanni Battista Pigozzi, parroco di Cervarolo ucciso perché si rifiutò di incastrare i partigiani, anziani semiparalizzati, donne e bambini freddati nel silenzio dei borghi modenesi.

Il giudice ha accolto quasi in toto le richieste della pubblica accusa, ossia diciassette ergastoli per omicidio plurimo pluriaggravato e continuato. Gli imputati, dagli 85 ai 93 anni, sono l’allora capitano Helmut Odenwald, gli ex tenenti Karl Friedrich Mess e Erich Koeppe, i sottotenenti Hans Georg Karl Winkler, Fritz Olberg, Herbert Wilke e Ferdinand Osterhaus, il sergente Karl Wilhelm Stark e il caporale Alfred Luhmann.

Non luogo a procedere ovviamente per Horst Gunther Gabriel, Günther Heinroth e Hilmar Lotz, deceduti prima del processo. In ogni caso nessuno finirà in carcere in quanto le autorità tedesche non hanno mai concesso l’estradizione né permesso l’esecuzione della pena in loco. Resteranno sulla carta i risarcimenti in via provvisionale a superstiti, familiari ed istituzioni (dai 60 ai 200mila euro ciascuno) che avevano citato per danni anche la Repubblica federale tedesca come avvenuto con successo nel 2008 per l’eccidio nazifascista di Civitella.

Tutto è bloccato da quando la Germania ha impugnato le sentenze sulla base del principio di immunità davanti a un tribunale di uno Stato estero, seguita a ruota dal decreto del governo italiano che ne sospende l’esecutività. Ma la gioia delle parti civili, dopo 9 ore di camera di consiglio, 44 udienze, 23 faldoni, 40 avvocati, 50 rogatorie internazionali, 300 testimoni, è tutta per la pagina di verità processuale scritta oggi.

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Lug 4, 2011 - Abuso di Potere, Informatica, Informazione, Internet, Truffe    Commenti disabilitati su Agcom parte seconda ….

Agcom parte seconda ….

corrado calabroLa buona fede, qualche giorno fa, mi ha spinto a scrivere un post sugli sviluppi della vicenda censoria dell’agcom.
Oggi, un acuto editoriale su puntoinformatico mi ha fatto riflettere e mi ha moralmente obbligato a riportarne il contenuto.
Avrà mica ragione Massimo Mantellini?


            Roma – Eppure, guardate, la faccenda in fondo è molto semplice. Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che nei prossimi giorni secondo i piani dovrebbe diventare il soggetto amministrativo in grado di decidere quali siti web gli italiani potranno vedere e quali dovranno essere censurati per violazione del copyright, ha un solo unico grande problema. È, da sempre e non solo da quando è presieduta da Corrado Calabrò, una autorità senza alcuna autorevolezza.

Il discorso potrebbe chiudersi qui. Possono i cittadini italiani affidare compiti tanto delicati ad un organismo del genere? Una autorità per modo di dire, diretta estensione del potere politico, composta in genere da commissari con modestissime competenze specifiche, che mai, in questi ultimi dieci anni, è riuscita a rappresentare nitidamente l’interesse dei cittadini nella complicata arena dei sistemi di comunicazione. Possiamo fidarci di loro? La risposta è semplicemente no.

Corrado Calabrò ed i commissari Agcom non hanno alcuna autorevolezza per molte ragioni: sono pedine di un potere politico mediamente digiuno delle questioni complicate che riguardano Internet, e assommano due differenti caratteristiche. Da un lato rappresentano un organismo che la politica ha mantenuto debolissimo nelle proprie prerogative di controllo, perché ovviamente nessuno può in Italia anche solo pensare di rappresentare gli interessi dei cittadini dentro l’enorme ventre del potere radiotelevisivo; dall’altro, in questa inedita ultima versione berlusconiana, gli stessi cavalieri di cartone vengono utilizzati come ariete nella lotta alla pirateria in Rete, ovviamente declinata nell’unica maniera nota all’industria dei contenuti, quella secondo la quale gli interessi economici si tutelano con alti muri e colpi di fucile. Dieci anni che questa gente è chiusa in questo loop, dove minaccia legale e intimidazione hanno comodamente sostituito pochezza di idee e modelli economici decotti. Agcom oggi è un inedito piede di porco, in una ipotesi di scenario di tutela dei diritti nella quale nemmeno le truppe servono. Basta un timbro a firma Calabrò a certificare la lista dei presunti cattivi, gli ISP verrano costretti come al solito nel ruolo di forzosi gendarmi e i cittadini, quelli che Agcom dovrebbe tutelare, lasciati senza tutele e garanzie nelle mani dell’esattore di turno, vedranno sospese le proprie prerogative legate allo stato di diritto. E la magistratura? Ah beh quella sostanzialmente non serve, può essere saltata (altro vecchio sogno delle major del disco e del cinema che si concretizza), ce la si sbriga fra noi, a colpi di letterine e velocissime censure. Occhio non vede, cuore non duole.

L’unica cosa cambiata dai tempi della vecchia Agcom, che Giuliano Amato definì non senza ironia una autorità “semi-indipendente”, è che oggi la centralità di Internet è assai più chiara anche fuori da Internet, per esempio dentro i santuari radiotelevisivi come Mediaset, oltre che nelle stanze dei lobbisti del cinema e della musica che tengono la Rete nel mirino da almeno un decennio.

Chiusi in questo refrain il giochetto tentato in Italia è il solito che abbiamo già visto applicato altrove, aggravato da un indecoroso scaricabarile. Prima il sottosegretario alle comunicazioni Paolo Romani (prestato alla politica dopo una non brillantissima carriera nella televisone privata, uno dei tanti che Berlusconi ha spostato di peso dai suoi contatti commerciali dentro il Parlamento) fa approvare un decreto che porta il suo nome che investe Agcom di immensi poteri di controllo sul traffico di Rete, poi Agcom stessa che, in questi giorni di forti critiche, rimanda responsabilità ed oneri per simili spinose questioni al Parlamento stesso. È la gag del “È stato lui!”, “No, è stato lui”, fra due soggetti che sono di fatto la stessa persona.

Quale autorevolezza può avere una autorità che ha come ultimo commissario nominato un ex-dirigente di Publitalia? Davvero Antonio Martusciello riceve uno stipendio da quelle parti per difendere i miei interessi dei cittadino? Quale autorevolezza può vantare Corrado Calabrò che nella recente relazione annuale ha dichiarato che i diritti degli autori sono diritti di proprietà? Ma stiamo scherzando? Quale Agcom potrà mai essere la mia Agcom se il relatore del provvedimento sul copyright Nicola D’Angelo, l’unico fra i commissari con qualche competenza sulle cose di Rete, è stato allontanato silenziosamente dal suo incarico perché non sufficientemente allineato?

E ancora, di quale dialogo fra Agcom e la Rete stiamo parlando in questi giorni? Basta leggere le risposte dei commissari Agcom pubblicate in giro, o le stizzite repliche di Calabrò e di Enzo Mazza della FIMI (perdonami Enzo ma hai torto) all’articolo sacrosanto che Juan Carlos De Martin ha scritto su La Stampa per capire che non ci sono audizioni da fare o dialoghi costruttivi da tentare.

Diciamolo chiaramente: questi signori, per loro natura e mandato, sono semplicemente inadatti a rappresentare i cittadini in tematiche del genere. Non ne hanno gli strumenti né tantomeno la voglia. Diradando la nebbia delle parole, delle tante frasettine di cortesia e di tutto il bagaglio sterile dei diritti e dei doveri ovunque citati, Agcom è mediamente un signor nessuno che in questo caso fa da paravento alle esigenze degli industriali dei contenuti che, d’accordo con il Governo in carica (per ragioni di interesse che sono evidenti anche ad un lattante), hanno costruito un giochetto per poter controllare la Rete e salvare i propri amati contenuti a colpi di ingiunzioni e processi sommari saltando il controllo della magistratura.

Ovviamente non funzionerà, come non funziona la disciplina dei tre colpi in Francia e come è stata infine bocciata una ipotesi simile in Spagna, ma questo è un altro discorso. Il discorso di oggi è assai più elementare: Corrado Calabrò e i suoi commissari della Authority senza autorevolezza non rappresentano gli interessi dei cittadini italiani. Non ne hanno titolo, lo hanno dimostrato più e più volte. Qualsiasi loro decisione per nostro conto, semplicemente, non vale niente.

Fonte: puntoinformatico.it

 

Lug 2, 2011 - Economia, Finanza, Informazione, Truffe    Commenti disabilitati su Ecco Finance Watch, la lobby dalla parte dei risparmiatori

Ecco Finance Watch, la lobby dalla parte dei risparmiatori

FinanzaAttenti traders ai vostri bonus. I derivati? Andiamoci piano anche con quelli. E non parliamo dei paradisi fiscali. Finance Watch, una nuova ong che vuole diventare la Greenpeace della finanza, promette battaglia. Dopo mesi di preparazione è ormai operativa. Vuole difendere l’interesse dei cittadini e dei risparmiatori nelle questioni finanziarie. E lavorare a Bruxelles (facendo lobby pressante) perché, quando si prepara e si discute una nuova normativa, non ci siano solo le banche a difendere i propri interessi.

L’idea è venuta un anno fa a una ventina di eurodeputati che hanno lanciato un appello per la creazione di Finance Watch. Fra loro politici verdi, di sinistra (al gruppo si è in seguito associato anche Sergio Cofferati) e pure di destra. Il più combattivo è stato Pascal Canfin, giornalista francese, diventato parlamentare europeo nel 2009. “Uno dei primi testi legislativi che mi sono ritrovato a esaminare – racconta – riguardava i limiti da imporre ai fondi speculativi. Nel mio ufficio, però, venivano solo i lobbisti degli hedge funds. Nessuno ha mai bussato alla porta per parlarmi in maniera negativa di quegli strumenti. In materia finanziaria e bancaria non esistono equivalenti di Greenpeace, del Wwf o dei sindacati europei. Non c’è un contropotere”.

O meglio, non esisteva. Perché nei giorni scorsi si è tenuta la prima assemblea generale di Finance Watch. I soci fondatori sono una quarantina di organizzazioni europee che a loro volta rappresentano più di 300 Ong, sindacati e associazioni di consumatori (da Oxfam al Beuc, L’ufficio europeo delle unioni dei consumatori, passando per la Ces, la Confederazione dei sindacati a livello comunitario). Finance Watch porterà avanti indagini su temi specifici: “controperizie” indipendenti rispetto all’industria finanziaria. Poi ci sarà l’azione di lobby sul Parlamento, la Commissione e il Consiglio europei. E, infine, l’attività di comunicazione, così da scatenare dibattiti pubblici su argomenti spesso ostici e poco pubblicizzati. Ma che sono all’origine di crack di imprese e di Stati, di perdite ingenti (e ingiuste) sugli investimenti, di tasse aggiuntive per correggere quei patatrac.

Finance Watch puo’ già contare sulla consulenza di una ventina di esperti: economisti, avvocati, analisti finanziari, docenti universitari. Insomma, specialisti che ben conoscono i meccanismi dall’interno. Come Philippe Loumeau, che, dopo una ventina d’anni trascorsi a lavorare nelle Borse di mezzo mondo (è stato, addirittura numero due di quella di Montréal), è ora consulente per il management d’impresa. E ha promesso che dedicherà a Finance Watch come volontario almeno un giorno di lavoro alla settimana. Segretario generale della Ong sarà Thierry Philipponnat, 49 anni, una carriera brillante tra Bnp Paribas, Ubs ed Euronext. Anche lui oggi lavora come consulente, dopo aver iniziato a collaborare negli anni scorsi con Amnesty International. “Trovo la finanza molto interessante, anche da un punto di vista intellettuale – sottolinea – . E poi è fondamentale per l’economia. Ma mi preoccupa anche l’impatto sociale di queste attività”. Padrino della nuova organizzazione, invece, sarà Juergen Habermas, l’anziano filosofo e sociologo tedesco. Secondo l’europarlamentare Canfin, il mondo della finanza sembra aver dimenticato in fretta la crisi del 2008. “E’ chiaro che diverse banche hanno già iniziato a speculare perfino sul debito greco – sottolinea -. Bisogna intervenire al più presto”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it
Giu 29, 2011 - Informazione, Internet, Politica    Commenti disabilitati su Soppressione della Libertà sul Web Italiano?

Soppressione della Libertà sul Web Italiano?

agcom   Ebbene, non è esattamente come riportato sul Tam-Tam della nostra cara rete, sarebbe più prudente fare un paio di riflessioni prima di gridare allo scandalo.
Intanto, la “Violazione al diritto d’autore” è GIA’ REATO da tempo, mi sembra quindi una sciocchezza allarmarsi per qualcosa che non rivela alcuna novità. Certo, bypassare i tribunali ed affidare al’AGCOM il POTERE di “intimare la rimozione dei contenuti non autorizzati” può sembrare una semplificazione eccessiva, ma personalmente credo che i tribunali siano già abbastanza affollati e, se davvero desideriamo una giustizia più GIUSTA, dovremmo cominciare con il limitare le VALANGHE di atti e ricorsi che giornalmente vi si riversano, ma la mia idea sulla questione potrebbe essere oggetto di altro post dedicato a questo argomento.
Chi possiede più di due neuroni capisce bene che la cosa non sposta il problema sulla libertà o meno di pubblicare matriale protetto, la causa VINTA da Mediaset contro YouTube (che ha più di tremila lire da spendere in avvocati) è un’evidente conferma di quanto ciò sia solo una agilizzazione di certe procedure che al momento sono solo più lunghe e dispendiose.
Approfitto per ricordarvi che Mediaset è tutt’oggi detentrice ABUSIVA di canali televisivi, con SENTENZA della 
Corte di Giustizia Europea che ha condannato l’Italia, mica Mediaset (valli a capire, LORO abusano e NOI paghiamo).
Ad ogni buon conto, chi scrive su un blog, è consapevole del fatto che talvolta possa riportare contenuti (anche a propria insaputa) non “liberamente diffondibili” senza previa autorizzazione, ma, senza far riapparire i fantasmi di Staliniana memoria, è sufficiente operarne la rimozione qualora chi ne detenga la proprietà ne segnali la richiesta di rimozione (va bene, “intimare” ci piace meno, ma il significato è il medesimo).

Non a caso, io per esempio, lo specifico, anche se non ce ne sarebbe la necessità, quanto potete leggere sulla finca di sinistra ” Le immagini pubblicate sono state trovate su pagine web e giudicate di pubblico dominio. Se qualcuno, potendo vantare diritti su di esse, volesse chiederne la rimozione, può scrivere al mio indirizzo e-mail.”. La cosa è ovviamente da intendersi anche per i contenuti, ma è decisamente superfluo specificarlo.


Vi riporto una parte dell’articolodi Paolo Attivissimo che mi sento di sottoscrivere appieno:

Muore il Web italiano? Esagerati. Ma è ora di imparare a usare davvero Internet

[…omissis…]
Parliamoci chiaro: questo dell’Agcom, come ogni altro tentativo di imbavagliare la Rete, è destinato a fallire per motivi assolutamente fisiologici. Non ci riescono i cinesi, figuriamoci se ci riusciranno le sciacquette dei burocrati italiani. Buttarla in politica non fa altro che distrarre da questo concetto fondamentale e svilire la questione. Come il DDOS contro Agcom, non fa altro che regalare comode munizioni a chi vuole trasformare in rissa una questione seria e a chi brama di accusare di apologia della pirateria gli onesti che vogliono difendere non solo il diritto d’autore ma anche quello del fruitore.

Sarà facile zittire le iniziative sensate, come il Creative Commons e il fair use, etichettandole come pro-pirateria, sovversive, anarco-insurrezionaliste, antiberlusconiane e quant’altro, senza bisogno di dimostrare che lo stato delle cose attuale causi danni ad autori e artisti. Senza fermarsi a chiedere quanta pubblicità gratuita ha avuto Lady Gaga da Internet o come mai, se siamo tutti così pirati, Avatar o Il Signore degli Anelli incassano miliardi di euro. Verrà dimostrata invece una sola cosa: che i governi non hanno la più pallida idea di come funzioni Internet e sono mentalmente fermi all’Ottocento. Ne pagheranno le conseguenze.

A mio avviso ci sono due modi per far fallire in modo elegante e civile quest’ennesimo giro di giostra. Il primo è sommergere l’Agcom di segnalazioni di presunte violazioni. Noi siamo in tanti; loro sono in pochi. Basta qualche decina di migliaia di segnalazioni per mandare in tilt il sistema e ricordare a questi asini digitali che stanno cercando di vietare al vento di soffiare e stanno ragionando ancora in termini di piombo in tipografia anziché di bit nella Rete. Qualcuno si ricorda, per esempio, l’obbligo di mandare una copia di ogni pubblicazione agli Archivi Nazionali e tutto il panico che fu diffuso quando parve che l’obbligo si dovesse estendere a ogni sito Web? Appunto.

Il secondo è che è ora di studiare invece di strillare. I vari tentativi di censura e oscuramento funzionano soltanto con chi non sa usare Internet e non ha voglia di imparare a usarla come si deve, però poi si lamenta. La resistenza civile ai tentativi di imporre leggi idiote non passa solo dai canali politici e dalla scheda elettorale: passa dal filo dell’ADSL che abbiamo in casa. L’HADOPI francese non è fallita perché i francesi si sono dedicati al denial of service contro i siti delle autorità. È stata ridicolizzata perché gli internauti francesi hanno capito che il peer-to-peer è vulnerabile e sono passati ad altri sistemi. È ora di spegnere il teleschermo e di accendere il cervello; di smettere di comprare giornali-spazzatura e diventare tutti hacker.

Ah, già, ma stasera c’è la partita su Inediaset Premium Plus Ultra 3D 4×4 Dolby Surround Ritardante per Lui Stimolante per Lei. Non si può rinviare la rivoluzione di qualche ora?

Fonte: attivissimo.blogspot.com
Giu 26, 2011 - Economia, Truffe    Commenti disabilitati su Oro “di Bologna” a Fort Knox!

Oro “di Bologna” a Fort Knox!

Oro falso a Fort KnoxHo scovato un articoletto davvero interessante, mi sono avvalso di un traduttore ed ho corretto l’aspetto grammaticale in quanto l’articolo originale è in Russo, vogliate pertanto perdonarmi qualche errore, ma vi assicuro che il significato è DAVVERO MOLTO CHIARO.


Nel mese di ottobre 2009, il Mnistero del Tesoro USA ha inviato una partita di lingotti d’oro in Cina. Si tratta di trasferimenti regolarmente effettuati per pagare i debiti anche al di fuori della bilancia commerciale. La maggior parte degli scambi in oro del mondo viene comunicata e memorizzata nel deposito sotto la supervisione di una speciale organizzazione – Bullion Market Association di Londra (potete leggere quì come funziona). Quando il carico partito venne ricevuto, il governo cinese ha ordinato una verifica speciale della purezza e il peso dei lingotti d’oro; ricordiamo che la Cina è il più grande detentore straniero di U. S. titoli del Tesoro. I funzionari cinesi sono rimasti scioccati quando hanno scoperto che le barre erano false. La truffa consisteva in barre di tungsteno rivestiti con un sottile strato di oro vero. Questo “oro” in lingotti è stato prodotto negli Stati Uniti e conservato a Fort Knox per molti anni.

Il governo cinese ha immediatamente avviato un’indagine e ha rilasciato una dichiarazione che alludeva alle macchinazioni del governo statunitense. I numeri di registrazione delle barre partite indicano che i lingotti falsi sono stati ottenuti dalle banche della Federal Reserve durante l’amministrazione Clinton. E ‘stato poi commissionato dai banchieri della Federal Reserve sono state prodotte tra 1,3 e 1,5 milioni di barre di tungsteno del peso di 400 grammi, 640.000 delle piastrelle di tungsteno sono stati rivestiti con oro e spediti a Fort Knox, dove rimangono fino ad oggi.

Secondo l’indagine cinese, il resto del 1,3-1.500.000 barre di tungsteno da 400 grammi veniva coperto d’oro e poi venduto sul mercato internazionale. Non solo la riserva aurea degli Stati Uniti ha un oro falso, ma il mercato mondiale è stato anche ingannato dai banchieri della Federal Reserve e da Clinton. Si stima che il valore delle truffe Oro Clinton non sia inferiore ai 600 miliardi di dollari.

Un articolo del “New York Post” il 2 febbraio 2004, intitolato “Procura sta indagando il capo del New York Mercantile Exchange”, ha sottolineato che il Golden Affair Clinton ha attirato l’attenzione dei funzionari degli Stati Uniti. Articolo scritto da Jennifer Anderson, ha riferito che “l’amministratore delegato del New York Mercantile Exchange è sotto inchiesta da parte del procuratore distrettuale di Manhattan. Fonti vicine alla borsa detto la scorsa settimana, Stuart Smith, vice presidente senior delle operazioni di scambio, è stato cercato dal procuratore distrettuale. Dettagli dell’inchiesta non sono stati resi noti, ma un portavoce ha detto che il cambio, non è stato associato ad operazioni di scambio con le azioni. Ha rifiutato ulteriori commenti, dicendo solo che le accuse sono state depositate. L’ufficio di rappresentanza del procuratore distrettuale di Manhattan si è rifiutato di commentare.”

Presso l’ufficio del Vice Presidente Senior delle Operazioni della New York Mercantile Exchange (NYMEX), questo è il posto dove sono andati a cercare le certificazioni [numero di registrazione e l’origine] per OGNI BAR GOLD mai fisicamente trasmesse all’Exchange. Essi sono tenuti a conservare registrazioni di ogni lingotto. Queste relazioni dovrebbero dimostrare l’origine esatta di tutto l’oro fisico, che è andato sul mercato e, di conseguenza, avrebbe rivelato quanto oro non risulti dagli scambi delle compagnie di estrazione dell’oro, semplicemente perché la quantità di oro proveniente dalla “fusione” dovrà essere superiore alla quantità prodotta fisicamente.

Perché è stato utilizzato il tungsteno ?

Per stampare il denaro falso, si ha necessità di una carta speciale, o note possono essere facilmente identificati Spetspribor, che sono ampiamente utilizzati da banche e imprese. Allo stesso modo, se avete intenzione di manipolare il lingotti d’oro, è necessario assicurarsi che essi abbiano proprietà e il peso specifico di oro vero.

Il problema di fare un lingotto buono forgiato è che l’oro ha una densità molto alta, quasi il doppio del piombo e due volte e mezzo più denso rispetto all’acciaio. Di solito non ce ne accorgiamo, perché piccoli anelli d’oro, ecc pesano troppo poco per poterne notare la differenza di densità, ma se mai entrassimo in possesso di un lingotto d’oro, si potrebbe notare che è assolutamente inconfondibile: un lingotto d’oro è molto, molto pesante.

Lo standard di trading lingotti d’oro tra le banche, conosciuta come la “fornitura di Londra Bar affidabile” (“bar London Good Delivery“), pesa mediamente 400 once (circa 12,5 kg.), ha la dimensione di un piccolo libro. Un lingotto d’acciaio della stessa dimensione peserebbe solo tredici libbre e mezzo (pari a soli 6,12 kg.).

Sono pochissimi i metalli in possesso di una densità elevata come l’oro, solo due eccezioni:
– l’uranio impoverito, che è a buon mercato, per il governo, ma è molto difficile da gestire. Inoltre, è radioattivo, il che è sicuramente un problema non da poco.
– il tungsteno, che costa molto meno dell’oro ed ha quasi la stessa densità, giusto una piccola differenza di tre decimi. Le principali differenze sono il  colore diverso, e una notevole durezza. L’oro puro è invece relativamente morbido, lo si può graffiare con un’unghia.

Il lingotto di Prima classe deve rispettare pienamente i parametri di colore, durezza, densità, proprietà chimiche e fisiche. Per produrne uno contraffatto è necessario disporre di un lingotto di tungsteno che sia di dimensioni di 1/8 di pollice più piccolo (in tutti e tre dimensioni) rispetto al lingotto d’oro finito; quindi applicare uno strato di oro vero dello spessore di 1/16 pollice. A vista, questa barra apparirebbe come reale ed in caso di test (non approfonditi come quelli effettuati dal Governo Cinese) le analisi chimiche avrebbero mostrato l’oro ed il peso sarebbe risultato esattamente identico ad un lingotto d’oro vero e proprio.

Oggi a Fort Knox sono ancora conservati questi lingotti di “oro Clinton”, e ancora oggi continuano a diffondersi in tutto il mondo, perché l’oro è in circolazione tra i paesi per pagare i debiti e risolvere la cosiddetta bilancia commerciale.

Fonte: perevodika.ru
Giu 25, 2011 - Informazione, Truffe    Commenti disabilitati su Morti “fuori stima” …..

Morti “fuori stima” …..

Repubblica Certo, dopo aver visto questo video…
… sembra anche OVVIO che i “numeri” che danno siano SEMPRE sottostimati.


Premesso intanto che è plausibile immaginare che il numero esatto sia impossibile averlo a prescindere; per tutta una serie di fattori, non ultimo il fatto che ci siano ordinariamente diverse “sparizioni” volontarie o meno (il telefono giallo prima, e chi l’ha visto poi, ci hanno costruito una fortuna) anche solo per nascondersi agli occhi del fisco o di qualche clan interessato a scambiare quattro chiacchiere; ma le affermazioni di quest’operatore, fanno presumere che si operi davvero con TROPPA LEGGEREZZA e PRESSAPOCHISMO.

In effetti, pensate a quante vittime NON censite tra quanti, senza parenti che ne reclamino la scomparsa, senza permesso di soggiorno, malati senza assistenza o semplicemente in NERO.

OGNI COMMENTO E’ DECISAMENTE GRADITO

Fonte: YouTube
Giu 19, 2011 - Internet, Truffe    1 Comment

Beh, se credete alla “protezione” dello staff eBay….

Eh si, i Truffatori, non solo fanno quello che fanno….

Ma offendono chi cerca di contrastarli e PREDONO PER IL CULO I TRUFFATI, che si vantano di essere poco raccomandabili ma sono dei polli fuori scala (l’unità di misura è ignota).

Capite bene che (come dice il Signore “figo da paura” del filmato che ovviamente ha RUBATO l’identità ad un ingenuo Sassarese)…
… crede che la Polizia Postale stia …. “ma ha capito in che paese viviamo?”…

Figuriamoci,….
… se addirittura un  Poliziotto (che sà bene come funziona) ci casca e si fa prendere per il culo…..

Fonte: Youtube
Giu 18, 2011 - Internet, Truffe    5 Comments

eBayAbuse, pronti per il RITORNO.

ritorno-online.jpg


Truffatori attivi su eBay TREMATE! Siete pronti al ritorno dello smascheratore?

Pronto al rientro previsto per Mercoledì 15 Giugno, comprensibilmente in ritardo (immaginate la dimensione del database).

Questa volta su un server Svizzero, auguriamo un grande in bocca al lupo sperando che questo manteiner non sia come i precedenti.


Aggiornamento: Il Server Svizzero non ha funzionato. Adesso pare che il server che ospiterà eBayAbuse sarà a Panama.

Giu 15, 2011 - Abuso di Potere    Commenti disabilitati su Sentitevi TRANQUILLI e PROTETTI ….

Sentitevi TRANQUILLI e PROTETTI ….

Siamo circondati da “SCERIFFI” di questo calibro.

Capite, questi episodi, definiti “smagliature” possono capitare.

Immaginerete quanto può farvi piacere essere “PICCHIATI DI SANTA RAGIONE” e portati in CARCERE per consentirvi di non Sbagliare di nuovo.

Già, perchè per loro NON SERVE ALCUN GIUDICE…

… hanno già deciso che siete COLPEVOLI!!


Ogni commento è superfluo.

Fonte: Current
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