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Apr 25, 2008 - Politica    Commenti disabilitati su Vittorio Mangano – EROE ” A modo suo”.

Vittorio Mangano – EROE ” A modo suo”.

Vittorio ManganoChi è Vittorio Mangano?
La dichiarazione di Marcello dell’Utri ha sollevato un vespaio.
Oggi ho deciso di saperne di più: un giro in rete e la cosa mi diventa più chiara.
La PRIMA domanda che mi sorge è:
” ma Silvio Berlusconi, senza queste frequantazioni, sarebbe diventato quello che è”?
Vittorio Mangano (Palermo, 18 agosto 1940 – Palermo, 23 luglio 2000) è stato un criminale italiano legato a Cosa Nostra, conosciuto – attraverso le cronache giornalistiche che hanno seguito le vicende processuali che lo hanno visto coinvolto – con il soprannome di lo stalliere di Arcore.

Forza Italia, quasi Partito delle Libertà nonchè partito-azienda dell’imprentore multimediale che tutti conosciamo, è nato sull’onda di un’emozione popolare che ha frantumato i partiti che fino a quel momento avevano fatto e disfatto le sorti della Nazione. Non ha senso ricordare i passaggi di “Mani Pulite” e cosa ne è scaturito in quanto noto a tutti e, proprio sull’onda repulsiva nei confronti dei Politici Professionisti (del malaffare) e Latitanti, gli Italiani hanno ritenuto di “PROVARE” a dare il mandato ad un imprenditore che fino a quel momento era conosciuto come proprietario di televisioni, ma sopratutto per uno che “si è fatto da sè”, un pò con un’occhio al sogno Americano del “se ce l’ha fatta lui, posso anche io”.
Quello che è decisamente meno noto è: Chi è davvero Silvio Berlusconi? da dove viene?
E’ possibile che un “venditore di scope” possa diventare QUESTO?
L’amicizia con Bettino Craxi e Paolo Pillitteri gli hanno portato vantaggio o piuttosto sono stati loro a “beneficiare” della sua amicizia e vicinanza ad alcuni Siciliani INVESTITORI con AMPIE disponibilità econimiche?
Falcone e BorsellinoMa la cosa che mi piacerebbe sapere è: cosa ne direbbero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino?
Tutto nasce quando Silvio Berlusconi, nella prima metà degli anni Settanta, riceve le prime minacce mafiose: gli giungono richieste di soldi e “avvertimenti” che avrebbero potuto sequestrarlo o rapire uno dei suoi figli. Erano anni in cui i sequestri di persona erano molto frequenti (103 nella sola Lombardia, tra il 1974 e il 1983). Eppure il giovane imprenditore non denuncia, non chiede protezione alle autorità, non avverte la polizia; si ricorda invece dell’amico siciliano conosciuto dieci anni prima all’università, lo chiama e lo convince a venire al Nord, al suo fianco. Dell’Utri lascia la banca e si trasferisce ad Arcore, nella villa che Berlusconi aveva comprato, con l’aiuto determinante dell’avvocato Cesare Previti, dalla marchesina Casati Stampa. Dell’Utri, dopo un consulto con Cinà, porta con sé Vittorio Mangano, che arriva a Milano pochi mesi dopo di lui e dal 1 luglio 1974 è assunto come “fattore” della villa: in realtà è l’assicurazione sulla vita e sui beni stipulata da Berlusconi, attraverso Dell’Utri, con Cosa nostra.

Così Dell’Utri consegna Berlusconi nelle mani dell’organizzazione criminale: perché questa offre sì protezione, ma poi pretende un rapporto più intenso. Suggellato da un vertice ai massimi livelli: Berlusconi nel 1974 incontra ad Arcore – con la regia di Dell’Utri e, dietro di lui, di Cinà – nientemeno che il capo di Cosa nostra, Stefano Bontate, presenti i mafiosi Mimmo Teresi e Francesco Di Carlo. Bontate, chiamato “il principe di Villagrazia”, era piaciuto a Berlusconi, secondo i racconti che circolavano tra gli uomini di Cosa nostra: lo aveva trovato ben diverso da come si immaginava i boss, un uomo nient’affatto rozzo, anzi intelligente e “affascinevole”, testimonia Antonino Galliano riferendo le confidenze ricevute da Cinà.

Berlusconi comincia a versare somme di denaro a Cosa nostra per la sua protezione: il denaro, a partire dalla metà degli anni Settanta, passa da Dell’Utri a Cinà e arriva a Mimmo Teresi e Stefano Bontate. Secondo un testimone diretto e ben introdotto nell’ambiente dei palermitani a Milano – il finanziere Filippo Alberto Rapisarda – Cosa nostra chiede però presto a Dell’Utri e Berlusconi un rapporto più stretto: offre denaro, proveniente dai giganteschi profitti che Cosa nostra comincia a realizzare in quegli anni grazie al traffico di eroina, da reinvestire e riciclare in business puliti.
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Vittorio ManganoMarcello Dell’Utri: «MANGANO E’ UN EROE» – «Il fattore Vittorio Mangano, condannato in primo grado all`ergastolo, è morto per causa mia. Mangano – ha poi aggiunto Dell’Utri – era ammalato di cancro quando è entrato in carcere ed è stato ripetutamente invitato a fare dichiarazioni contro di me e il presidente Berlusconi. Se lo avesse fatto, lo avrebbero scarcerato con lauti premi e si sarebbe salvato. E` un eroe, a modo suo».
La strana storia di due imprenditori nella capitale lombarda
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Molto amici di Vittorio Mangano, lo «stalliere».

Molto vicini a Marcello Dell’Utri.

di Gianni Barbacetto

 

Vittorio Mangano, in stampelle e sorvegliato dalla polizia [foto sopra]
Mentre depone al processo contro Marcello Dell’Utri a Palermo [foto sotto]

Vittorio Mangano

Era un uomo metodico, puntuale fino all’ossessione. Maurizio Pierro, consulente finanziario, usciva dalla sua bella villa appena fuori Varese ogni mattina alle 7, imboccava l’autostrada dei Laghi, arrivava a Milano, si sedeva alla scrivania nel suo ufficio in zona Fiera, due interi piani in una palazzina elegante, cinquanta dipendenti ai suoi ordini. Ogni sera, alle 18.45 in punto, usciva, si buttava nel traffico dei viali che portano all’autostrada, alle 19 con il cellulare dall’auto avvisava la moglie («Sto arrivando»), attorno alle 20 rientrava a casa.


La sera di martedì 11 febbraio 1997, a casa lo aspettavano la moglie, i due figli di 18 e 20 anni, i suoceri e una torta con le candeline. Era il suo cinquantaseiesimo compleanno. Puntuale come sempre, Maurizio Pierro lasciò il suo studio alle 18.45. Ma non chiamò la moglie, alle 19, per dirle «sto arrivando». Lo trovarono nella notte in via Gattamelata, a meno di un chilometro dal suo ufficio. Era seduto nella sua auto, al volante, rivolto verso destra, come se stesse parlando con qualcuno seduto al suo fianco. Aveva in corpo quattro proiettili calibro 7.65, sparati da molto vicino: un colpo in mezzo agli occhi, un colpo al cuore, un colpo in mezzo al petto; il quarto colpo, dopo avergli sfiorato lo stomaco, si era conficcato nella portiera della sua monovolume giapponese. Il portafoglio era al suo posto, nella tasca della giacca, il computer portatile sul sedile posteriore.
Con chi aveva appuntamento, Maurizio Pierro, quella sera in via Gattamelata? Chi fu il suo ultimo interlocutore, seduto accanto a lui in auto?
Pierro era nato a Tripoli ed era diventato un uomo di successo. Ragioniere, guadagnava più di un commercialista, giro d’affari miliardario, presenza in una miriade di società. Tra i suoi clienti vi era anche la Chanel. Splendida villa in Sardegna, grande passione per il golf, nutrito parco auto, in cui spiccava una bella Porsche. Per la sua società principale, la Selma, aveva scelto un nome furbo: esiste infatti una Selma Leasing legata nientemeno che a Mediobanca. Pierro invece si era legato alla finanza d’assalto, tanto da restare invischiato in una storia da anni Ottanta, il crac di una società che raccoglieva risparmi e piccoli capitali promettendo alti rendimenti, aveva convinto 3 mila persone ed era finita con una bancarotta da 120 miliardi.

Ma c’è una parte tutta milanese di questa indagine, passata in secondo piano a causa del turbine di polemiche seguite alla richiesta d’arresto per Dell’Utri. È l’indagine che ha messo a fuoco le attività di Sartori e Currò. Quasi tutta l’attenzione è stata catturata, per forza di cose, dal braccio destro di Silvio Berlusconi, ieri presidente di Publitalia, oggi deputato di Forza Italia, accusato dalla procura palermitana di voler comprare una pattuglia di «pentiti» al fine di affondare l’inchiesta sulle sue relazioni pericolose con Cosa nostra. Ma le indagini del sostituto procuratore di Milano Maurizio Romanelli e della Dia hanno scoperto ben altro: gli affari, legali e illegali, di un gruppo di persone che secondo gli investigatori sono i nuovi colletti bianchi di Cosa nostra a Milano, i manager in giacca e cravatta della mafia siciliana. In rapporto diretto con figli e nipoti di due vecchi boss, Gerlando Alberti e Vittorio Mangano. Insomma: Cosa nostra, seconda generazione.

[Omissis]

Un quarto di secolo è passato da quando i due comparvero sulla scena: il primo, Gerlando Alberti, con fragore: il più grande raffinatore di eroina in Sicilia in tempi in cui si pensava che gli stupefacenti fossero un affare dei marsigliesi; il secondo, Mangano, in punta di piedi e inosservato: devoto “stalliere” nella villa di un costruttore emergente che era l’essenza della milanesità.
Nella Milano delle grandi trasformazioni finanziarie, dei grandi giochi per costruire i nuovi colossi bancari, assicurativi, delle telecomunicazioni, nella città dei soldi – danée e piccioli insieme – si sono rese visibili altre trasformazioni, in un settore più piccolo ma non meno vivace. Quello della finanza “grigia”.

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Vittorio Mangano fu indicato al maxiprocesso di Palermo, sia da Tommaso Buscetta che da Totò Contorno, come uomo d’ onore appartenente a Cosa Nostra, della famiglia di Pippo Calò, il capo della famiglia di Porta Nuova (della quale aveva fatto parte lo stesso Buscetta).

Nel 2000, poco prima di morire per un cancro, fu condannato all’ ergastolo per il duplice omicidio di Giuseppe Pecoraro e Giovambattista Romano, quest’ ultimo vittima della «lupara bianca» nel gennaio del ‘ 95. È stato inoltre sospettato di aver rapito il principe Luigi D’ Angerio dopo una cena nella villa di Berlusconi, nel dicembre del ‘ 74.
Conosciuto come lo stalliere di Arcore attraverso le cronache giornalistiche degli iter processuali che lo hanno visto coinvolto, il boss – che fu assunto da Dell’ Utri nella villa di Arcore nella quale visse tra il ‘ 73 e il ‘ 75 – passò gli ultimi giorni della sua vita in carcere, perché, si legge nella sua lapide nel cimitero di Palermo, «rifiutò di barattare la sua dignità con la libertà».Vittorio Mangano

Vittorio Mangano è morto giovane, neanche 60 anni. Ed è morto male. Carcerato da cinque anni, giallo come un limone per un tumore che gli aveva invaso il fegato, aveva 18 litri di acqua nella pancia l’ultima volta che gliela siringarono.

All’inizio di luglio dell’anno scorso, viene trasportato dalla sezione di massima sicurezza di Secondigliano a casa, in via Petralia Sottana, Palermo.
I funerali hanno seguito un costume in voga tanto a Palermo quanto nel New Jersey quando il defunto è accomunato a Cosa nostra. “Via i fotografi, rispettate il nostro dolore”, intima la famiglia. “Fotografate tutti, con discrezione”, dà ordine il magistrato. Poche persone, abitanti del quartiere, sono intervenute per l’ultimo saluto nella Chiesa di San Gabriele, quartiere Villa Tasca, i luoghi in cui Mangano aveva abitato e in cui, per diversi anni, aveva esercitato il “controllo”.Era il 23 luglio del 2000 e i giornali non diedero tanto spazio alla sua morte. D’accordo, era un boss ed era stato lo “stalliere” di Arcore. Ma non era un super boss, ed era sempre stato un tipo discreto.

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Apr 25, 2008 - Politica    Commenti disabilitati su Chi è DAVVERO, Silvio Berlusconi?

Chi è DAVVERO, Silvio Berlusconi?

Berlusconi e CraxiChi è DAVVERO Berlusconi?

In troppi sono convinti che la sua “Amicizia” con Bettino Craxi e Paolo Pillitteri (che nel maggio del 1992 riceve un avviso di garanzia per corruzione riguardo a 500 milioni di lire, nel pieno delle indagini dell’inchiesta “Mani pulite“, Pillitteri verrà poi condannato a 4 anni e 6 mesi in via definitiva per corruzione) abbia giocato un ruolo essenziale per il successo, ma frugando in rete (e non certo dai giornali e telegionali a li “Favorevoli”) si scopre qualcosa che ci fà capire che probabilmente proprio Craxi e Pillitteri hanno invece tratto BENEFICIO dall’Amicizia.

Quello che deve trovare approfondimento è la vicenda di Vittorio Mangano (a cui faccio riferimento in un altro post) e le Amicizie Siciliane dell’Imprenditore milanese.

Wikipedia ne riporta vita e famiglia:
“Dopo le prime saltuarie esperienze lavorative giovanili come cantante e intrattenitore sulle navi da crociera insieme all’amico Fedele Confalonieri e come venditore porta a porta di scope elettriche insieme all’amico Guido Possa iniziò l’attività di agente immobiliare e nel 1961 fondò la Cantieri Riuniti Milanesi Srl insieme al costruttore Pietro Canali. Il primo acquisto è un terreno in via Alciati a Milano, grazie alla fideiussione del banchiere Carlo Rasini (titolare e cofondatore della Banca Rasini, nella quale lavorava il padre di Berlusconi).Nel 1963 fonda la Edilnord Sas in cui è socio d’opera accomandatario, mentre Carlo Rasini e il commercialista svizzero Carlo Rezzonico sono soci accomandanti.
In quest’azienda Carlo Rezzonico fornisce i capitali attraverso la finanziaria Finanzierungsgesellschaft für Residenzen AG di Lugano. Gli anonimi capitali della finanziaria svizzera vengono in parte depositati presso l’International Bank di Zurigo, e pervengono alla Edilnord attraverso la Banca Rasini.Nel 1964 l’azienda di Berlusconi apre un cantiere a Brugherio per edificare una città modello da 4000 abitanti. I primi condomìni sono pronti già nel 1965, ma non si vendono con facilità.
Nel 1968 nasce la Edilnord Sas di Lidia Borsani e C. (la Borsani è cugina di Berlusconi), generalmente chiamata Edilnord 2, acquistando 712 mila m² di terreni nel comune di Segrate, dove sorgerà Milano 2, in seguito alla concessione edilizia ottenuta nel 1969.
Nel 1972 viene liquidata la Edilnord e creata la Edilnord Centri Residenziali Sas di Lidia Borsani, quest’ultima socia accomandante, con i finanziamenti della Aktiengesellschaft für Immobilienlagen in Residenzzentren AG di Lugano.
Nel 1973 viene fondata la Italcantieri, prima come Srl, poi come Spa nel 1975, con Silvio Berlusconi quale presidente. I capitali sono di due fiduciarie svizzere e precisamente della Cofigen, legata al finanziere Tito Tettamanti e alla Banca della Svizzera Italiana, e della Eti AG Holding di Chiasso, il cui amministratore delegato è Ercole Doninelli. Nello stesso anno, tramite l’avvocato Cesare Previti, Berlusconi acquista ad Arcore, pagandola un prezzo di favore, la villa Casati Stampa ed alcuni terreni contigui. La proprietà gli è venduta da Annamaria Casati Stampa di Soncino, ereditiera della nota famiglia nobiliare lombarda, rimasta orfana minorenne nel 1970, di cui l’avvocato Previti è ancora tutore legale.
Nel 1974 viene costituita l’Immobiliare San Martino, a Roma, amministrata da Marcello Dell’Utri (amico di Berlusconi fin dagli anni universitari con Fedele Confalonieri), con il finanziamento di due fiduciarie della Banca Nazionale del Lavoro (BNL), la Servizio Italia Fiduciaria Spa e la Società Azionaria Fiduciaria.
Nel 1977, a coronamento di questa ampia e riuscita attività edilizia, Silvio Berlusconi viene nominato cavaliere del lavoro dal presidente della Repubblica Giovanni Leone.
Nel gennaio 1978 viene liquidata la Edilnord per dare vita alla Milano 2 Spa, costituita a Segrate dalla fusione con l’Immobiliare San Martino Spa.
Televisioni

apre la strada all’esercizio dell’editoria televisiva anche ad emittenti locali, fino ad allora appannaggio soltanto dello Dopo l’esperienza in campo edilizio Berlusconi allarga il proprio raggio d’affari anche al settore della comunicazione e dei media. Nel 1976, infatti, la sentenza n.202 della Corte costituzionaleStato.Nel 1978 rileva dal fondatore Giacomo Properzj, Telemilano, una televisione via cavo, operante dall’autunno del 1974 nella zona residenziale di Milano 2. A tale società due anni dopo viene dato il nome di Canale 5, ed assume la forma di rete televisiva a livello nazionale, comprendente più emittenti.
Il canale nel 1981 trasmette il Mundialito, un torneo di calcio fra nazionali sudamericane ed europee, compresa quella italiana. Per tale evento, nonostante gli iniziali pareri sfavorevoli da parte di ministri del governo Forlani, ottiene dalla RAI l’uso del satellite e la diretta per la trasmissione in Lombardia, mentre nel resto d’Italia l’evento viene trasmesso in differita.
A partire dal 1981, Berlusconi inizia ad utilizzare la propria rete di emittenti locali come se fosse un’unica emittente nazionale: registrando con un giorno d’anticipo tutti i programmi e le pubblicità e trasmettendo il tutto il giorno seguente in contemporanea in tutta Italia.
Nel 1982 il gruppo si allarga con l’acquisto di Italia 1 dall’editore Edilio Rusconi e di Rete 4 nel 1984 dal gruppo editoriale Mondadori (all’epoca controllato dall’editore Mario Formenton).
Il gruppo Fininvest riesce perciò a spezzare l’allora monopolio televisivo RAI. Nel 1990 la Legge Mammì permette a Berlusconi la diffusione a livello nazionale di programmi radiotelevisivi privati.
Negli anni seguenti il gruppo si diffonde in Europa: in Francia fonda La Cinq (1986) (la cui chiusura nel 1992 fu molto controversa; in seguito Berlusconi viene limitato ad una partecipazione in TF1,) in Germania Tele 5 (si legge Telefünf, nel 1987, chiuderà nel 1992), in Spagna Telecinco (1990, ancora oggi attiva).
Editoria e media
Nel campo editoriale diventa, ed è, il principale editore italiano nel settore libri e periodici, in quanto azionista di maggioranza di Mondadori (in cui è confluita negli anni novanta la Silvio Berlusconi Editore, fondata dal magnate milanese negli anni ’80 e attiva nella stampa periodica, e che comprò Tv Sorrisi e Canzoni) ed Einaudi (comprata dalla prima), e di alcune rilevanti case minori (Elemond, Sperling & Kupfer, Grijalbo, Le Monnier, Pianeta scuola, Edizioni Frassinelli, Electa Napoli, Riccardo Ricciardi editore, editrice Poseidona).
Nel campo della distribuzione audiovisiva, Berlusconi è stato socio dal 1994 al 2002 attraverso Fininvest, di Blockbuster Italia. Controlla inoltre il gruppo Medusa Cinema.
Commercio e assicurazioni

Berlusconi effettua anche investimenti nel settore delle grandi distribuzioni, acquisendo il gruppo Standa dalla Montedison e i Supermercati Brianzoli.
Negli anni tra il ’97 e il ’98 scorpora e vende, Euromercato al gruppo Carrefour-GS, la parte “non alimentare” al gruppo Coin e la parte “alimentare” a Gianfelice Franchini, ex proprietario dei Supermercati Brianzoli. A tal proposito Berlusconi dichiarerà in seguito di esser stato costretto a vendere la Standa a seguito della sua entrata in politica, affermando che i Comuni gestiti da giunte di centrosinistra non gli concedevano le necessarie autorizzazioni per aprire nuovi punti vendita. Secondo i critici di Berlusconi l’acquisizione e la successiva vendita della Standa sarebbe stata determinata dalla volontà di creare una liquidità per il gruppo Fininvest nel periodo difficile per il suo gruppo (1990-1994) in cui egli stesso aveva asserito di essere esposto con le banche per oltre novemila miliardi (di lire) di debiti.
Il Gruppo Fininvest, con le società Mediolanum e Programma Italia, ha una forte presenza anche nel settore delle assicurazioni e della vendita di prodotti finanziari.

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Apr 10, 2008 - Politica    Commenti disabilitati su Telefono Antiplagio anticipa il risultato delle elezioni del 13 e 14 aprile

Telefono Antiplagio anticipa il risultato delle elezioni del 13 e 14 aprile

telefo8.jpgTelefono Antiplagio, comitato di volontariato che dal 1994 denuncia le truffe dei ciarlatani e dei santoni e gli abusi nelle telecomunicazioni, ha effettuato un sondaggio ed un calcolo aritmetico sulla legge elettorale in vigore e sulle elezioni del 13 e 14 aprile che permette di stabilire in anticipo, sia per la Camera che per il Senato, le percentuali che andranno ai primi cinque candidati leader – in ordine alfabetico Berlusconi, Bertinotti, Casini, Santanche’, Veltroni – e i seggi delle coalizioni, compresi quelli degli italiani all’estero e anche se la percentuale di astenuti, schede bianche e nulle dovesse risultare alta.

Tale esperimento sotto forma di sondaggio, che fa il paio con l’idea di Beppe Grillo di anticipare i nomi degli eletti, non puo’ essere divulgato nei 15 giorni antecedenti il voto. In ogni caso e’ stato registrato e sara’ pubblicato il 15/4/08 con data autenticata, a dimostrazione che l’attuale legge elettorale e’ tutt’altro che democratica e che la riammissione della Democrazia Cristiana di Giuseppe Pizza sara’ ininfluente.
Telefono Antiplagio
comunque puo’ anticipare che alle prossime elezioni non sono da escludere sorprese.


Ufficio stampa Telefono Antiplagio

www.antiplagio.org

Apr 7, 2008 - Politica    1 Comment

Matteo Colaninno capolista PD in Lombardia

TelecozzPRODI-Telecozz
Vi siete chiesti come sia possibile che capolista del PD in Lombardia sia Matteo Colaninno?
Non vi sorge un dubbio di connessioni tra l’allora presidente dell’IRI Romano Prodi (è stato nel 1978 ministro dell’Industria e, dal 1982 al 1989, presidente dell’IRI) e il padre del neo eletto? (perchè non potrà che esserlo stando in cima alla lista).

Cosa vi credete che possa fare il figlio di un Finanziere-Capitalista fortemente impegnato in Confindustria?
Gli interessi dei Lavoratori??

Tratto da: Wikipedia

Formalmente nasce nel 1994, con un atto del 30 giugno del Consiglio di Amministrazione dell’IRI che approva il “Piano di riassetto delle telecomunicazioni” nel quadro delle disposizioni contenute nella legge del 29 gennaio 1992.

Il riassetto e la fusione STET – Telecom Italia

Il riassetto prevede la fusione di cinque società del gruppo IRI-STET operanti nel settore telefonico: SIP, Iritel, Italcable, Telespazio e SIRM. Diversa sorte per Sirti (sempre gruppo STET) acquisita solo nel 1997. Dalla fusione nasce Telecom Italia.
Nel 1995, con una scissione parziale dalla casa madre, nasce Tim (Telecom Italia mobile) il cui capitale è controllato per il 63,01% da Telecom.
Per massimizzare l’incasso dalla prevista privatizzazione viene deciso nel 1997 di portare avanti il piano cosiddetto della SuperSip, ovvero la concentrazione di tutte le attività operative nella società da mettere in vendita. La Finanziaria STET e Telecom Italia vengono fuse: la nuova società prenderà il nome di Telecom Italia.
Contestualmente Seat (l’editore delle Pagine Gialle) viene scissa da Telecom Italia e nel 1996 viene portata a termine la privatizzazione a favore di Ottobi, cordata formata da De Agostini (maggior azionista), Telecom Italia (20%), Comit e Investitori Associati.

La privatizzazione

Sotto la presidenza di Guido Rossi, il 20 ottobre 1997 viene attuata dal governo la privatizzazione della società: dalla vendita del 35,26% del capitale si ricavano circa 26.000 miliardi di lire. La privatizzazione, che comporta la quasi totale uscita del Tesoro, viene realizzata con la modalità del cosiddetto nocciolo duro: si vende cercando di creare un gruppo di azionisti che siano in grado di farsi carico della gestione della società. A causa della scarsa risposta degli investitori italiani il nocciolo duro è in realtà un nocciolino duro: il gruppo con capofila gli Agnelli riunisce solo il 6,62% delle azioni e si rivela molto fragile.

L’OPA di Olivetti e la fusione Olivetti – Tecnost

A partire dal febbraio 1999 la Olivetti attraverso la Tecnost di Roberto Colaninno, già nel settore delle telecomunicazioni con Omnitel e Infostrada (queste ultime due cedute in seguito alla Mannesmann), lanciarono una offerta pubblica d’acquisto e scambio riuscendo ad ottenere nel giugno dello stesso anno, il controllo della società, con una quota del 51,02%.

Segue ….


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