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Apr 22, 2011 - Economia, Truffe    Commenti disabilitati su Ancora su Equitalia

Ancora su Equitalia

Beh, se sei onesto

… ci pensa lo Stato a

COSTRINGERTI modificare questo LURIDO VIZIO!

… già, tra studi di settore e contributi minimi…
… Ogni commento è superfluo.

Fonte: YouTube
Mar 9, 2011 - Economia, Politica, Truffe    1 Comment

Equitalia = ABUSO DI POTERE 2

equitalia

Nuovo stop alla notifica eseguita direttamente

 

La notifica della cartella eseguita direttamente da Equitalia, senza l’intermediazione di un ufficiale della riscossione, è inesistente. La Ctp di Lecce, con la sentenza n. 533/05/10, torna a mettere in gioco la questione dopo che la Cassazione sembrava aver scritto la parola fine alla querelle. La pronuncia n. 15948/2010 della Suprema corte aveva precisato la ritualità della notifica diretta da parte dell’agente della riscossione. In breve, la decisione dei giudici salentini ribadisce l’assunto che la notifica dei ruoli effettuata direttamente da Equitalia sia eseguita in violazione delle indicazioni fornite dall’articolo 26 del Dpr n. 602/73 e dall’articolo 60 del Dpr n. 600/73 e, perciò, inesistente. L’articolo 26, comma 1, in particolare, stabilisce che la notifica della cartella di pagamento deve essere tassativamente effettuata soltanto dai seguenti soggetti: ufficiali della riscossione; soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge, in base a un documento ufficiale, precedente alle notifiche con data certa; messi comunali – previa convenzione tra comune e concessionario – anche in questo caso in base a un documento ufficiale precedente alle notifiche con data certa; agenti di polizia municipale.

Lo stesso articolo 26 autorizzerebbe anche il ricorso al servizio postale. La questione controversa è se tale ausilio possa essere utilizzato direttamente dal concessionario o se debba necessariamente servirsi del l’intermediazione di un ufficiale della riscossione. A maggio scorso, la problematica, infatti, era stata affrontata dalla Suprema corte con una pronuncia, che aveva espressamente escluso, nel caso di specie, l’ipotesi dell’inesistenza della notifica, fattispecie che si realizzerebbe solo quando questa mancherebbe del tutto o, in alternativa, se la stessa fosse eseguita esulando completamente dallo schema legale del procedimento notificatorio. Ma, secondo la Ctp Lecce, è stato di fatto ignorato l’evoluzione legislativa subita dall’articolo 26 del Dpr n. 602/73. Il testo della norma legittimava il concessionario a ricorre alla notifica diretta, almeno fino a quando la sua stesura non è stata radicalmente modificata dall’articolo 12 del Dlgs n. 46/99. Per effetto di tale ultima modifica, il testo della norma è stato emendato proprio della locuzione che autorizzava espressamente il concessionario a notificare i ruoli mediante il servizio postale, senza l’intermediazione di un ufficiale.

Che la volontà del legislatore fosse di sottrarre questa prerogativa al concessionario, è evidenziato dal fatto che l’articolo 26, nella vigente disposizione, esordisce attribuendo a soggetti specifici la notifica della cartella, primi fra tutti gli ufficiali della riscossione. Per tali motivi, conclude la Ctp, non si può condividere quanto assunto dalla Cassazione, ancor di più se si tiene conto dell’espresso rinvio, operato da questa, all’articolo 137 del Codice di procedura civile, che disciplina la notifica come atto proprio dell’ufficiale giudiziario, anche quando questo ricorra al servizio postale.

Fonti: Forodinapoli.it noiconsumatori.org
Mar 9, 2011 - Economia, Politica, Truffe    2 Comments

Equitalia = ABUSO DI POTERE

equitaliaE’ bene che ne siate a conoscenza,
ed in ogni caso, anche quando l’Ipoteca sulla casa viene posta a termini di legge, esistono consulenti che sono in grado di darvi una via d’uscita:
Agenzia Debiti;
Rcquadro

Gerit Equitalia spa, Clamorosa sentenza di condanna


REPUBBLICA ITALIANA

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI ROMA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice di Pace Roma, Avv. Massimo Catarinella,ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa iscritta al n. … R.G. contenzioso dell’anno 2007

TRA

Tizio, rappresentato e difeso dall’Avv. …, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma ….. -attore-

CONTRO

Gerit Equitalia Spa, rappresentata e difesa dall’Avv …., elettivamente domiciliata in Roma -convenuta-

E CONTRO

Comune di XXXX, con l’Avv. …, elettivamente domiciliato … Roma –convenuto-

OGGETTO: Opposizione all’esecuzione in materia di ipoteca esattoriale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Sig. Tizio con atto di citazione in opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., citava in giudizio la Gerit Equitalia Spa e il Comune di XXXX per sentir dichiarare l’inefficacia di una cartella esattoriale (n.- ……) che il ricorrente asserisce non essergli mai stata notificata, così come ritiene estinta per prescrizione per mancata notifica dei verbali prodromici la sanzione irrogatagli per violazioni al CdS, sanzione per la quale la Concessionaria aveva provveduto a iscrivere presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Roma ipoteca, ai sensi dell’art. 77 DPR 602/1973. L’opponente sostiene che l’iscrizione dell’ipoteca relativamente alla sanzione amministrativa, è illegittima e che comunque l’importo del credito complessivo (l’iscrizione ipotecaria comprendeva anche tributi iscritti al ruolo con altre cartelle), è al di sotto del minimo di legge (€ 8.000,00), quale limite per la Concessionaria della Riscossione ai fini dell’iscrizione del vincolo ipotecario su beni immobili di proprietà del presunto debitore. L’opponente sarebbe venuto a conoscenza della suddetta ipoteca sui beni di sua proprietà in occasione di un’operazione di mutuo intrattenuta presso il proprio Istituto di Credito. L’opponente chiede, previa sospensiva, nel merito dichiararsi la nullità o l’inefficacia della cartella stessa e la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria. Si sono costituiti sia il Comune di XXXX che la Gerit Equitalia Spa. Il Comune di XXXX eccepisce l’incompetenza del GdP essendo la materia dell’esecuzione forzata immobiliare di competenza del Tribunale. In via subordinata, il Comune di XXXX eccepisce la ritualità della notifica della cartella e dei verbali iscritti al ruolo. La Gerit Equitalia Spa, in via pregiudiziale, eccepisce anche essa l’incompetenza per materia del Giudice adito, trattandosi di esecuzione immobiliare, la cui competenza è riservata al Tribunale e non al Giudice di Pace. Per quanto riguarda la notificazione della cartella impugnata, la Gerit fornisce la prova della sua rituale notificazione. Infine la Gerit eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva circa l’eccezione di prescrizione sollevata dal Tizio in quanto la titolarità del rapporto sostanziale di credito farebbe sempre capo all’Ente che ha disposto l’iscrizione al ruolo, con la conseguenza che la legittimazione passiva nelle controversie che abbiano ad oggetto l’accertamento negativo dell’esistenza e validità della pretesa creditoria apparterebbe esclusivamente all’Ente impositore. In sede di prima udienza le parti precisavano le proprie conclusioni e all’udienza di rinvio del 25/10/2007, depositate le note conclusive finali autorizzate dal Giudice, il fascicolo, su concorde richiesta delle parti, veniva trattenuto per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Come statuito dalla recente sentenza della Cassazione n.2214 del 01/02/2007, in tema di sanzioni amministrative, non è autonomamente impugnabile con l’opposizione ad ordinanza ingiunzione il provvedimento con il quale l’amministrazione finanziaria iscriva ipoteca su un immobile di proprietà dell’ingiunto, “a meno che il ricorrente, formalmente impugnando l’avviso di iscrizione ipotecaria, intenda in realtà recuperare l’esercizio del mezzo di tutela offerto dall’art. 23 della legge n. 689 del 1981, vanificato dalla omissione delle notifiche del verbale di accertamento della ordinanza ingiunzione , ove emessa, della cartella esattoriale. e dell’avviso di mora”. Nel caso di specie, il Sig. Tizio ha impugnato sia la c. e. che l’iscrizione ipotecaria conseguente, effettuata dalla Gerit quale Concessionaria della Riscossione, sui beni immobili del (presunto) debitore. Ora, poiché la questione dibattuta è appunto la tutela offerta dall’art. 23 della legge 689/81, non vi è dubbio che in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. la competenza a giudicare sia quella appunto prevista per le opposizioni alle sanzioni amministrative, per le quali la cognizione della causa è riservata funzionalmente in via esclusiva al GdP e non al Tribunale, in astratto competente per le esecuzioni immobiliari. Questo Giudice osserva ulteriormente che, dalle considerazioni che precedono, discende un corollario di carattere assolutamente assorbente anche sulla questione se in via generale il Concessionario abbia o meno il potere di iscrivere fermi ed ipoteche per sanzioni relative a violazioni amministrative in generale. Il fermo e l’ipoteca hanno la loro normativa genetica nel D.P.R. 602/1973 (esattamente art. 77 per l’ipoteca e art. 86 per il fermo amministrativo nel testo novellato dall’art. 16 del DLGS 26/02/1996 n. 46 e 26/02/2001 n. 46). Dunque, fermo ed ipoteca sono previsti come mezzi speciali di esecuzione forzata ad iniziativa dell’ Esattore (o Agente della Riscossione o Concessionario che dir si voglia) solo ed esclusivamente per l’imposte sui redditi e per gli altri tributi, tasse od imposte, dovuti allo Stato o agli altri Enti Pubblici. Nessuna norma è reperibile nel nostro ordinamento che autorizzi il Concessionario a disporre il fermo amministrativo degli autoveicoli, e l’ipoteca sugli immobili, di proprietà del debitore, per le sanzioni amministrative. Non certamente l’art. 27 della l. 689/81, secondo cui “l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione, procede alla riscossione delle somme dovute in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette…”. Questo, non tanto a seguito delle varie e profonde riforme che hanno interessato tutto il sistema tributario vigente all’epoca dell’emanazione della legge 689/81, per cui questa norma oggi non è più applicabile nella sua formulazione letterale, quanto perché secondo questo Giudice l’ articolo n. 27 della Legge 689/81 indicava solo le “forme” in cui l’Ente Pubblico creditore può procedere alla riscossione delle sanzioni amministrative, ma non anche i “mezzi” specifici di riscossione coattiva cui l’esattore può ricorrere per ottenere l’assolvimento dell’obbligazione sanzionatoria vera e propria, per infrazioni comportanti sanzioni amministrative consistenti nel pagamento di una somma di danaro a carico del contravventore o dell’obbligato in solido. Concludendo, il campo di applicazione di questi speciali provvedimenti è dunque strettamente limitato ai carichi tributari, nulla del genere essendo previsto per le sanzioni amministrative vere e proprie, in particolare per quelle relative alle violazioni del Codice della Strada. Ne deriva che l’assenza di una norma rende illegittimo di per sé il provvedimento di iscrizione ipotecaria per le sanzioni amministrative. Circa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Gerit Equitalia, và osservato che, pur essendo risultata la cartella esattoriale ritualmente notificata al contribuente secondo le prove portate in atti dalla stessa Gerit Equitalia, tuttavia manca la prova della rituale notificazione dei verbali prodromici. Il Sig. Tizio aveva infatti eccepito anche la mancata notificazione dei verbali di accertamento, e quindi la prescrizione delle singole sanzioni iscritte al ruolo. Ora, il Comune di XXXX non ha fornito la prova documentale del contrario, assolutamente essenziale, in assenza della quale si deve ritenere che o detti verbali siano addirittura inesistenti oppure che non siano stati affatto notificati. Ne consegue ulteriormente la nullità della cartelle impugnata, per la quale, pur essendo stata dimostrata la sua notificazione, manca tuttavia la prova dell’avvenuta, tempestiva, quindi rituale, notificazione dei verbali prodromici di riferimento.

Per completezza di motivazione, il Giudicante osserva che nella fattispecie manca la prova della notificazione dell’avviso di iscrizione ipotecaria, formalità essenziale per procedere alla successiva formalità, onde un ulteriore motivo di nullità dell’iscrizione pregiudizievole, e comunque che l’importo in esazione, compresi i tributi di cui alle altre cartelle non impugnate, è certamente inferiore al minimo di legge (€ 8000,00) per procedere all’iscrizione di ipoteca su i beni immobili del presunto debitore. Concludendo, l’iscrizione ipotecaria effettuata dalla Gerit Equitalia Spa a carico del Sig. Tizio va annullata e la convenuta Gerit Italia Spa deve provvedere alla cancellazione del vincolo pregiudizievole dai Registri Immobiliari, la presente sentenza costituendo anche l’ ordine al Conservatore dei suddetti Registri Immobiliari di provvedere alla richiesta formalità. Per quanto concerne poi la c.e. impugnata (n. ….), anche questa và annullata posto che il Comune di XXXX, cui indubbiamente incombeva l’onere della prova sul punto, ha omesso di produrre i verbali prodromici iscritti a ruolo e la certificazione della loro tempestiva e rituale notificazione all’opponente. Nulla si deve decidere in relazione alle cartelle non impugnate, portanti apparentemente iscrizione a ruolo di tributi asseritamente non versati all’Erario.

Le spese legali seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

Il GdP ritenuta la propria competenza a giudicare sulla proposta opposizione, definitivamente pronunciando, così provvede: a) annulla l’impugnata c.e. n. …..; b) annulla l’iscrizione ipotecaria impugnata dall’opponente Sig. Tizio, con ordine al Competente Conservatore dei Registri Immobiliari di provvedere alla cancellazione della formalità pregiudizievole a cura e spese di Gerit Equitalia Spa; c) condanna il Comune di XXXX e Gerit Equitalia, in solido fra loro, alla rifusione delle spese di lite a favore del Sig. Tizio, spese che vengono liquidate in complessivi € 750,00, di cui € 50,00 per spese, 300,00 per diritti procuratori, € 400,00 per onorari di avvocato, più iva e cap e addizionale al 12,5% a norma di legge .

Così deciso in Roma il 08.11.2007

Il GdP

Avv. Massimo Catarinella

Fonte: noiconsumatori.org
Ago 14, 2010 - Economia    2 Comments

PIIGS? Sempre più vicini alla PESIFICAZIONE.

Mario I. BlejerSiete pronti a non poter ritirare i vostri risparmi dalle banche?
Siete pronti a servire i debiti in Euro, ma percepire salari in Pesos?

Dall’Argentina lo scenario-avvertimento per i potenziali disertori Euro: quelli già noti come PIIGS.

Le tensioni tra il nord della zona euro e il sud, e il complesso e politicamente costoso trasferimenti di denaro necessarie per smorzare la crisi dell’euro, hanno spinto molte persone a pensare l’impensabile: il salvataggio della moneta comune europea possa esigere che alcuni paesi vi rinuncino.
In effetti, ultimamente
si sono infittite le ipotesi di uscita dall’euro, in particolare dei paesi della zona euro del sud (avrete già sentito parlare del “Club Med”, ma non quello delle vacanze n.d.r.) che hanno disperatamente bisogno di recuperare competitività. Ma ragionando su cosa potrebbe accadere a chi esce dall’euro, in pratica, dovrebbe smettere di parlarne con distacco.

L’adozione di una valuta forte (come l’ “eurizzazione”) non è né difficile né particolarmente insolita. L’introduzione di una nuova, più debole moneta nazionale che sostituisca quella più forte in tempi di crisi finanziaria è una questione completamente diversa, di cui la maggior parte degli economisti sa quasi nulla.

Il più vicino esperimento in questo senso probabilmente è uscita l’Argentina nel 2002 dal suo tasso di cambio dollaro-PEG (incarnata nella sua currency board) per un regime di fluttuazione che ha svalutato il peso del 300% nei primi tre mesi.

Nonostante le ovvie differenze tra Argentina e le economie del sud della zona euro, le montagne russe della moneta argentina prevede lezioni deludenti per i politici europei che dovrebbero riflettere (ma non lo fanno perchè sono fantocci della BCE n.d.r.).

Gli stati europei vogliono tornare alla propria versione di un flessibile “peso”? Come minimo, i responsabili politici europei dovranno essere disposti a:
(a) “pesificare” i contratti;
(b) imporre pesanti operazioni bancarie commerciali;
(c) la ristrutturazione dei debiti;
(d) introdurre capitali e controlli sui cambi.

Considerare ogni sfaccettatura più da vicino. In primo luogo, una nuova moneta ha bisogno di creare la propria domanda come mezzo di tempo per effettuare transazioni commerciali spostando l’euro come unica moneta a corso legale e unità di conto.

Questo, a sua volta, richiede la ridenominazione forzata di prezzi, salari e contratti finanziari, che può creare gravi perturbazioni, a causa di pesanti e asimmetrico effetti di bilancio, nonché un massiccio impatto redistributivo. In Argentina la ” pesificazione” di depositi e prestiti bancari ha beneficiato debitori a spese dei depositanti, che incitano sconvolgimento pubblico.

In secondo luogo, qualsiasi paese della zona euro dovrebbe chiudere l’euro, l’anticipazione di pesificazione forzata rischia di innescare un panico bancario, come avviene quando i depositanti passano rapidamente i loro portafogli in valuta estera, al fine di spostarli fuori dal sistema e, probabilmente all’estero.

In realtà, in Argentina, la gente ha cominciato a ritirare i loro depositi quasi un anno prima l’uscita dal regime di currency board, alimentando la fuga di capitali e di alimentazione indietro nel pressioni del mercato di abbandonare il peg con il dollaro – una dinamica che potrebbe essere ancora più veloce e furiosa integrata finanziariamente in economie europee.

In tali circostanze, il blocco selettivo dei depositi sembra essere l’unica possibilità per evitare la bancarotta del settore bancario (si, avete capito bene, VOI LA POTETE PRENDERE NEL CULO, SONO LE BANCHE CHE NON POSSONO FALLIRE!! e non vi permettono di ritirare i VOSTRI soldi, non si parla di stretta al credito, ma di non poter disporre dei propri soldi!! n.d.r.). Qui, l’Argentina offre sia un buono che un cattivo esempio. Quando tutti i ritiri di depositi sono stati chiusi nel novembre 2001, la crisi di liquidità conseguente provocò un approfondimento della recessione e, infine, fece cadere il governo. Per contro, la ristrutturazione di depositi a termine nel gennaio 2002 attenuò la corsa agli sportelli e tenne in vita il sistema dei pagamenti, consentendo nel contempo i cosiddetti “depositi a vista” – che possono essere revocati immediatamente senza penale – per aiutare a costruire la domanda di pesos.

In terzo luogo, mentre la pesificazione elimina le perdite di bilancio interno-estero in valuta estera, il debito verso l’estero e gli obblighi contrattuali non possono essere ridenominato unilateralmente. Così, l’uscita dal dollaro piolo richiede una ristrutturazione del debito estero, sia sovrano che privato.

Infatti, di default sovrano dell’Argentina accadde quasi in contemporanea con la scomparsa del currency board, ma le rinegoziazioni private furono una faccenda lunga.

Alla fine, gran parte delle aziende evitarono il fallimento, soprattutto per il quarto ingrediente Argentino: controlli di capitale a condizione che fossero protetti dall’ombrello giuridico di stop esterno a “servire” il debito aziendale.

Naturalmente, i controlli sono un ingrediente inevitabile nel mix di uscita. L’adozione di una moneta più debole si basa sulla necessità di recuperare competitività e migliorare i conti con l’estero.

Ma, nel breve periodo, viste le enormi incertezze coinvolte in un passaggio di regime, e la perdita di accesso ai mercati dei capitali che segue una rinegoziazione del debito, in valuta estera diventa scarso, e richiede tutta una serie di restrizioni tradizionali – alcune più distorsive di altre – su movimenti di capitali.

Anche in Europa, il controllo dei capitali sarebbe l’unico modo per evitare la delocalizzazione di insediamenti finanziari off dopo la conversione di valuta e il congelamento dei depositi bancari. In ogni caso, l’esperienza indica che uscire dall’euro, preservando la libertà dei movimenti di capitale è poco più che una fantasia.

Alcuni osservatori suggeriscono, sulla base di precedenti dell’Argentina, che i paesi dovrebbero introdurre propria valuta più debole a denominare i salari ei prezzi selezionati senza lasciare l’euro. Crediamo che questa analogia sia un fraintendimento. Mentre l’Argentina ne ha fatto una questione di quasi-denaro nel 2001, prima di abbandonare il currency board, questo denaro è stato concepito per soddisfare le esigenze di bilancio ed è rimasto stabile nei confronti del dollaro. In effetti, è difficile immaginare come questo schema a doppia valuta avrebbe potuto evitare le conseguenze della conversione in una moneta più debole se il quasi-denaro si era deprezzato, com’era nelle intenzioni dei promotori dell’idea.

L’Argentina uscita dal suo cambio fisso col dollaro attraversò un’esperienza traumatica, concentrando le violazioni contrattuali, la redistribuzione della ricchezza, le impostazioni predefinite, corse agli sportelli, le restrizioni di cambio, e forti limitazioni ai movimenti di capitale in un breve periodo di tempo. In questa maniera, sarebbe più semplice introdurre una “nuova Dracma”, per esempio, in Grecia.

Perché il currency board argentino non ha mai eliminato il peso come il principale mezzo di operazioni, la base per lo sviluppo della domanda.

Gli eventuali disertori Euro, al contrario, avrebbero bisogno di promuovere la domanda di nuova moneta da zero – un processo molto più duro e cattivo.

Nella foto: I. Mario Blejer è un ex governatore della Banca Centrale Argentina.
Eduardo Yeyati Levy è professore di Economia, Università Torcuato Di Tella, Buenos Aires, e un ex economista capo della Banca Centrale Argentina.
Copyright: Project Syndicate,
2010.


Avevo trovato, qualche tempo fa, in tempi meno “caldi” un blog intelligente quanto PREMONITORE:

5 Euro CrackIn principio Fu la Grecia. Poi vennero a ruota Portogallo e Spagna, poi fu la volta dell’Irlanda e infine venne giù anche l’Italia.

Speriamo di non dover mai scrivere in futuro frasi come quella iniziale: è necessario vederci chiaro e azzardare qualche previsione e qualche osservazione, perchè il rischio di collasso non è limitato ad una sola nazione, ma all’intero sistema dell’Euro.

Non a caso i leaders europei sono riuniti oggi a Bruxelles in un summit che punta sopratutto a sostenere le grandi difficoltà economiche del paese ellenico: verrà probabilmente approvato un pacchetto di aiuti ad Atene, i soldi dovrebbero arrivare dal FMI (Fondo Monetario Internazionale).

I leaders si stanno però interrogando anche su come questa spirale si possa arrestare: la Grecia è la prima vittima di un sistema speculativo che gioca proprio sulla bassa coesione dei paesi dell’area Euro.

La caduta della Grecia potrebbe far scattare un meccanismo a catena, un disastroso effetto domino che trascinerebbe alla bancarotta altri paesi Europei. Diamo una sbirciatina partendo proprio da Atene.

 

Crack Grecia

E’ la nazione più indebitata d’Europa, il suo debito ammonta già al 100% del Prodotto interno lordo (non dovrebbe superare il 60% secondo le regole dell’Eurozona) e continua a crescere.

Il nodo è: come rifinanzierà questo debito? Occorrono 40 miliardi di euro per ripianare i bond emessi, il governo greco ha dichiarato che avrà bisogno di rifinanziare almeno il 10% del suo debito pubblico nel 2010, forse in Aprile e Maggio.

Le agenzie di Rating sono piuttosto scettiche su questa possibilità: quanti compratori potranno trovare appetibili i nuovi bond Greci dopo i ‘bagni’ presi da Argentina e da altre bancarotte?

Il Governo greco sembra oltremodo ottimista sulle sue possibilità di recupero, essenzialmente affidate a restrittive misure di austerità economica e di lotta all’evasione fiscale. In realtà si tratta di un paese in cui regna sovrana la corruzione, e non basteranno queste chiacchiere per ottenere fiducia dall’Europa.

Aspettiamo e vedremo.


Beh, per adesso abbiamo VISTO la Grecia, e sappiamo com’è andata …..
… sotto a chi tocca.
Ago 3, 2010 - Economia    Commenti disabilitati su Class Action, ancora troppo ostacolata in Italia.

Class Action, ancora troppo ostacolata in Italia.

consumatori.jpgLa Class Action, (l’Azione collettiva, per noi Italianiè un’azione legale condotta da uno o più soggetti che, membri della classe, chiedono che la soluzione di una questione comune di fatto o di diritto avvenga con effetti super partes per tutti i componenti presenti e futuri della classe. Gli altri soggetti della medesima possono chiedere di non avvantaggiarsi dell’azione altrui (esperendone una propria) esercitando l’opt-out right, oppure possono rimanere inerti avvantaggiandosi dell’attività processuale altrui che avviene sulla base del modello rappresentativo. Con l’azione collettiva si possono anche esercitare pretese risarcitorie, ad esempio nei casi di illecito plurioffensivo, ma lo strumento oltre alle funzioni di deterrenza realizza anche vantaggi di economia processuale e di riduzione della spesa pubblica.

L’azione collettiva è il modo migliore con cui i cittadini possono essere tutelati e risarciti dai torti delle aziende e delle multinazionali, in quanto la relativa sentenza favorevole avrà poi effetto o potrà essere fatta valere da tutti i soggetti che si trovino nell’identica situazione dell’attore.

Vi segnalo un sito interessante: communityclassaction.it che ha portato alla luce Class Action Community per offrire uno strumento democratico e trasparente a consumatori e Studi Legali o Associazioni di Consumatori, per offrire una serie di servizi informatici e di assistenza che pensiamo possano essere utili per sfruttare al meglio il potenziale della nuova legge sulle Azioni Collettive.

Nella speranza che la Nuova Legge, diventi tale effetivamente.

Fonte: communityclassaction.it

Lug 26, 2010 - Economia    1 Comment

FIOM CGIL – La morte del Sindacato

fiom-cgil.jpgUn articolo degno di Laurea ad Honorem in Nuova Politica Aziendale e Protezione dei Lavoratori.

Seguo da anni Uriel, ed apprezzo parecchie delle sue idee e COME le sviluppa.

Le sue origini evidenziano un passato di Sinistra (quella vera, però, mica quella di oggi) e dalla sua posizione MOLTO critica ne traspare un’Incazzatura Violenta, proprio nei confronti di quelli in cui ha creduto e VOTATO per anni. Un pò come succede a chi, come me, ha credito e VOTATO per anni a destra ed ora ne è VIOLENTEMENTE SCHIFATO.

Faccio un copia/incolla, non me ne vorrà, credo, in quanto citato e linkato.

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E’ molto interessante notare la strategia scelta da Marchionne, cioe’ l’allargamento della scala del conflitto. La strategia si compone di due fasi.

Innanzitutto, l’investimento a Pomegliano e’ stato parcellizzato in tantissime piccole spese. Questo, unito al fatto che FIAT discutera’ solo coi sindacati che hanno firmato, fa capire chiaramente che cosa succedera’: i lavoratori fiom rimarranno a fare quel che stanno facendo, poco e male, mentre gli altri finiranno sulle nuove produzioni. Tra qualche mese/anni, le vecchie produzioni chiuderanno, e avremo qualche migliaio di licenziamenti.

FIOM ha creduto, nella miserabile stupidita’ che e’ tipica del sindacalista, di poter allargare lo scontro minacciando agitazioni in altri stabilimenti, e la risposta di FIAT e’ stata di annunciare delocalizzazioni sugli altri esperimenti. Questo mostra semplicemente una cosa, ovvero il fatto che le strategie dei sindacalisti siano terribilmente obsolete.

Un tempo, la PMI poteva spostarsi soltanto in italia. la minaccia “chiudo qui e riapro a Venezia” veniva rintuzzata da CGIL dicendo ” ehi, ma io sono anche a Venezia”. Il sindacato, cioe’ , usava la propria struttura estesa per chiudere in un angolo le aziende.

Adesso, ci si scontra col fatto che la struttura della FIAT sia ancora piu’ estesa di quella del sindacato, e ovviamente adesso chi ha vantaggio in un fronte piu’ ampio sia FIAT. Risultato: fiom non sa cosa fare.

Qualsiasi stabilimento italiano nel quale minacci “ingovernabilita’” e’ automaticamente condannato a morte. Il risultato e’ che anche i lavoratori di quegli stabilimenti dovranno pensarci prima , perche’ se seguono i fondamentalisti di FIOM il risultato sara’ la fine.

Faccio presente ancora che FIAT non sta chiedendo di ridurre i salari, ma semplicemente di garantire che le macchine che vende siano fabbricate. Ma a quanto pare, per FIOM chiedere questo e’ troppo: intanto paghi lo stipendio, poi, forse, ti costruiremo le macchine che ti servono. Se ci va. Questo e’ il dicorso di FIOM.

Molti stanno cercando di tirare in ballo il governo, e l’unico ad avere abboccato e’ (e forse questa e’ strategia) Calderoli. Il quale, pur non essendo deputato a farlo, ha gia’ mostrato l’ostilita’ che il mondo degli imprenditori leghisti hanno per FIAT, dicendo semplicemente che dopo aver avuto degli incentivi , dovessero andarsene pagherebbero il conto. Il che, sia chiaro, non aumentera’ la voglia di FIAT a rimanere, e chiude per il governo la possibilita’ di intervenire.

Il governo probabilmente vuole veder sparire FIOM, visto che si tratta dell’ultimo grumo organizzato del vecchio PCI, quindi lasciera’ che la battaglia la conduca Marchionne. Il quale e’ sin troppo disposto a menare le mani, e quindi procedera’ come suo solito, cioe’ come un bulldozer.

Il problema , molto semplicemente, e’ che FIAT e’ estenuata, in italia, da una vera e propria mafia che impone dipendenti fancazzisti, comportamenti illeciti quando non illegali, abbassa appositamente la produttivita’ per poi discutere il suo ritorno a livelli appena sufficienti all’azienda.

Non ci vuole molto a capire che fiat fara’ di tutto per eliminarla.

Si stanno versando fiumi di inchiostro sul fenomeno della delocalizzazione e delle multinazionali, ma nessuno si chiede una cosa: perche’ i sindacati non sono multinazionali?

Perche’ un sindacato di solito considerato un mastino, come quello americano che era interno a Crysler, dice di si’ e FIOM dice di no, mentre fiat e’ sempre la stessa a Pomegliano e altrove? Perche’ i sindacati di Belgrado dicono di si’ mentre quelli italiani dicono di no? Perche’ una simile mancanza di unita’, di strategia, di visione internazionale?

Storicamente, i sindacati hanno avuto piu’ di una opportunita’ di essere strutture multinazionali, sovranazionali ed internazionali. Sin dagli albori i partiti socialisti e comunisti hanno avuto organizzazioni come l’Internazionale, e da sempre ci sono (in teoria) delle organizzazioni internazionali di sindacati.

Queste organizzazioni hanno iniziato a fare riunioni internazionali ben da prima che spuntassero fuori i primi segni della globalizzazione. Le multinazionali, almeno in Europa, sono una cosa recente, e comunque meno recente dei sindacati stessi.

Com’e’ possibile che le multinazionali non trovino nessuna organizzazione sindacale che sia multinazionale a sua volta?

La risposta e’ banale: se i sindacalisti fossero intelligenti e capaci quanto i grandi manager, dirigerebbero aziende e non sindacati.

La semplice verita’ e’ che finora i sindacati sono stati degli imbecilli con la pistola. A volte astuti , mai intelligenti. Qualsiasi imbecille con la pistola puo’ dirti “fai quel che ti dico o sparo”. Finche’ la pistola e’ efficace e il nostro cretino e’ l’unico dei due ad averne una, il risultato e’ che probabilmente vincera’.

Ma se analizziamo la sua vittoria, non ci troveremo alcuna abilita’ , alcuna intelligenza, alcuna capacita’: vedremo solo un cretino che fa il bullo perche’ ha una pistola.

Adesso, supponiamo pure che dall’altra parte ci sia qualcuno di piu’ capace ed intelligente. E che questa persona riceva, nelle proprie mani, una pistola uguale a quella dei nostro cretino. A questo punto abbiamo un cretino che probabilmente si sparera’ su un piede se prova a caricare l’arma, contro un tizio che ha gia’ previsto le sue mosse prima che lui le pensi.

Come credete che finira’ lo scontro?

Sinora, il sindacalista aveva lo sciopero, e aveva una posizione di “parte sociale” sancita dalla Costituzione. Con questa pistola, spesso usata in modo stupido, e’ riuscito a fare come il nostro idiota armato di prima: puntare la pistola e dire “se non fai come ti dico allora sparo”.

E non e’ che lo sciopero non sia un’arma efficace oggi: con le esigenze di produttivita’ delle industrie, lo sciopero e’ ancora piu’ dannoso di prima. Il guaio e’ che anche l’avversario oggi ha una pistola in mano, e guarda caso la sa usare meglio.

L’arma e’ la stessa: fermo la fabbrica. Esattamente la stessa minaccia: Marchionne minaccia di fermare la fabbrica, cosi’ come lo fanno i sindacalisti quando minacciano lo sciopero.

In un caso le perdite sono tutte dalla parte di FIAT, la mancata produzione, nell’altro tutte dalla parte degli iscritti di FIOM, il mancato lavoro.

A questo punto, la cosa potrebbe risolversi se FIOM sapesse usare la pistola su uno scenario grande, come fa FIAT. Se cioe’ i sindacati fossero una struttura multinazionale come FIAT, potrebbero minacciare fiat anche in Polonia (Solidarnosch e’ ancora fortino la’) e in Serbia. Ma non possono, perche’ essendo stupidi non si sono mai preoccupati di usare le strutture internazionali che pure hanno per poter condurre uno scontro con delle industrie multinazionali.

Morale: Solidarnoch (che non e’ certo un sindacato “morbido”) accetta le condizioni di fiat. I sindacati di crysler, che non hanno la fama di essere morbidi, le accettano. Tre lavoratori su quattro , in italia, le accettano. Uno non le accetta.

Non solo fiom non e’ una struttura multinazionale, ma non e’ nemmeno nazionale. L’unica arma che avevano era di minacciare l’ingovernabilita’ su scala nazionale, alla quale ha fatto eco la decisione di spostare in serbia una fabbrica. E adesso, in che modo scaleranno?

Il governo, approvate le ultime leggi, si prepara alle ferie estive. Il parlamento sta per passare all’ordinaria amministrazione estiva. Durante l’estate, manifestazioni e scioperi sono irrilevanti perche’ le citta’ sono vuote e i servizi lavorano a personale ridotto. Che cosa rimane da fare ai sindacati? Sapete cosa faranno? Vogliamo scommettere?

Annunceranno un “autunno caldo”.

L’ “autunno caldo” , come il “pericoloso balzo in avanti” , “prendere le mosse”, “un nuovo patto sociale”, “appello alla responsabilità per aprire una fase nuova” , le “convergenze parallele” , la “pausa di riflessione”, l “autocritica severa” e’ parte di un antiquato repertorio di minchiate , che si usavano molto nel secolo scorso, e che vorrebbe dire che in autunno ci sara’ il solito stillicidio di scioperini, dove per scioperino intendo lo sciopero che sui giornali ha il 90% degli aderenti, ma del quale ci accorgiamo solo se ne parlano i giornali.

Ovviamente ci sara’ anche la solita manifestazione italiana che ha un milione di aderenti per gli organizzatori e tredici (per tacer del cane) secondo la questura. E ovviamente, non cambiera’ una cazzarola di niente.

Tutto qui?

Certo: un sindacato che non ha avuto la capacita’ di organizzarsi pur vedendo che le aziende diventavano multinazionali, per dire, non puo’ fare altro. In termini militari, sembra quasi che diventando multinazionali le aziende abbiano guadagnato quella che si chiama superiorita’ dei cieli, ai quali i sindacati non sanno opporre altro che fanteria.

Hanno avuto 200 anni per organizzarsi, e ancora sono divisi in tremila sigle , persino in Italia: nemmeno uno zoologo americano saprebbe inventare tanti acronimi quanti ne hanno inventati i sindacati per indicare entita’ la Gilda Unitaria dei Lavoratori del Pescifrutticolo Disperso Che Lavorano Dalle Dieci alle Dodici di Sabato (G.U.L.P.D.C.L.D.D.S.), e altre amenita’.

Gli inglesi chiamano “Unions” i sindacati, e suppongo si tratti di un modo per prenderli per il culo, dal momento che sono tutto tranne che uniti.

Possibile , direte voi, che nessun sindacalista sia mai arrivato a capire che se le aziende diventano multinazionali ALLORA anche i sindacati devono farlo? Come sono arrivati, direte voi, ad assistere alla globalizzazione incapaci di difendersi come se si trattasse di una novita’, quando e’ stato un processo cui hanno assistito per anni ed anni?

Le ragioni sono molteplici, e vanno ricercate a mio avviso nella miserabile umanita’ dei sindacalisti.

  • Il sindacalista e’ astuto ma non intelligente. Sa ottenere obiettivi di miserabile e piccola entita’, usando mezzi altrettanto meschini e piccoli, ma non e’ capace di pensare in termini di obiettivi generali. Non e’ abbastanza intelligente da concepire qualcosa come una strategia che vada oltre il breve termine o la piccola scala.
  • Il sindacalista e’ una accurata selezione del peggio tra i lavoratori. Un lavoratore che lavori, che sia preparato o che sia perlomeno onesto e’ l’ultima persona che ha la possibilita’ di diventare un sindacalista. Dal momento che il furbetto, il fancazzista, l’assenteista sono individui eticamente simili ai criminali, nessuna persona onesta ha la possibilita’ di conquistare la fiducia di questo sottobosco di persone.
Voi direte: ma nel mondo del lavoro ci sono anche le vittime, le persone che subiscono vessazioni e altro. I sindacati difendono anche loro. Vi sbagliate di grosso, e chiunque ci abbia avuto a che fare ve lo potra’ confermare.

Se siete delle persone oneste , vi siete guadagnati sul lavoro l’odio e la diffidenza dei fancazzisti e dei furbetti. Se il sindacalista vi aiutasse, diverrebbe sospetto per la stragrande maggioranza della sua base di tesserati: chi e’ bravo al lavoro per i sindacati e’ un “arrivista”, un “arrampicatore sociale”. Se anche chiedete al sindacato di aiutarvi, vi diranno “faro’ quel che posso”. Poi non faranno niente, e vi prenderanno per il culo in mensa, servi dei padroni.

Se invece siete un fancazzista e avete preso due giorni di malattia per andare al mare, tutto cambia: innanzitutto avrete la solidarieta’ di tutti gli altri furbetti e di tutti gli altri fancazzisti, e quindi il sindacalista potra’ uscire allo scoperto senza paura di scontentare la propria base: il risultato sara’ che improvvisamente andare al mare a spese dell’ INPS diverra’ un diritto.

Non credo, e non ci credo neanche se me lo racconta Sarenna Lee (1) che i sindacati abbiano aiutato, negli ultimi 40 anni, qualcuno che non meritasse dieci volte quel che gli stava succedendo, cosi’ come sono certo che NON abbiano MAI aiutato chi invece aveva diritto di essere aiutato.

Il problema del sindacato e’ la scadentissima qualita’ umana delle persone che vi appartengono, dei loro quadri dirigenti, delle loro RSU: potete stare tranquilli che il vostro sindacalista sia, tra i colleghi, quello che vi pugnala alle spalle. Come disse un mio collega “quando entra il sindacato in azienda non serve a niente neanche camminare con le spalle al muro, anche i muri hanno la minchia, se ti interessa lavorare e’ meglio andarsene”.


Questo e’ il comportamento dei sindacalisti: essi pretendono che tutti si adeguino allo standard piu’ basso possibile, emarginano, mobbano, vessano , chiunque osi amare il proprio lavoro. E ditemi, quando ti vessa il sindacato a chi ti rivolgi?

Dico la verita’, mi sto divertendo. Mi sto divertendo perche’ finalmente l’occidente ha perso la posizione di superpotenza economica, e si trova a competere. Per cui non si possiamo piu’ permettere il lusso di mantenere parassiti , fancazzisti e assenteisti, e non ce lo potremo permettere mai piu’.

Il loro mondo sta crollando, e la loro stupidita’ li mette nelle condizioni di subire senza poter rispondere: ripeto, sono 200 anni che i sindacati hanno la possibilita’ di diventare sovranazionali e multinazionali, ben da prima che esistessero le prime multinazionali. Ma non lo hanno fatto, e non lo faranno MAI perche’ sono composti dai piu’ stupidi e inconcludenti dei lavoratori, e non sanno costruire nulla come una struttura multinazionale.

A furia di disprezzare le capacita’ individuali hanno evoluto una classe dirigente di sindacalisti privi di capacita’ individuali.La loro falsa ideologia ha prodotto la loro stessa inferiorita’ sul campo di scontro.

Quello che faro’, credo, sara’ di rimanere li’ mentre questi subumani vengono sconfitti, fatti a pezzi da avversari piu’ intelligenti e preparati di loro. Con estremo piacere, perche’ finalmente dopo duecento anni di distorsione economica il mondo sta tornando ad essere un posto meritocratico, finalmente i paesi occidentali hanno dei concorrenti e devono darsi una mossa, finalmente le aziende occidentali hanno concorrenti e devono darsi una mossa, finalmente le risorse deve prendersele il migliore, finalmente la meritocrazia non e’ piu’ una ciliegina sulla torta, non e’ piu’ la lode dopo il dieci, ma e’ il requisito minimo per la sopravvivenza.

Finora abbiamo vissuto in un mondo ove per vivere bastava la sufficienza. Il mondo nel quale ci apprestiamo a vivere e’ un mondo nel quale la sopravvivenza sara’ garantita solo dal dieci in poi, e la ricchezza a partire dalla lode.

Anni fa conobbi un coreano, un grafico bravissimo. Mi spiegava che per avere 10/10 a scuola dovevi fare TUTTO il programma scolastico, dalla prima virgola all’ultima, e per iscriverti all’universita’ dovevi avere dieci e lode, cioe’ aver studiato di tua iniziativa PIU’ del programma scolastico. Dieci su dieci era il minimo, la nostra sufficienza: si suppone che se la scuola ti insegna 10, tu sappia 10, altrimenti hai fallito.

Questi sono i competitori, gente. E questo e’ il mondo che ci aspetta. Anche a parita’ di stipendio, i parassiti non hanno scampo. Come succedeva prima del periodo delle grandi espansioni coloniali, del resto.
Lug 16, 2010 - Economia    2 Comments

E pensate che Draghi è Compagnuccio di Prodi.

Britannia.jpgAlcuni di Voi magari non sanno neppure cosa sia il Britannia, nè come abbia segnato profondamente gli ultimi decenni del nostro Paese.

Mediante una riunione tenutasi a bordo il 2 Giugno 1992 (ma guarda che bella FESTA ALLA REPUBBLICA) e alla quale parteciparono:

Ebbene, una chicca per quanti credono che il sig. Draghi possa a breve fare quello che ha GIA’ FATTO Ciampi, che da Governatore di Banca d’Italia (Banca oramai SOTTO CONTROLLO DELLE BANCHE PRIVATE) ci ha “Fatto il favore” di diventare Capo del Governo (e poi anche capo dello Stato).

Bell’affare davvero!

Ah, dimenticavo…

… per quanti sinistronzi antiberlusconisti facciano ancora il tifo per il sig. Prodi…

… sarà bene che sappiano che anche lui è stato (e molto probabilmente lo è ancora) Dirigente di Goldman & Sachs come Draghi e, per chi ancora non lo sapesse, è stato recentemente nominato Super Consulente per la British Petroleum, ne ha scritto Il GiornaleIl Tempo, in occasione del BUCO più famoso degli ultimi 150 anni. Ma se ne guarda bene dal raccontarlo nella sua Biografia, anzi, lo smentisce e minaccia querele, (ma solo per i giornali del Cavaliere).

E per i TIFOSI di Berlusconi…

… notizia:

I Signori Draghi e Prodi erano BEN accompagnati in GS:

Dirigenti della Goldman Sachs passati alla funzione pubblica

 

Lug 14, 2010 - Economia    Commenti disabilitati su Credit Crunch delle Banche?

Credit Crunch delle Banche?

eurodebiti_per_anno.jpgI maxi debiti in scadenza in Europa, l’incognita tassi e il nuovo rischio credit crunch

 

Da oggi al 2013 le società europee dovranno rimborsare più di 3mila miliardi di dollari di debiti in scadenza. La stima è di Standard & Poor’s che in un recente report ha passato al setaccio la situazione di centinaia di società in un’area che, oltre alla Ue, comprende Svizzera, Russia, Ucraina e Kazakistan. Sono state prese in considerazione tutte le tipologie di indebitamento: dai bond ai semplici prestiti bancari.

Come evidenzia il grafico, il picco sarà nel 2011 quando andranno a scadenza 903 miliardi di dollari di prestiti. La cifra cala gradualmente nel 2012 (883 miliardi) e nel 2013 (618 miliardi).

Questa situazione è un effetto del credit crunch. Tra il 2008 e il 2009, con il crollo dei mercati seguito alla crisi finanziaria e il raffreddamento del mercato interbancario, per molte società in tutto il mondo, il mercato obbligazionario rappresentò l’unica via per raccogliere fondi. Soprattutto per banche e assicurazioni, le più colpite dall’emergenza liquidità. Non è un caso quindi se il 71% dei debiti in scadenza da oggi al 2013 faccia capo al settore finanziario.

Tra gli altri settori, il più indebitato è sicuramente quello delle telecomunicazioni, anche per i grossi investimenti che le aziende di questo comparto hanno dovuto sostenere in questi anni. Nei prossimi tre anni dovranno rimborsare oltre 186 miliardi di dollari di debiti. Telecom Italia, da qui al 2013, ha scadenze per oltre 15 miliardi di dollari. Altro comparto da tenere d’occhio è l’automotive (74,9 miliardi).

Come accennato però, la spada di Damocle pende soprattutto sul settore creditizio. Secondo un calcolo del Sole 24 Ore, nei prossimi due anni le prime dieci banche europee per capitalizzazione dovranno rimborsare oltre 900 miliardi di dollari al mercato. Nel 2012, solo Bnp Paribas, terza banca in Europa, dovrà sborsare una cifra gigantesca: 270 miliardi e 471 milioni di dollari. Non fanno eccezione peraltro le big italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit che, l’anno prossimo, dovranno rimborsare rispettivamente 24 e 30 miliardi di dollari. Cifre comunque più contenute rispetto ad altri giganti del credito (consulta i grafici delle scadenze banca per banca)

Se sei consulta il grafico delle scadenze paese per paese emerge che il totale dei debiti delle società italiane da qui alla fine del 2013 è pari a 200 miliardi di dollari. Meno della metà di Gran Bretagna Francia e Germania che guidano la classifica del debito corporate in Europa, con scadenze vicine ai 500 miliardi di dollari. Sulle americane peraltro, pende una spada di Damocle da 2 mila e 400 miliardi di dollari.

Quali rischi pone questa situazione? Innanzitutto, scrive Standard & Poors’, quello dell’aumento dei costi di rifinanziamento. Le banche, ma anche gli ultraindebitati governi dell’Eurozona, dovranno raccogliere enormi cifre nei prossimi anni. Una domanda di liquidità che potrà essere soddisfatta solo offrendo rendimenti appetibili in caso si puntasse sull’emissione di bond.

Quanto al mercato interbancario, decisive saranno le scelte della Bce sui tassi d’interesse, tenuti forzatamente bassi in questi anni per far fronte alla crisi. Se dovessero salire, il contraccolpo sui costi di rifinanziamento sarebbe inevitabili. Così come quello sull’economia reale, se le banche fossero costrette a mettere in ordine i propri bilanci piuttosto piuttosto che fare credito a famiglie e imprese. Sono abbastanza corazzate per affrontare questa situazione? Il mercato attende lumi dagli stress test che saranno pubblicati il prossimo 23 luglio.

Ci sono comunque dei segnali rassicuranti. Innanzitutto il fatto che circa un quarto dei debiti in scadenza del settore finanziario sia rappresentato da covered bond, emissioni obbligazionarie ad alto rating con solide garanzie. Questa tipologia di obbligazione è l’unica ad aver avuto un trend positivo nella prima parte del 2010 (i volumi sono aumentati del 60% ndr.) anche per via del programma di acquisto deciso dalla Banca centrale europea per sostenere il mercato in questa fase difficile. L’Eurotower lo interromperà il 30 di giugno.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore on line

 

Lug 13, 2010 - Economia    Commenti disabilitati su BoT: deserta l’asta sugli annuali dedicata agli specialisti

BoT: deserta l’asta sugli annuali dedicata agli specialisti

logo_Sole24Ore.gifMARTEDI’ 13 LUGLIO 2010

Roma, 13 lug – E’ andata deserta l’asta di BoT annuali dedicata agli operatori specialisti. In particolare, il Tesoro offriva BoT scadenza 15/7/2011 per 750 milioni di euro ma l’asta non ha registrato richieste.

Mlp (RADIOCOR) 13-07-10 16:17:13 (0278) 5 NNNN

Fonte: Il Sole 24 Ore on Line

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E ancora:

BoT-people in fuga dai bassi rendimenti

La più nota e scontata fuga nei mercati è quella «per la qualità», l’intramontabile flight to quality. I BoT-people invece nel 2009, pur privilegiando «gli investimenti in attività finanziarie poco rischiose», sono fuggiti dai rendimenti bassi dei Buoni ordinari del Tesoro e hanno «quasi azzerato» la quota di titoli di Stato a breve scadenza nel portafoglio, dando luogo una “fuga” da 63 miliardi.
Lo rivela la Banca d’Italia nella relazione annuale presentata ieri. Nella vasta gamma degli strumenti d’investimento prescelti dai risparmiatori, il primato del meno gradito per il 2009 spetta al titolo di Stato con durata molto corta, principalmente il BoT. Come nota Palazzo Koch, «gran parte dei titoli di Stato a breve termine in scadenza non sono stati rinnovati a causa dei bassi rendimenti, dando luogo a un flusso netto negativo per 63,365 miliardi che ha quasi azzerato la quota di questo strumento nel portafoglio» mentre «gli investimenti in titoli di Stato hanno riguardato soltanto quelli a medio e a lungo termine». Questo per il 2009.

Il 2010 è iniziato all’insegna dei rendimenti netti negativi per l’investitore privato, con le aste dei BoT a gennaio: la crisi della Grecia, aggravatasi lo scorso aprile, ha fatto lievitare i rendimenti dei BoT che nell’ultima asta dei semestrali la scorsa settimana hanno offerto al risparmiatore lo 0,77% al netto di commissioni massime e ritenuta alla fonte. Resta da vedere se questo ritocco basterà per attrarre i BoT-people. «Scoraggiate dal basso livello dei rendimenti a breve termine, le famiglie e le imprese hanno effettuato cospicue cessioni nette di BoT e CcT (per 65 e 9 miliardi rispettivamente), solo in parte compensate da nuovi investimenti in BTp e CTz», commenta la Banca d’Italia sottolineando che gli acquisti netti di titoli di Stato nel 2009 sono stati effettuati da banche (31 miliardi), fondi, investitori esteri (69 miliardi) concentrati in BoT e BTp. «Nel 2009 la quota di titoli pubblici detenuta all’estero sul totale è salita di circa due punti percentuali al 51%», rileva Palazzo Koch.
Al secondo posto dei flussi netti negativi nel portafoglio delle famiglie spiccano i depositi esteri per oltre 23 miliardi, per effetto dello scudo fiscale.

Il flusso netto positivo nel portafoglio delle famiglie per il 2009 è stato dominato dagli strumenti provenienti dal sistema bancario. «Gli acquisti netti di strumenti emessi dalle banche (47 miliardi), sebbene in calo rispetto al valore eccezionalmente alto del 2008 (95 miliardi), sono risultati ancora elevati». Le obbligazioni bancarie in particolar modo hanno attratto 21 miliardi nel 2009 rispetto al boom degli acquisti 2008 da 50 miliardi. Un altro trend evidenziato dalla Banca d’Italia è quello della raccolta postale netta, che è raddoppiata nel 2009, «esclusivamente nella componente dei libretti e dei buoni postali che offrono un rendimento più elevato rispetto al deposito in conto corrente».

Lo stock delle attività finanziarie delle famiglie l’anno scorso ha mantenuto una cifra da capogiro, pari a 3.595 miliardi. La ripartizione delle consistenze ha confermato le banche al primo posto per gradimento, che si sono aggiudicate oltre 1.000 miliardi ripartiti tra depositi e obbligazioni, quasi il 30% della ricchezza degli italiani. Elevata anche la quota affidata ad assicurazioni vita e fondi pensione, per 630 miliardi di consistenze e flussi netti positivi nel 2009 per quasi 29 miliardi. I titoli di Stato pesano per 199 miliardi sul totale, mentre la quota dei fondi comuni pari a 188 miliardi è lievitata nel 2009 in virtù della raccolta netta positiva dei fondi di diritto estero per 8 miliardi «interrompendo il forte deflusso a partire dal 2006». In quanto alle azioni e alle partecipazioni, la fetta delle consistenze è sicuramente importante (853 miliardi) e in crescita (flussi netti delle azioni italiane nel 2009 per 50 miliardi): anche se in questa statistica viene sommato il possesso delle azioni come strumenti d’investimento alle quote azionarie in società non quotate possedute nelle aziende di famiglia.

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E poi dite che non eravate stati avvisati!!

Fonte: Il Sole 24 Ore on Line

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