Ago 14, 2010 - Economia    2 Comments

PIIGS? Sempre più vicini alla PESIFICAZIONE.

Mario I. BlejerSiete pronti a non poter ritirare i vostri risparmi dalle banche?
Siete pronti a servire i debiti in Euro, ma percepire salari in Pesos?

Dall’Argentina lo scenario-avvertimento per i potenziali disertori Euro: quelli già noti come PIIGS.

Le tensioni tra il nord della zona euro e il sud, e il complesso e politicamente costoso trasferimenti di denaro necessarie per smorzare la crisi dell’euro, hanno spinto molte persone a pensare l’impensabile: il salvataggio della moneta comune europea possa esigere che alcuni paesi vi rinuncino.
In effetti, ultimamente
si sono infittite le ipotesi di uscita dall’euro, in particolare dei paesi della zona euro del sud (avrete già sentito parlare del “Club Med”, ma non quello delle vacanze n.d.r.) che hanno disperatamente bisogno di recuperare competitività. Ma ragionando su cosa potrebbe accadere a chi esce dall’euro, in pratica, dovrebbe smettere di parlarne con distacco.

L’adozione di una valuta forte (come l’ “eurizzazione”) non è né difficile né particolarmente insolita. L’introduzione di una nuova, più debole moneta nazionale che sostituisca quella più forte in tempi di crisi finanziaria è una questione completamente diversa, di cui la maggior parte degli economisti sa quasi nulla.

Il più vicino esperimento in questo senso probabilmente è uscita l’Argentina nel 2002 dal suo tasso di cambio dollaro-PEG (incarnata nella sua currency board) per un regime di fluttuazione che ha svalutato il peso del 300% nei primi tre mesi.

Nonostante le ovvie differenze tra Argentina e le economie del sud della zona euro, le montagne russe della moneta argentina prevede lezioni deludenti per i politici europei che dovrebbero riflettere (ma non lo fanno perchè sono fantocci della BCE n.d.r.).

Gli stati europei vogliono tornare alla propria versione di un flessibile “peso”? Come minimo, i responsabili politici europei dovranno essere disposti a:
(a) “pesificare” i contratti;
(b) imporre pesanti operazioni bancarie commerciali;
(c) la ristrutturazione dei debiti;
(d) introdurre capitali e controlli sui cambi.

Considerare ogni sfaccettatura più da vicino. In primo luogo, una nuova moneta ha bisogno di creare la propria domanda come mezzo di tempo per effettuare transazioni commerciali spostando l’euro come unica moneta a corso legale e unità di conto.

Questo, a sua volta, richiede la ridenominazione forzata di prezzi, salari e contratti finanziari, che può creare gravi perturbazioni, a causa di pesanti e asimmetrico effetti di bilancio, nonché un massiccio impatto redistributivo. In Argentina la ” pesificazione” di depositi e prestiti bancari ha beneficiato debitori a spese dei depositanti, che incitano sconvolgimento pubblico.

In secondo luogo, qualsiasi paese della zona euro dovrebbe chiudere l’euro, l’anticipazione di pesificazione forzata rischia di innescare un panico bancario, come avviene quando i depositanti passano rapidamente i loro portafogli in valuta estera, al fine di spostarli fuori dal sistema e, probabilmente all’estero.

In realtà, in Argentina, la gente ha cominciato a ritirare i loro depositi quasi un anno prima l’uscita dal regime di currency board, alimentando la fuga di capitali e di alimentazione indietro nel pressioni del mercato di abbandonare il peg con il dollaro – una dinamica che potrebbe essere ancora più veloce e furiosa integrata finanziariamente in economie europee.

In tali circostanze, il blocco selettivo dei depositi sembra essere l’unica possibilità per evitare la bancarotta del settore bancario (si, avete capito bene, VOI LA POTETE PRENDERE NEL CULO, SONO LE BANCHE CHE NON POSSONO FALLIRE!! e non vi permettono di ritirare i VOSTRI soldi, non si parla di stretta al credito, ma di non poter disporre dei propri soldi!! n.d.r.). Qui, l’Argentina offre sia un buono che un cattivo esempio. Quando tutti i ritiri di depositi sono stati chiusi nel novembre 2001, la crisi di liquidità conseguente provocò un approfondimento della recessione e, infine, fece cadere il governo. Per contro, la ristrutturazione di depositi a termine nel gennaio 2002 attenuò la corsa agli sportelli e tenne in vita il sistema dei pagamenti, consentendo nel contempo i cosiddetti “depositi a vista” – che possono essere revocati immediatamente senza penale – per aiutare a costruire la domanda di pesos.

In terzo luogo, mentre la pesificazione elimina le perdite di bilancio interno-estero in valuta estera, il debito verso l’estero e gli obblighi contrattuali non possono essere ridenominato unilateralmente. Così, l’uscita dal dollaro piolo richiede una ristrutturazione del debito estero, sia sovrano che privato.

Infatti, di default sovrano dell’Argentina accadde quasi in contemporanea con la scomparsa del currency board, ma le rinegoziazioni private furono una faccenda lunga.

Alla fine, gran parte delle aziende evitarono il fallimento, soprattutto per il quarto ingrediente Argentino: controlli di capitale a condizione che fossero protetti dall’ombrello giuridico di stop esterno a “servire” il debito aziendale.

Naturalmente, i controlli sono un ingrediente inevitabile nel mix di uscita. L’adozione di una moneta più debole si basa sulla necessità di recuperare competitività e migliorare i conti con l’estero.

Ma, nel breve periodo, viste le enormi incertezze coinvolte in un passaggio di regime, e la perdita di accesso ai mercati dei capitali che segue una rinegoziazione del debito, in valuta estera diventa scarso, e richiede tutta una serie di restrizioni tradizionali – alcune più distorsive di altre – su movimenti di capitali.

Anche in Europa, il controllo dei capitali sarebbe l’unico modo per evitare la delocalizzazione di insediamenti finanziari off dopo la conversione di valuta e il congelamento dei depositi bancari. In ogni caso, l’esperienza indica che uscire dall’euro, preservando la libertà dei movimenti di capitale è poco più che una fantasia.

Alcuni osservatori suggeriscono, sulla base di precedenti dell’Argentina, che i paesi dovrebbero introdurre propria valuta più debole a denominare i salari ei prezzi selezionati senza lasciare l’euro. Crediamo che questa analogia sia un fraintendimento. Mentre l’Argentina ne ha fatto una questione di quasi-denaro nel 2001, prima di abbandonare il currency board, questo denaro è stato concepito per soddisfare le esigenze di bilancio ed è rimasto stabile nei confronti del dollaro. In effetti, è difficile immaginare come questo schema a doppia valuta avrebbe potuto evitare le conseguenze della conversione in una moneta più debole se il quasi-denaro si era deprezzato, com’era nelle intenzioni dei promotori dell’idea.

L’Argentina uscita dal suo cambio fisso col dollaro attraversò un’esperienza traumatica, concentrando le violazioni contrattuali, la redistribuzione della ricchezza, le impostazioni predefinite, corse agli sportelli, le restrizioni di cambio, e forti limitazioni ai movimenti di capitale in un breve periodo di tempo. In questa maniera, sarebbe più semplice introdurre una “nuova Dracma”, per esempio, in Grecia.

Perché il currency board argentino non ha mai eliminato il peso come il principale mezzo di operazioni, la base per lo sviluppo della domanda.

Gli eventuali disertori Euro, al contrario, avrebbero bisogno di promuovere la domanda di nuova moneta da zero – un processo molto più duro e cattivo.

Nella foto: I. Mario Blejer è un ex governatore della Banca Centrale Argentina.
Eduardo Yeyati Levy è professore di Economia, Università Torcuato Di Tella, Buenos Aires, e un ex economista capo della Banca Centrale Argentina.
Copyright: Project Syndicate,
2010.


Avevo trovato, qualche tempo fa, in tempi meno “caldi” un blog intelligente quanto PREMONITORE:

5 Euro CrackIn principio Fu la Grecia. Poi vennero a ruota Portogallo e Spagna, poi fu la volta dell’Irlanda e infine venne giù anche l’Italia.

Speriamo di non dover mai scrivere in futuro frasi come quella iniziale: è necessario vederci chiaro e azzardare qualche previsione e qualche osservazione, perchè il rischio di collasso non è limitato ad una sola nazione, ma all’intero sistema dell’Euro.

Non a caso i leaders europei sono riuniti oggi a Bruxelles in un summit che punta sopratutto a sostenere le grandi difficoltà economiche del paese ellenico: verrà probabilmente approvato un pacchetto di aiuti ad Atene, i soldi dovrebbero arrivare dal FMI (Fondo Monetario Internazionale).

I leaders si stanno però interrogando anche su come questa spirale si possa arrestare: la Grecia è la prima vittima di un sistema speculativo che gioca proprio sulla bassa coesione dei paesi dell’area Euro.

La caduta della Grecia potrebbe far scattare un meccanismo a catena, un disastroso effetto domino che trascinerebbe alla bancarotta altri paesi Europei. Diamo una sbirciatina partendo proprio da Atene.

 

Crack Grecia

E’ la nazione più indebitata d’Europa, il suo debito ammonta già al 100% del Prodotto interno lordo (non dovrebbe superare il 60% secondo le regole dell’Eurozona) e continua a crescere.

Il nodo è: come rifinanzierà questo debito? Occorrono 40 miliardi di euro per ripianare i bond emessi, il governo greco ha dichiarato che avrà bisogno di rifinanziare almeno il 10% del suo debito pubblico nel 2010, forse in Aprile e Maggio.

Le agenzie di Rating sono piuttosto scettiche su questa possibilità: quanti compratori potranno trovare appetibili i nuovi bond Greci dopo i ‘bagni’ presi da Argentina e da altre bancarotte?

Il Governo greco sembra oltremodo ottimista sulle sue possibilità di recupero, essenzialmente affidate a restrittive misure di austerità economica e di lotta all’evasione fiscale. In realtà si tratta di un paese in cui regna sovrana la corruzione, e non basteranno queste chiacchiere per ottenere fiducia dall’Europa.

Aspettiamo e vedremo.


Beh, per adesso abbiamo VISTO la Grecia, e sappiamo com’è andata …..
… sotto a chi tocca.
PIIGS? Sempre più vicini alla PESIFICAZIONE.ultima modifica: 2010-08-14T10:42:00+02:00da geoline
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2 Commenti

  • Scusate un attimo: ma a nessuno è venuto in mente che tutto ciò sia colpa degli USA?

    La Goldman Sachs aveva enormi investimenti in Grecia e guarda caso da lì è iniziata la crisi, lo stesso in Islanda, Irlanda, Spagna, Portogallo, Italia e Germania.

    Non è che l’uomo di Goldman Sachs (Obama) per cercare di tappare gi enormi buchi che vi sono nel bilancio Federale americano si è fatto aiutare dai suoi “potenti amici”?

    Basta ritirare e prendere indietro i soldi investiti in Europa.. tanto a loro (USA) noi (europei) non serviamo più.

    La ricetta per uscire quale sarebbe? Al diavolo USA e UK (complici in questo business), maggior interscambio con Russia e paesi dell’est , Dazi enormi contro la Cina e stop dell’esportazione di alta tecnologia verso il Medioriente (stiamo solo armando dei pericolosi nemici).

    Puntare infine alla indipendenza energetica senza petrolio, alla robotica, all’esplorazione spaziale (che gli USA hanno bloccato apponendo solo stupide scuse).

    Cambiare la parità dell’ Euro da 1936.27 (una “massonata” per fare piacere alla sterlina) e portarlo a 1 euro=1000 lire.

    Per chi poi ha deciso questa parità (1936.27) come minimo gli darei l’ergastolo.

    Le risorse ci sono: basta lusso sfrenato, nani e ballerine e sprechi da parvenu di infima specie.

    Così si esce dalla crisi altro che chiacchiere…

    Ciao

  • Vorrei giusto ricordare a quanti ci leggono che le trattative di valutazione e quotazione euro sono state condotte da gente che risponde ai nomi di:
    – Romano Prodi
    – Carlo Azeglio Ciampi
    – Giuliano Amato

    Tutti consulenti Goldman, massoni e con lemani FORTEMENTE intrise di sangue dei contribuenti.