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Equitalia: agente di riscossione o DISTRUTTORE di tessuto Sociale?

Interrogazione_ParlamentareDalla Sardegna, un’Interrogazione Parlamentare che interessa TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE….
… (beep. “l’utente è non raggiungibile, si prega di riprovare più tardi” beep)…
… senza risposta.

Atto a cui si riferisce:
S.3/02370 SCANU – Al Ministro dell’economia e delle finanze – Premesso che:l’entità del debito complessivo nei confronti dell’agente di riscossione Equitalia in Sardegna ed il numero di imprese sarde…

SANNA, CABRAS, SCANU – Al Ministro dell’economia e delle finanze – Premesso che:

l’entità del debito complessivo nei confronti dell’agente di riscossione Equitalia in Sardegna ed il numero di imprese sarde raggiunte da cartelle esattoriali è tale da costituire una vera e propria emergenza economica e sociale al punto di prospettare il serio rischio di fallimento di molte aziende;

le difficoltà generalizzate di accesso al credito bancario e quelle create dai ritardi di pagamento dei grandi committenti e della pubblica amministrazione generano a loro volta ulteriori ritardi da parte delle aziende che sono costrette a posticipare i pagamenti di imposte e contributi per continuare a sopravvivere e trovare liquidità;

in particolare, in molti casi la situazione debitoria nei confronti dell’erario è dovuta al contegno della pubblica amministrazione che, vincolata al rispetto del patto di stabilità, ritarda i pagamenti per commesse già eseguite. Per poter partecipare alla realizzazione delle commesse pubbliche le imprese sono obbligate ad anticipare somme che saranno recuperate solo dopo alcuni anni;

l’entità del debito fiscale preclude la partecipazione delle imprese a bandi di gara per l’appalto di opere pubbliche la cui aggiudicazione permetterebbe alle stesse una ripresa della attività ed un rientro accelerato del debito fiscale in essere. Si assiste quindi al paradosso per cui imprese che non sono state pagate dalla pubblica amministrazione per commesse già eseguite, non avendo sufficiente liquidità, sono costrette a dover ritardare i pagamenti delle imposte e dei contributi, con ciò precludendo di fatto la loro partecipazione ad altre gare d’appalto in quanto risultanti non in regola con i versamenti;

l’entità dell’emergenza è rilevabile osservando i numeri delle aziende sarde che al 31 dicembre 2010 risultano indebitate con il fisco. Più di 64.000 imprese sono debitrici esposte per un totale di 3.516 milioni di euro; il 40 per cento delle imprese sarde è gravata in media da un debito verso l’erario di circa 55.000 euro; nel 2010 hanno dovuto dichiarare fallimento 2.351 aziende sarde;

la situazione delle aziende artigiane, commerciali ed anche agricole è quindi a dir poco catastrofica e si colloca in una crisi più vasta fatta di disoccupazione, di cassa integrazione, di blocco degli investimenti, di impoverimento del tessuto industriale di cui l’esempio più acuto è la provincia del Sulcis Iglesiente;

molti imprenditori sardi, in particolare piccole e medie imprese artigiane ed aziende agricole a conduzione familiare, tradizionalmente in regola con i versamenti delle imposte e dei contributi, oggi non sono in grado di far fronte al debito fiscale anche a causa dell’attuale sistema di computo degli interessi di mora e delle sanzioni che porta il debito a lievitare oltre ogni ragionevole misura facendo raddoppiare la cifra dovuta dopo circa cinque anni dall’accertamento;

sulle somme dovute dal contribuente all’erario vengono calcolati, in caso di ritardo nei pagamenti, costi aggiuntivi estremamente onerosi, mentre non si procede simmetricamente al computo degli interessi allorquando a vantare il credito sia il cittadino nei confronti dello Stato;

l’attuale sistema fiscale, i pignoramenti immobiliari e le procedure di fermo amministrativo di macchinari e automezzi utilizzati per il lavoro, sia di ambito artigianale che agropastorale, rischiano di risultare, oltre che inefficaci per l’impotenza finanziaria momentanea delle imprese, anche causa della definitiva compromissione del tessuto produttivo delle imprese localizzate nella regione, già gravemente colpito dalla crisi economica internazionale;

per far fronte all’attuale crisi di liquidità delle imprese sarde sono necessarie misure urgenti che potrebbero alleviare il peso del debito fiscale ed evitare il razionamento del credito quali: l’allungamento del periodo di rateazione; il blocco dei pignoramenti; la riduzione dell’aggio di Equitalia e degli interessi di mora, la rivisitazione degli studi di settore; la sospensione della riscossione in casi eccezionali; la riduzione delle sanzioni civili in materia di contributi previdenziali; la sostituzione di garanzie reali con garanzie fideiussorie; l’accelerazione dei rimborsi erariali e l’applicazione della transazione fiscale di cui all’articolo 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

la Camera dei deputati ha approvato nella seduta del 21 giugno 2011 l’ordine del giorno 9/4357-A/75 che impegna il Governo a dar corso alla sospensione dei pagamenti delle cartelle esattoriali emesse da Equitalia Sardegna per almeno 12 mesi, nonché alla sospensione della metà dei carichi messi a ruolo a causa degli omessi versamenti e all’inapplicabilità degli studi di settori per la Sardegna dall’anno d’imposta 2008 fino a oggi, o, in alternativa, alla riduzione standard degli stessi «studi» almeno del 10 per cento;

nella stessa occasione il Governo ha dichiarato l’intenzione di sviluppare un’iniziativa specifica di approfondimento delle problematiche sopra evocate nei confronti della realtà della Sardegna, raccogliendo gli stimoli proposti negli ordini del giorno approvati in Parlamento;

il Presidente della Regione ha dichiarato in una nota stampa che «da diverse settimane il ministro Tremonti ha ricevuto l’istanza formale per la moratoria di almeno un anno del debito con Equitalia a favore delle piccole e medie imprese sarde»;

ad oggi non risulta avviata da parte del Ministro in indirizzo alcuna procedura necessaria, mentre sarebbe dovuta già essere convocata la Regione per individuare congiuntamente le aree destinate a beneficiare della citata “moratoria”,

si chiede di sapere con quali modalità, con quali contenuti ed entro quali termini temporali il Governo intenda dare attuazione agli impegni assunti con l’accoglimento del richiamato ordine del giorno al fine di riproporre tra le priorità dell’agenda politica le ormai improrogabili misure per la tutela dei contribuenti sardi ed in generale del sistema economico isolano.

Fonte: parlamento.openpolis.it
Ago 19, 2011 - Abuso di Potere, Economia, Finanza, Giustizia, Politica, Religioni, Truffe    Commenti disabilitati su A proposito di PARASSITI

A proposito di PARASSITI

Contro i Parassiti il Governo ha speso altri soldi (più per finanziare le Reti TV che per fare azione seria) ma ha dimenticato di menzionare MOLTI PARASSITI.

Filippo Facci Filippo Facci ce ne ricorda due

L’amministrazione parassita della Sicilia va commissariata

Per normalizzare la situazione è necessario mettere mano alla Costituzione. L’isola detiene tutti i record degli sprechi.

    Bisognerebbe prendere la Sicilia, commissariarla all’istante e cambiare la Costituzione per normalizzare la sua amministrazione parassita: altro che il ricorso presentato da un gruppo di consiglieri siciliani (capofila il sindaco di Messina, vedi articolo) che mirano a mantenere il doppio stipendio alla faccia di una sentenza della Consulta e soprattutto alla faccia nostra, che non possiamo neppure linciarli: in luglio l’assemblea siciliana si è assicurata contro il «rischio insurrezione» («tumulti e aggressioni», polizza estesa ai familiari) e hanno fatto bene, visti gli incredibili privilegi di cui godono: dai pranzi a 9 euro al «contributo sepoltura» di 5mila euro in caso di morte (tutto vero) e questo da parte di una classe dirigente che costa 496.400 euro annui a consigliere (più dei parlamentari di Montecitorio) quando i consiglieri sono 90 perché rifiutano di ridurli. Aggiungi 20mila dipendenti strapagati (1,7 miliardi annui, quasi come tutte le altre regioni messe insieme) che vanno in pensione prima degli altri e che costano 349 euro annui a cittadino, quasi venti volte il costo di un dipendente lombardo. Dimenticavamo il record nazionale di consulenze e auto blu. Dimenticavamo i 1428 dirigenti che secondo la Corte dei Conti sono in sovrannumero rispetto alla legge. Dimenticavamo ogni volta, il problema è questo.

19/08/2011

Fonte: libero-news.it

Assenti Sacrifici (chi più, chi meno) per tutti. Ma perché la Chiesa non fa la sua parte?

L’appunto di Filippo Facci. Il muro del sacro è stato sfondato davvero: pagano anche i calciatori. Eppure…

    Chi più e chi meno (ripeto e scandisco: chi-più-e-chi-meno) c’è un intero popolo che è invitato a forti sacrifici economici da spalmare su ogni possibile categoria sociale: e se a pagare il contributo di solidarietà saranno davvero anche i calciatori – come dovrebbe essere ovvio – allora è segno che il muro del sacro è stato sfondato davvero. Ergo, a proposito di intoccabili, non si capisce perché la Chiesa non dovrebbe fare la propria parte: fruisce di agevolazioni fiscali per miliardi (tutti soldi nostri, credenti o meno) e lo fa con furberie che a tratti profumano di raggiro: basta infilare una cappellina, un altarino, una statuetta o un mezzo padrepio in un angoletto di grandi alberghi, ristoranti, cinema, cliniche, scuole, impianti sportivi e interi palazzi con appartamenti in affitto (tutto di proprietà della Chiesa, che è leader nazionale con 100mila fabbricati) ed ecco che un immobile viene definito «adibito a culto» e viene perciò completamente esentato dal pagamento dell’Ici, senza contare altre agevolazioni. Le tasse non pagate, secondo una stima europea, ammontano ad almeno 4 miliardi di euro: corrispondono proprio, toh guarda, all’intero contributo di solidarietà che gli italiani saranno chiamati a pagare nei prossimi tre anni. Berlusconi ha detto: «Siamo aperti alle nuove idee che siano migliorative dei provvedimenti adottati». Ecco fatto.

17/08/2011

Fonte: libero-news.it

 

Ago 9, 2011 - Abuso di Potere, Economia, Giustizia, Politica, Truffe    Commenti disabilitati su Sul filo del rasoio.

Sul filo del rasoio.

Ho trovato un articolo che racconta dei disordini di Londra e mette in evidenza le accuse nei confronti dei Social Network.
E sì, perchè (sebbene gli atti di saccheggio siano da condannare senza esitazione) Lorsignori amministratori della Cosa Pubblica, salvatori di CULO DI BANCHIERE, non si rendono conto che sono sempre maggiori le fasce di popolazione che vive ai limiti della sopportazione, sull’orlo della crisi di nervi.
Non mi stancherò di ripetere che anche da noi, il caso Equitalia, che ipoteca e pignora aziende agricole e prime case ai poveracci che NON HANNO I SOLDI PER TIRARE AVANTI (a quelli che li hanno fanno ammuina) stà esasperando migliaia di perone, famiglie e aziende.
Poi, non si accusino I pochi mezzi di comunicazione utilizzati per condividere lo sgomento trasformatosi in rabbia e sete di vendetta nei confronti di quanti se ne fottono bellamente e nella migliore delle ipotesi, RINUNCIANO ALL’AUMENTO DELLA BEN PROFUMATA RETRIBUZIONE !!!

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Fumo su Londra, fuoco sui social networkFumo su Londra, fuoco sui social network

La polizia punta il dito contro Twitter e gli altri social media, BlackBerry Messenger si trova costretto a prendere le distanze dai suoi utenti che si sono resi protagonisti dei saccheggi

Roma – I fatti violenti che stanno scuotendo la periferia di Londra hanno ripercussioni anche online, dove i social network si trovano a dimostrare la loro capacità di informazione e l’utilità del neworking in una situazione di rivolta in un paese occidentale. E a difendersi dalle diffidenze e dalle accuse di supporto al vandalismo

Su Twitter i cinguettii si addensano per capire cosa sta succedendo a Tottenham e dintorni, tanto che #londoriots e #stoprioting sono trending topic.
L’uso del servizio di microblogging viene accusato, d’altronde, aver influenzato anche l’origine della rivolta degenerata poi in vandalismo dalla protesta pacifica organizzata per l’indignazione creata dalla morte del 29enne Mark Duggan che sembra da imputare alla polizia: il vicecommissario della polizia di Londra Steve Kavanagh dice che tweet “veramente inaccurati e istigatori” sarebbero in larga parte la causa delle sommosse.

Kavanagh è voluto intervenire per riferire dei fatti, non distogliendo l’attenzione dai social network: “I social media sono stati impiegati per organizzare questi livelli di criminalità e di avidità”. Un pericolo tale, secondo la polizia, che il vicecommissario è arrivato a minacciare l’arresto per gli autori dei messaggi istigatori.Alle parole delle forze dell’ordine hanno fatto seguito commenti sui giornali e interventi di politici, che, accantonando momentaneamente le tensioni economiche e il background storico-sociale fra le cause, hanno concentrato il fuoco di diffidenze nei confronti dei nuovi mezzi. Uno degli esempi della confusione sul fronte online della vicenda è un articolo di BBC intitolato “Is technology to blame for the London riots?”: sembrerebbe essere pronto a sparare a zero su Twitter e compagnia, ma poi al suo interno vengono riportati una serie di esempi di tweet citati incompleti o senza il messaggio successivo che ne chiarisce tono o ironia.

Eppure, ancora una volta, i social network hanno colmato anche le mancanze dei media tradizionali, dimostrandosi un mezzo le cui implicazioni dipendono dalla persona che ci sta dietro: le dirette di BBC e delle altre televisioni, per esempio, ieri sera sembravano ferme e riportavano ancora quelle delle prime ore della giornata, mentre su Twitter la gente cercava fonti fresche.

In realtà una posizione più difficile da tenere di Twitter ce l’ha il sistema di messaggistica gratuito di BlackBerry con funzione da social network, Messenger. Proprio attraverso BlackBerry Messenger, poi, Duggan ha inviato il suo ultimo messaggio alla fidanzata a cui ha scritto “I federali mi stanno seguendo”. E ora il servizio sembra il preferito dei vandali per comunicare le proprie incursioni, i saccheggi e per coordinarsi.

Anche per questo RIM è ricorsa a Twitter per prendere le distanze dalle violenze, e ha detto di volersi “impegnare con le autorità per assisterle in ogni modo possibile”.

Al centro, ancora una volta dopo l’accerchiamento subito dalla canadese i altri paesi come gli Emirati Arabi, il sistema cifrato su cui passa il traffico degli utenti BlackBerry: anche se RIM non ha detto come collaborerà di preciso con le forze dell’ordine, per il momento ha detto tuttavia che non ha la possibilità di decifrare i messaggi che passano tra gli utenti sui suoi circuiti.

Claudio Tamburrino

Fonte: puntoinformatico.it
Ago 8, 2011 - Economia, Finanza, Informazione, Truffe    Commenti disabilitati su DEFAULT

DEFAULT

DefaultGià, da qualche tempo anche i LOBOTOMIZZATI dal NUOVO ISTITUTO LUCE (nella versione aggiornata televisiva) conoscono questa parola, ma quanti abbiano capito cosa significhi, non è dato saperlo.
Certo, in una Nazione non più sovrana, di fatto federata in un’Unione SENZA GOVERNO ma gestita dalla BCE (largamente in mano alle Banche private che puntualemente se ne servono per salvarsi il culo a spese dei cittadini) è probabilmente anche inutile saperlo. Probabilmente abbiamo già superato il PUNTO DEL NON RITORNO con la bella Figata dell’EURO (lo dobbiamo a personaggini tipo PRODI, AMATO, CIAMPI, DRAGHI..) ma ho trovato un post che desidero condividere con Voi.
Un SOGNO?
Sì, ma pare sia l’ulima cosa AGGRATIS (oltre Linux) che ci sia rimasta ed allora voglio coinvolgervi in un sogno:
IL DEFAULT SELETTIVO.
Si, un gruppetto di politici con i coglioni (senza viagra) che decidono che I MERCATI DEVONO OBBEDIRE ALLE DEMOCRAZIE e quindi:…

[prosegue dal post originale…] “i mercati” hanno concesso, e sono fatti da soldi “dei mercati”. Dunque, se hanno sbagliato i governi ad accettare soldi facili, QUANTO HA SBAGLIATO CHI HA DATO QUESTI SOLDI AI GOVERNI?
Morale della storia: un branco di coglioni (molto ricchi) sta usando le enormi ricchezze di cui dispone per dare l’assalto ai governi. Ovviamente soffrono di questo le democrazie: un governo meno democratico avrebbe reagito semplicemente sbattendo in carcere i finanzieri, chiudendo le borse e dicendo “ehi, fate ciao ciao ai vostri soldi. Se qualcuno ha qualcosa da dire, avrei giusto un paio di montagne da spianare a mani nude“.

Si dice che il debito pubblico USA e’ stato declassato perche’ la manovra di Obama non e’ piaciuta. Si sbagliano. Se andate ad osservare il rating, NON scoprite alcuna relazione reale tra rating alto ed economia. L’economia francese, a detta delle agenzie di rating, sarebbe la piu’ forte d’europa? No, e’ solo la piu’ statalizzata.L’economia italiana, per dire, non e’ cambiata cosi’ tanto negli ultimi anni da subire un completo cambio di marcia (sino al panico). Non si capisce perche’ tutte le aste dei primi mesi di quest’anno siano andate bene, ed oggi la gente venda i titoli italiani.
Volete sapere che cosa indicano i rating? Ve lo dico io: indicano quanto potere abbiano i finanzieri in una data economia. Quando i finanzieri hanno POCO potere ed il governo fa quel che vuole, normalmente il rating e’ alto. In quella situazione, il governo ha la sua politica economica (qualsiasi sia) perche’ quelle sono le idee del governo. E i mercati si beccano la politica del governo, cosi’ com’e’.  In questo caso “i mercati” dicono “comanda il governo”, ovvero AAA.

Al contrario, quando i mercati iniziano ad imporsi e il governo inizia ad obbedire loro, allora il rating scende. Non appena un governo inizia a prendere decisioni perche’ i mercati lo incalzano, mostrandosi debole, il suo rating inizia a scendere. Il rating di un debito pubblico che si abbassa significa questo: “questo governo ci obbedisce“. Perche’ e’ cosi’: portare il rating sull’orlo del fallimento e’ la strategia con cui vengono sottomessi i governi.

Piu’ la politica obbedisce ai mercati, piu’ il rating si abbassa. Meno il governo obbedisce, piu’ il rating si alza: il rating alto e’ un modo di dire “questo e’ il cavajere nero, e ar cavajere nero nun je devi caca’ ‘r cazzo“. Perche’ pensate che il Belgio non sia al default?
Cosa puo’ fare, un governo nazionale, per alzare il rating del proprio debito? Semplice: dire “me ne infischio dei mercati”. Dire semplicemente davvero andiamo in default? Significa che non renderemo “ai mercati” i loro soldi? Bene. Cavoli dei mercati che ci hanno dato i soldi“.

Basta un default selettivo che escluda SOLO gli investitori istituzionali sul mercato primario. Basta questo, e ai mercati passera’ PER SEMPRE la voglia di scherzare.

Come si puo’ dire una cosa simile, ma in maniera politica,  in una singola soluzione? Si  puo’. Basta che un governo dica “domani la borsa chiude, sino a nuovo ordine. Quando arrivera’ il nuovo ordine? Quando i mercati convinceranno il governo“.
Non ci vuole molto, basta dire “io comando e tu obbedisci, perche’ io mando la GdF a chiudere la borsa si Milano armi in pugno, e tu non ci puoi fare niente. E’ semplice, e basta un ordine. Una chiusura arbitraria della borsa, fino a quando “qualsiasi insieme vuoto di parole il governo voglia inventare“.  [omissis]

Se domani i finanzieri vorranno avere una schiava a testa, semplicemente i mercati puniranno i governi che non accettano la schiavitu’ con un crollo di borsa.  Diranno che il costo del lavoro e’ troppo alto. Lo hanno gia’ fatto, e avete avuto il precariato. Quando vorranno ancora di piu’, cioe’ dei veri e propri schiavi, puniranno i governi sino a quando non reintrodurranno la schiavitu’. Lo stanno facendo sotto i vostri occhi. 

Che cos’altro  temete da un dittatore? Che vi mandi in un gulag a sfinirvi di lavoro? Niente paura: la finanza ha la possibilita’ di trasformarvi prima in disoccupati e poi in poveri, decidendo di delocalizzare. E allora vi troverete in qualche cantiere o in qualche campo a lavorare in nero e morire di lavoro. 

Che cosa temete da un dittatore? La censura degli organi di stampa? La finanza possiede gia’ i mass media, ricordate?  Temete la propaganda? Ce l’avete gia’, si chiama Marketing. E’ quella che chiama “flessibilita’” il precariato. 

Ditemi, per favore , cosa temete da un dittatore, e io vi mostrero’ che “i mercati” e “la finanza” lo stanno gia’ facendo sotto i vostri occhi, e non domani o altrove: QUI E OGGI.

Fonte: keinpfusch.net
Lug 7, 2011 - InGiustizia, sfoghi, Truffe    Commenti disabilitati su Stragi naziste sull’Appennino, nove ergastoli …..

Stragi naziste sull’Appennino, nove ergastoli …..

Eccheccazzo, ma almeno PIGNORARGLI PURE IL CAZZO dei pronipoti?
a QUESTI NO???
A noi, invece, per NON AVERE I SOLDI non guadagnati e non incassati DA DARE ALL’INPS….
.. ci INCULANO LA CASA di abitazione????

BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA, BESTEMMIA


Partigiani

Il tribunale di Verona ha condannato tutti gli ufficiali della divisione paracadutisti Goehring per gli eccidi tra Emilia e Toscana nel 1944. Per i giudici fu una rappresaglia per stroncare la Resistenza e vennero trucidate le persone più indifese. Gli imputati resteranno liberi e non pagheranno i risarcimenti, ma il processo ha scritto una pagina importante della storia

Nove ergastoli ai criminali nazisti e circa trenta milioni di euro di risarcimento alle trecento parti civili. Il tribunale militare di Verona ha condannato tutti gli ufficiali e sottoufficiali della divisione paracadutisti “Herman Goehring” e della guardia nazionale repubblicana alla sbarra per gli eccidi che insanguinarono l’appennino tosco-emiliano dal 18 marzo al 5 maggio 1944.

Fu un unico filo rosso di rappresaglie sugli inermi per stroncare la Resistenza all’occupazione nazifascista: 131 le persone trucidate nel comune modenese di Palagano (frazioni di Monchio, Costrignano e Susano), 23 nel reggiano Villa Minozzo (frazioni di Cervavolo e Civago), 240 cittadini nelle province di Arezzo e Firenze intorno al Monte Falterona, 27 nella zona di Monte Morello e 20 tra Mommio e Fivizzano, in provincia di Massa. Non risparmiando sacerdoti come don Giovanni Battista Pigozzi, parroco di Cervarolo ucciso perché si rifiutò di incastrare i partigiani, anziani semiparalizzati, donne e bambini freddati nel silenzio dei borghi modenesi.

Il giudice ha accolto quasi in toto le richieste della pubblica accusa, ossia diciassette ergastoli per omicidio plurimo pluriaggravato e continuato. Gli imputati, dagli 85 ai 93 anni, sono l’allora capitano Helmut Odenwald, gli ex tenenti Karl Friedrich Mess e Erich Koeppe, i sottotenenti Hans Georg Karl Winkler, Fritz Olberg, Herbert Wilke e Ferdinand Osterhaus, il sergente Karl Wilhelm Stark e il caporale Alfred Luhmann.

Non luogo a procedere ovviamente per Horst Gunther Gabriel, Günther Heinroth e Hilmar Lotz, deceduti prima del processo. In ogni caso nessuno finirà in carcere in quanto le autorità tedesche non hanno mai concesso l’estradizione né permesso l’esecuzione della pena in loco. Resteranno sulla carta i risarcimenti in via provvisionale a superstiti, familiari ed istituzioni (dai 60 ai 200mila euro ciascuno) che avevano citato per danni anche la Repubblica federale tedesca come avvenuto con successo nel 2008 per l’eccidio nazifascista di Civitella.

Tutto è bloccato da quando la Germania ha impugnato le sentenze sulla base del principio di immunità davanti a un tribunale di uno Stato estero, seguita a ruota dal decreto del governo italiano che ne sospende l’esecutività. Ma la gioia delle parti civili, dopo 9 ore di camera di consiglio, 44 udienze, 23 faldoni, 40 avvocati, 50 rogatorie internazionali, 300 testimoni, è tutta per la pagina di verità processuale scritta oggi.

Continua su ilfattoquotidiano.it

Lug 4, 2011 - Abuso di Potere, Informatica, Informazione, Internet, Truffe    Commenti disabilitati su Agcom parte seconda ….

Agcom parte seconda ….

corrado calabroLa buona fede, qualche giorno fa, mi ha spinto a scrivere un post sugli sviluppi della vicenda censoria dell’agcom.
Oggi, un acuto editoriale su puntoinformatico mi ha fatto riflettere e mi ha moralmente obbligato a riportarne il contenuto.
Avrà mica ragione Massimo Mantellini?


            Roma – Eppure, guardate, la faccenda in fondo è molto semplice. Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che nei prossimi giorni secondo i piani dovrebbe diventare il soggetto amministrativo in grado di decidere quali siti web gli italiani potranno vedere e quali dovranno essere censurati per violazione del copyright, ha un solo unico grande problema. È, da sempre e non solo da quando è presieduta da Corrado Calabrò, una autorità senza alcuna autorevolezza.

Il discorso potrebbe chiudersi qui. Possono i cittadini italiani affidare compiti tanto delicati ad un organismo del genere? Una autorità per modo di dire, diretta estensione del potere politico, composta in genere da commissari con modestissime competenze specifiche, che mai, in questi ultimi dieci anni, è riuscita a rappresentare nitidamente l’interesse dei cittadini nella complicata arena dei sistemi di comunicazione. Possiamo fidarci di loro? La risposta è semplicemente no.

Corrado Calabrò ed i commissari Agcom non hanno alcuna autorevolezza per molte ragioni: sono pedine di un potere politico mediamente digiuno delle questioni complicate che riguardano Internet, e assommano due differenti caratteristiche. Da un lato rappresentano un organismo che la politica ha mantenuto debolissimo nelle proprie prerogative di controllo, perché ovviamente nessuno può in Italia anche solo pensare di rappresentare gli interessi dei cittadini dentro l’enorme ventre del potere radiotelevisivo; dall’altro, in questa inedita ultima versione berlusconiana, gli stessi cavalieri di cartone vengono utilizzati come ariete nella lotta alla pirateria in Rete, ovviamente declinata nell’unica maniera nota all’industria dei contenuti, quella secondo la quale gli interessi economici si tutelano con alti muri e colpi di fucile. Dieci anni che questa gente è chiusa in questo loop, dove minaccia legale e intimidazione hanno comodamente sostituito pochezza di idee e modelli economici decotti. Agcom oggi è un inedito piede di porco, in una ipotesi di scenario di tutela dei diritti nella quale nemmeno le truppe servono. Basta un timbro a firma Calabrò a certificare la lista dei presunti cattivi, gli ISP verrano costretti come al solito nel ruolo di forzosi gendarmi e i cittadini, quelli che Agcom dovrebbe tutelare, lasciati senza tutele e garanzie nelle mani dell’esattore di turno, vedranno sospese le proprie prerogative legate allo stato di diritto. E la magistratura? Ah beh quella sostanzialmente non serve, può essere saltata (altro vecchio sogno delle major del disco e del cinema che si concretizza), ce la si sbriga fra noi, a colpi di letterine e velocissime censure. Occhio non vede, cuore non duole.

L’unica cosa cambiata dai tempi della vecchia Agcom, che Giuliano Amato definì non senza ironia una autorità “semi-indipendente”, è che oggi la centralità di Internet è assai più chiara anche fuori da Internet, per esempio dentro i santuari radiotelevisivi come Mediaset, oltre che nelle stanze dei lobbisti del cinema e della musica che tengono la Rete nel mirino da almeno un decennio.

Chiusi in questo refrain il giochetto tentato in Italia è il solito che abbiamo già visto applicato altrove, aggravato da un indecoroso scaricabarile. Prima il sottosegretario alle comunicazioni Paolo Romani (prestato alla politica dopo una non brillantissima carriera nella televisone privata, uno dei tanti che Berlusconi ha spostato di peso dai suoi contatti commerciali dentro il Parlamento) fa approvare un decreto che porta il suo nome che investe Agcom di immensi poteri di controllo sul traffico di Rete, poi Agcom stessa che, in questi giorni di forti critiche, rimanda responsabilità ed oneri per simili spinose questioni al Parlamento stesso. È la gag del “È stato lui!”, “No, è stato lui”, fra due soggetti che sono di fatto la stessa persona.

Quale autorevolezza può avere una autorità che ha come ultimo commissario nominato un ex-dirigente di Publitalia? Davvero Antonio Martusciello riceve uno stipendio da quelle parti per difendere i miei interessi dei cittadino? Quale autorevolezza può vantare Corrado Calabrò che nella recente relazione annuale ha dichiarato che i diritti degli autori sono diritti di proprietà? Ma stiamo scherzando? Quale Agcom potrà mai essere la mia Agcom se il relatore del provvedimento sul copyright Nicola D’Angelo, l’unico fra i commissari con qualche competenza sulle cose di Rete, è stato allontanato silenziosamente dal suo incarico perché non sufficientemente allineato?

E ancora, di quale dialogo fra Agcom e la Rete stiamo parlando in questi giorni? Basta leggere le risposte dei commissari Agcom pubblicate in giro, o le stizzite repliche di Calabrò e di Enzo Mazza della FIMI (perdonami Enzo ma hai torto) all’articolo sacrosanto che Juan Carlos De Martin ha scritto su La Stampa per capire che non ci sono audizioni da fare o dialoghi costruttivi da tentare.

Diciamolo chiaramente: questi signori, per loro natura e mandato, sono semplicemente inadatti a rappresentare i cittadini in tematiche del genere. Non ne hanno gli strumenti né tantomeno la voglia. Diradando la nebbia delle parole, delle tante frasettine di cortesia e di tutto il bagaglio sterile dei diritti e dei doveri ovunque citati, Agcom è mediamente un signor nessuno che in questo caso fa da paravento alle esigenze degli industriali dei contenuti che, d’accordo con il Governo in carica (per ragioni di interesse che sono evidenti anche ad un lattante), hanno costruito un giochetto per poter controllare la Rete e salvare i propri amati contenuti a colpi di ingiunzioni e processi sommari saltando il controllo della magistratura.

Ovviamente non funzionerà, come non funziona la disciplina dei tre colpi in Francia e come è stata infine bocciata una ipotesi simile in Spagna, ma questo è un altro discorso. Il discorso di oggi è assai più elementare: Corrado Calabrò e i suoi commissari della Authority senza autorevolezza non rappresentano gli interessi dei cittadini italiani. Non ne hanno titolo, lo hanno dimostrato più e più volte. Qualsiasi loro decisione per nostro conto, semplicemente, non vale niente.

Fonte: puntoinformatico.it

 

Lug 2, 2011 - Economia, Finanza, Informazione, Truffe    Commenti disabilitati su Ecco Finance Watch, la lobby dalla parte dei risparmiatori

Ecco Finance Watch, la lobby dalla parte dei risparmiatori

FinanzaAttenti traders ai vostri bonus. I derivati? Andiamoci piano anche con quelli. E non parliamo dei paradisi fiscali. Finance Watch, una nuova ong che vuole diventare la Greenpeace della finanza, promette battaglia. Dopo mesi di preparazione è ormai operativa. Vuole difendere l’interesse dei cittadini e dei risparmiatori nelle questioni finanziarie. E lavorare a Bruxelles (facendo lobby pressante) perché, quando si prepara e si discute una nuova normativa, non ci siano solo le banche a difendere i propri interessi.

L’idea è venuta un anno fa a una ventina di eurodeputati che hanno lanciato un appello per la creazione di Finance Watch. Fra loro politici verdi, di sinistra (al gruppo si è in seguito associato anche Sergio Cofferati) e pure di destra. Il più combattivo è stato Pascal Canfin, giornalista francese, diventato parlamentare europeo nel 2009. “Uno dei primi testi legislativi che mi sono ritrovato a esaminare – racconta – riguardava i limiti da imporre ai fondi speculativi. Nel mio ufficio, però, venivano solo i lobbisti degli hedge funds. Nessuno ha mai bussato alla porta per parlarmi in maniera negativa di quegli strumenti. In materia finanziaria e bancaria non esistono equivalenti di Greenpeace, del Wwf o dei sindacati europei. Non c’è un contropotere”.

O meglio, non esisteva. Perché nei giorni scorsi si è tenuta la prima assemblea generale di Finance Watch. I soci fondatori sono una quarantina di organizzazioni europee che a loro volta rappresentano più di 300 Ong, sindacati e associazioni di consumatori (da Oxfam al Beuc, L’ufficio europeo delle unioni dei consumatori, passando per la Ces, la Confederazione dei sindacati a livello comunitario). Finance Watch porterà avanti indagini su temi specifici: “controperizie” indipendenti rispetto all’industria finanziaria. Poi ci sarà l’azione di lobby sul Parlamento, la Commissione e il Consiglio europei. E, infine, l’attività di comunicazione, così da scatenare dibattiti pubblici su argomenti spesso ostici e poco pubblicizzati. Ma che sono all’origine di crack di imprese e di Stati, di perdite ingenti (e ingiuste) sugli investimenti, di tasse aggiuntive per correggere quei patatrac.

Finance Watch puo’ già contare sulla consulenza di una ventina di esperti: economisti, avvocati, analisti finanziari, docenti universitari. Insomma, specialisti che ben conoscono i meccanismi dall’interno. Come Philippe Loumeau, che, dopo una ventina d’anni trascorsi a lavorare nelle Borse di mezzo mondo (è stato, addirittura numero due di quella di Montréal), è ora consulente per il management d’impresa. E ha promesso che dedicherà a Finance Watch come volontario almeno un giorno di lavoro alla settimana. Segretario generale della Ong sarà Thierry Philipponnat, 49 anni, una carriera brillante tra Bnp Paribas, Ubs ed Euronext. Anche lui oggi lavora come consulente, dopo aver iniziato a collaborare negli anni scorsi con Amnesty International. “Trovo la finanza molto interessante, anche da un punto di vista intellettuale – sottolinea – . E poi è fondamentale per l’economia. Ma mi preoccupa anche l’impatto sociale di queste attività”. Padrino della nuova organizzazione, invece, sarà Juergen Habermas, l’anziano filosofo e sociologo tedesco. Secondo l’europarlamentare Canfin, il mondo della finanza sembra aver dimenticato in fretta la crisi del 2008. “E’ chiaro che diverse banche hanno già iniziato a speculare perfino sul debito greco – sottolinea -. Bisogna intervenire al più presto”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it
Giu 26, 2011 - Economia, Truffe    Commenti disabilitati su Oro “di Bologna” a Fort Knox!

Oro “di Bologna” a Fort Knox!

Oro falso a Fort KnoxHo scovato un articoletto davvero interessante, mi sono avvalso di un traduttore ed ho corretto l’aspetto grammaticale in quanto l’articolo originale è in Russo, vogliate pertanto perdonarmi qualche errore, ma vi assicuro che il significato è DAVVERO MOLTO CHIARO.


Nel mese di ottobre 2009, il Mnistero del Tesoro USA ha inviato una partita di lingotti d’oro in Cina. Si tratta di trasferimenti regolarmente effettuati per pagare i debiti anche al di fuori della bilancia commerciale. La maggior parte degli scambi in oro del mondo viene comunicata e memorizzata nel deposito sotto la supervisione di una speciale organizzazione – Bullion Market Association di Londra (potete leggere quì come funziona). Quando il carico partito venne ricevuto, il governo cinese ha ordinato una verifica speciale della purezza e il peso dei lingotti d’oro; ricordiamo che la Cina è il più grande detentore straniero di U. S. titoli del Tesoro. I funzionari cinesi sono rimasti scioccati quando hanno scoperto che le barre erano false. La truffa consisteva in barre di tungsteno rivestiti con un sottile strato di oro vero. Questo “oro” in lingotti è stato prodotto negli Stati Uniti e conservato a Fort Knox per molti anni.

Il governo cinese ha immediatamente avviato un’indagine e ha rilasciato una dichiarazione che alludeva alle macchinazioni del governo statunitense. I numeri di registrazione delle barre partite indicano che i lingotti falsi sono stati ottenuti dalle banche della Federal Reserve durante l’amministrazione Clinton. E ‘stato poi commissionato dai banchieri della Federal Reserve sono state prodotte tra 1,3 e 1,5 milioni di barre di tungsteno del peso di 400 grammi, 640.000 delle piastrelle di tungsteno sono stati rivestiti con oro e spediti a Fort Knox, dove rimangono fino ad oggi.

Secondo l’indagine cinese, il resto del 1,3-1.500.000 barre di tungsteno da 400 grammi veniva coperto d’oro e poi venduto sul mercato internazionale. Non solo la riserva aurea degli Stati Uniti ha un oro falso, ma il mercato mondiale è stato anche ingannato dai banchieri della Federal Reserve e da Clinton. Si stima che il valore delle truffe Oro Clinton non sia inferiore ai 600 miliardi di dollari.

Un articolo del “New York Post” il 2 febbraio 2004, intitolato “Procura sta indagando il capo del New York Mercantile Exchange”, ha sottolineato che il Golden Affair Clinton ha attirato l’attenzione dei funzionari degli Stati Uniti. Articolo scritto da Jennifer Anderson, ha riferito che “l’amministratore delegato del New York Mercantile Exchange è sotto inchiesta da parte del procuratore distrettuale di Manhattan. Fonti vicine alla borsa detto la scorsa settimana, Stuart Smith, vice presidente senior delle operazioni di scambio, è stato cercato dal procuratore distrettuale. Dettagli dell’inchiesta non sono stati resi noti, ma un portavoce ha detto che il cambio, non è stato associato ad operazioni di scambio con le azioni. Ha rifiutato ulteriori commenti, dicendo solo che le accuse sono state depositate. L’ufficio di rappresentanza del procuratore distrettuale di Manhattan si è rifiutato di commentare.”

Presso l’ufficio del Vice Presidente Senior delle Operazioni della New York Mercantile Exchange (NYMEX), questo è il posto dove sono andati a cercare le certificazioni [numero di registrazione e l’origine] per OGNI BAR GOLD mai fisicamente trasmesse all’Exchange. Essi sono tenuti a conservare registrazioni di ogni lingotto. Queste relazioni dovrebbero dimostrare l’origine esatta di tutto l’oro fisico, che è andato sul mercato e, di conseguenza, avrebbe rivelato quanto oro non risulti dagli scambi delle compagnie di estrazione dell’oro, semplicemente perché la quantità di oro proveniente dalla “fusione” dovrà essere superiore alla quantità prodotta fisicamente.

Perché è stato utilizzato il tungsteno ?

Per stampare il denaro falso, si ha necessità di una carta speciale, o note possono essere facilmente identificati Spetspribor, che sono ampiamente utilizzati da banche e imprese. Allo stesso modo, se avete intenzione di manipolare il lingotti d’oro, è necessario assicurarsi che essi abbiano proprietà e il peso specifico di oro vero.

Il problema di fare un lingotto buono forgiato è che l’oro ha una densità molto alta, quasi il doppio del piombo e due volte e mezzo più denso rispetto all’acciaio. Di solito non ce ne accorgiamo, perché piccoli anelli d’oro, ecc pesano troppo poco per poterne notare la differenza di densità, ma se mai entrassimo in possesso di un lingotto d’oro, si potrebbe notare che è assolutamente inconfondibile: un lingotto d’oro è molto, molto pesante.

Lo standard di trading lingotti d’oro tra le banche, conosciuta come la “fornitura di Londra Bar affidabile” (“bar London Good Delivery“), pesa mediamente 400 once (circa 12,5 kg.), ha la dimensione di un piccolo libro. Un lingotto d’acciaio della stessa dimensione peserebbe solo tredici libbre e mezzo (pari a soli 6,12 kg.).

Sono pochissimi i metalli in possesso di una densità elevata come l’oro, solo due eccezioni:
– l’uranio impoverito, che è a buon mercato, per il governo, ma è molto difficile da gestire. Inoltre, è radioattivo, il che è sicuramente un problema non da poco.
– il tungsteno, che costa molto meno dell’oro ed ha quasi la stessa densità, giusto una piccola differenza di tre decimi. Le principali differenze sono il  colore diverso, e una notevole durezza. L’oro puro è invece relativamente morbido, lo si può graffiare con un’unghia.

Il lingotto di Prima classe deve rispettare pienamente i parametri di colore, durezza, densità, proprietà chimiche e fisiche. Per produrne uno contraffatto è necessario disporre di un lingotto di tungsteno che sia di dimensioni di 1/8 di pollice più piccolo (in tutti e tre dimensioni) rispetto al lingotto d’oro finito; quindi applicare uno strato di oro vero dello spessore di 1/16 pollice. A vista, questa barra apparirebbe come reale ed in caso di test (non approfonditi come quelli effettuati dal Governo Cinese) le analisi chimiche avrebbero mostrato l’oro ed il peso sarebbe risultato esattamente identico ad un lingotto d’oro vero e proprio.

Oggi a Fort Knox sono ancora conservati questi lingotti di “oro Clinton”, e ancora oggi continuano a diffondersi in tutto il mondo, perché l’oro è in circolazione tra i paesi per pagare i debiti e risolvere la cosiddetta bilancia commerciale.

Fonte: perevodika.ru
Giu 25, 2011 - Informazione, Truffe    Commenti disabilitati su Morti “fuori stima” …..

Morti “fuori stima” …..

Repubblica Certo, dopo aver visto questo video…
… sembra anche OVVIO che i “numeri” che danno siano SEMPRE sottostimati.


Premesso intanto che è plausibile immaginare che il numero esatto sia impossibile averlo a prescindere; per tutta una serie di fattori, non ultimo il fatto che ci siano ordinariamente diverse “sparizioni” volontarie o meno (il telefono giallo prima, e chi l’ha visto poi, ci hanno costruito una fortuna) anche solo per nascondersi agli occhi del fisco o di qualche clan interessato a scambiare quattro chiacchiere; ma le affermazioni di quest’operatore, fanno presumere che si operi davvero con TROPPA LEGGEREZZA e PRESSAPOCHISMO.

In effetti, pensate a quante vittime NON censite tra quanti, senza parenti che ne reclamino la scomparsa, senza permesso di soggiorno, malati senza assistenza o semplicemente in NERO.

OGNI COMMENTO E’ DECISAMENTE GRADITO

Fonte: YouTube
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