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L’attacco alla repubblica del Ecuador. Ecco il perchè di Londra.

Latinoamerica
Un articolo ECCEZIONALE, DA NON PERDERE!!

Investite un po del vostro tempo in una cosa che vi farà capire MOLTE ALTRE COSE!!
Ad esempio, come sia possibile che lo Stato che è stato indulgente con Augusto Pinochet (e non c’è necessità che vi racconti io di chi stiamo parlando) sia IRREPRENSIBILE nei confronti di una persona accusata di presunta “aggressione sessuale”.


Oggi parliamo di geo-politica e di libera informazione in rete.
Tutto ciò che sta accadendo oggi, tecnicamente (nel senso di “politicamente”) è iniziato il 12 dicembre del 2008. Secondo altri, invece, sarebbe iniziato nel settembre di quell’anno. Ma ci volevano almeno quattro anni prima che l’onda d’urto arrivasse in Europa e in Usa.

Forse è meglio cominciare dall’inizio per spiegare gli accadimenti.
Anzi, è meglio cominciare dalla fine.

Con qualche specifica domanda, che -è molto probabile- pochi in Europa si sono posti.

Mi riferisco qui alla questione di Jules Assange, wikileaks, e la Repubblica di Ecuador.
Perché il caso esplode, oggi?

Perché, Jules Assange, ha scelto un minuscolo, nonché pacifico, staterello del Sudamerica che conta poco o nulla?
Come mai la corona dell’impero britannico perde la testa e si fa prendere a schiaffi davanti al mondo intero da un certo signor Patino, ministro degli esteri ecuadoregno, per gli euro-atlantici un vero e proprio Signor Nessuno, il quale ha dato una risposta alla super elite planetaria (cioè il Foreign Office di Sua Maestà) tale per cui, cinque anni fa avrebbe prodotto soltanto omeriche risate di pena e disprezzo, mentre oggi li costringe ad abbozzare, ritrattare, scusarsi davanti al mondo intero?
Perché l’Ecuador? Perché, adesso?

Tutto era più che prevedibile, nonché scontato.

Intendiamoci: era scontato in tutto il continente americano, in Australia, Nuova Zelanda, Danimarca, paesi scandinavi. In Europa e a Washington pensavano che il mondo fosse lo stesso di dieci anni fa. Perché l’Europa -e soprattutto l’Italia- è al 100% eurocentrica, vive sotto un costante bombardamento mediatico semi-dittatoriale, non ha la minima idea di ciò che accade nel resto del mondo, ma (quel che più conta) pensa ancora come nel 1812, ovvero: “se crolla l’Europa crolla il mondo intero; se crolla l’euro e l’Europa si disintegra scompare la civiltà nel mondo” e ragiona ancora in termini coloniali. Ma il mondo non funziona più così. In Italia, ad esempio, nessuno è informato sulla zuffa (che sta già diventando rissa) tra il Brasile e l’Onu, malamente gestita da Christine Lagarde, la persona che presiede il Fondo Monetario Internazionale, e che ruota intorno all’applicazione base di un concetto formale, banale, quasi sciocco, ma che potrebbe avere ripercussioni psico-simboliche immense: l’Italia è stata ufficialmente retrocessa. Non è più l’ottava potenza al mondo, bensì la nona. E’ stata superata dal Brasile. Quindi al prossimo G8 l’Italia non verrà invitata, ma ci andrà il Brasile. Da cui la scelta di abolire il G8 trasformandolo in G10 standard. Si stanno scannando.

La prima notizia Vera (per chi vuole ricavare informazioni reali dal mondo reale) è questa: “L’Europa, con l’Inghilterra e Germania in testa, non possono (non vogliono) accettare il trionfo keynesiano del Sudamerica e la loro irruzione nel teatro della Storia come soggetti politici autonomi. Per loro vale il principio per cui “che se ne stiano a casa loro, non rompano, e ringrazino il cielo che li facciamo anche sopravvivere, come facciamo con gli africani. Altrimenti, da quelle parti, uno per uno faranno la fine di Gheddafi”. Il messaggio in sintesi è questo.

Dal Sudamerica negli ultimi quaranta giorni sono arrivati tre potentissimi messaggi in risposta: niente è stato pubblicizzato in Europa. Tanto meno l’ultimo (il più importante) in data 3 agosto, se non altro per il fatto che era in diretta televisiva dalla sede di New York del Fondo Monetario Internazionale. Nessuno lo ha trasmesso in Europa, ad esclusione del Regno di Danimarca. E così, preso atto che esiste una compattezza mediatica planetaria di censura, e avendo preso atto che se non se ne parla la televisione, non c’è in rete e non si trovano notizie su wikipedia, allora vuol dire che non esiste, il Sudamerica ha scelto il palcoscenico mediatico globale più intelligente in assoluto: il cuore della finanza oligarchica planetaria, la city di Londra.
E adesso veniamo ai fatti.

Jules Assange, il 15 giugno del 2012 capisce che per lui è finita. Si trova a Londra. Gli agenti inglesi l’arresteranno la settimana dopo, lo porteranno a Stoccolma, dove all’aereoporto non verrà prelevato dalle forze di polizia di Sua Maestà la regina di Svezia, bensì da due ufficiali della Cia, e un diplomatico statunitense, i quali avvalendosi di specifici accordi formali sanciti tra le due nazioni farà prevalere il “diritto di opzione militare in caso di conflitto bellico dichiarato” sostenendo che Jules Assange è “intervenuto attivamente” all’interno del conflitto Nato-Iraq mentre la guerra era in corso. Lo porteranno direttamente in Usa, nello Stato del Texas, dove verrà sottoposto a processo penale per attività terroristiche, chiedendo per lui l’applicazione della pena di morte sulla base dell’applicazione del Patriot Act Law. Si consulta con il suo gruppo, fanno la scelta giusta dopo tre giorni di vorticosi scambi di informazioni in tutto il pianeta. “vai all’ambasciata dell’Ecuador a piedi, con la metropolitana, stai lì”. Alle 9 del mattino del 19 giugno entra nell’ambasciata dell’Ecuador. Nessuna notizia, non lo sa nessuno. Il suo gruppo apre una trattativa con gli agenti inglesi a Londra, con gli svedesi a Stoccolma e con i diplomatici americani a Rio de Janeiro. Raggiungono un accordo: “evitiamo rischio di attentati e facciamo passare le olimpiadi, il 13 agosto se ne può andare in Sudamerica, facciamo tutto in silenzio, basta che non se ne parli”. I suoi accettano, ma allo stesso tempo non si fidano (giustamente) degli anglo-americani. Si danno da fare e mettono a segno due favolosi colpi. Il primo avviene il 3 agosto, il secondo il 4.

Il 3 agosto 2012, con un anticipo rispetto alla scadenza di 16 mesi, la presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, si presenta alla sede di Manhattan del Fondo Monetario Internazionale accompagnata dal suo ministro dell’economia e dal ministro degli esteri ecuadoregno, Patino, in rappresentanza di “Alba” (acronimo che sta per Alianza Laburista Bolivariana America”) l’unione economica tra Ecuador, Colombia e Venezuela. In tale occasione, la Kirchner si fa fotografare e riprendere dalle televisioni con un gigantesco cartellone che mostra un assegno di 12 miliardi di euro intestato al Fondo Monetario Internazionale con scadenza 31 dicembre 2013, che il governo argentino ha versato poche ore prima. “Con questa tranche, la Repubblica Argentina ha dimostrato di essere solvibile, di essere una nazione responsabile, attendibile e affidabile per chiunque voglia investire i propri soldi. Nel 2003 andammo in default per 112 miliardi di dollari, ma ci rifiutammo di chiedere la cancellazione del debito: scegliemmo semplicemente la dichiarazione ufficiale di bancarotta e chiedemmo dieci anni di tempo per restituire i soldi a tutti, compresi gli interessi. Per dieci, lunghi anni, abbiamo vissuto nel limbo. Per dieci, lunghi anni, abbiamo protestato, contestato e combattuto contro le decisioni del Fondo Monetario Internazionale che voleva imporci misure restrittive di rigore economico sostenendo che fosse l’unica strada. Noi abbiamo seguito una strada diversa, opposta: quella del keynesismo basato sul bilancio sociale, sul benessere equo sostenibile e sugli investimenti in infrastrutture, ricerca, innovazione, investendo invece di tagliare. Abbiamo risolto i nostri problemi. Ci siamo ripresi. Non solo. Siamo oggi in grado di saldare l’ultima tranche con 16 mesi di anticipo. Le idee del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale in materia economica sono idee errate, sbagliate. Lo erano allora lo sono ancor di più oggi: Chi vuole operare, imprendere, creare lavoro e ricchezza, è benvenuto in Argentina: siamo una nazione che ha dimostrato di essere solvibile, quindi pretendiamo rispetto e fedeltà alle norme e alle regole, da parte di tutti, dato che abbiamo dimostrato, noi per primi, di rispettare i dispositivi del diritto internazionale……” ecc. Subito dopo (cioè 15 minuti dopo) la Kirchner ha presentato una denuncia formale contro la Gran Bretagna e gli Usa al WTO (World Trade Organization) la più importante associazione planetaria di scambi commerciali coinvolgendo il Fondo Monetario Internazionale grazie ai files messi a disposizione da Wikileaks, cioè Assange. L’Argentina ha saldato i debiti, ma adesso vuole i danni. Con gli interessi composti. “Volevano questo, bene, l’hanno ottenuto. Adesso che paghino”. E’ una lotta tra la Kirchner e la Lagarde. Le due Cristine duellano da un anno impietosamente. Grazie (o per colpa) di Assange, dato che il suo gruppo ha tutte le trascrizioni di diverse conversazioni in diverse cancellerie del globo, che coinvolgono gli Usa, la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia, la Germania, il Vaticano, dove l’economia la fa da padrone: Osama Bin Laden è stato mandato in soffitta e sostituito da John Maynard Keynes, lui è diventato il nemico pubblico numero uno delle grandi potenze; in queste lunghe conversazioni si parla di come mettere in ginocchio le economie sudamericane, come portar via le loro risorse energetiche, come impedir loro di riprendersi e crescere, come fare per impedire ai loro governi di far passare i piani economici keynesiani applicando invece i dettami del Fondo Monetario Internazionale il cui unico scopo consiste nel praticare una politica neo-colonialista a vantaggio soprattutto di Spagna, Italia e Germania, con capitali inglesi. Gran parte dei file già resi pubblici su internet. Gran parte dei file, gentilmente offerti da Assange all’ambasciatore in Gran Bretagna dell’Ecuador, il quale -siamo sempre il 3 agosto a New York- ricorda chi rappresenta e che cosa ha fatto l’Ecuador, ovvero la prima nazione del continente americano, e unica nazione nel mondo occidentale dal 1948, ad aver applicato il concetto di “debito immorale” ovvero “il rifiuto politico e tecnico di saldare alla comunità internazionale i debiti consolidati dello Stato perché ottenuti dai precedenti governi attraverso la corruzione, la violazione dello Stato di Dirirtto, la violazione di norme costituzionali”. Il 12 dicembre del 2008, infatti, il neo presidente del governo dell’Ecuador Rafael Correa (pil intorno ai 50 miliardi di euro, pari a 30 volte di meno dell’Italia) dichiara ufficialmente in diretta televisiva in tutto il continente americano (l’Europa non ha mai trasmesso neppure un fotogramma e difficilmente si trova nella rete europea materiale visivo) di “aver deciso di cancellare il debito nazionale considerandolo immondo, perché immorale; hanno alterato la costituzione per opprimere il popolo raccontando il falso. Hanno fatto credere che ciò chè è Legge, cioè legittimo, è giusto. Non è così: da oggi in terra d’Ecuador vale il nuovo principio costituzionale per cui ciò che è giusto per la collettività allora diventa legittimo”. Cifra del debito: 11 miliardi di euro. Il Fondo Monetario Internazionale fa cancellare l’Ecuador dal nòvero delle nazioni civili: non avrà mai più aiuti di nessun genere da nessuno “Il paese va isolato” dichiara Dominique Strauss Kahn, allora segretario del Fondo Monetario.. Il paese è in ginocchio. Il giorno dopo, Hugo Chavez annuncia ufficialmente che darà il proprio contributo dando petrolio e gas gratis all’Ecuador per dieci anni. Quattro ore più tardi, il presidente Lula annuncia in televisione che darà gratis 100 tonnellate al giorno di grano, riso, soya e frutta per nutrire la popolazione, finchè la nazione non si sarà ripresa. La sera, l’Argentina annuncia che darà il 3% della propria produzione di carne bovina di prima scelta gratis all’Ecuador per garantire la quantità di proteine per la popolazione. Il mattino dopo, in Bolivia, Evo Morales annuncia di aver legalizzato la cocaina considerandola produzione nazionale e bene collettivo. Tassa i produttori di foglie di coca e offre all’Ecuador un prestito di 5 miliardi di euro a tasso zero restituibile in dieci anni in 120 rate. Due giorni dopo, l’Ecuador denuncia la United Fruit Company e la Del Monte & Associates per “schiavismo e crimini contro l’umanità”, nazionalizza l’industria agricola delle banane (l’Ecuador è il primo produttore al mondi di banane) e lancia un piano nazionale di investimento di agricoltura biologica ecologica pura. Dieci giorni dopo, i verdi bavaresi, i verdi dello Schleswig Holstein, in Italia la Conad, e in Danimarca la Haagen Daaz, si dichiarano disponibili a firmare subito dei contratti decennali di acquisto della produzione di banane attraverso regolari tratte finanziarie pagate in euro che possono essere scontate subito alla borsa delle merci di Chicago. Il 20 dicembre del 2008, facendosi carico della protesta della United Fruit Company, il presidente George Bush (già deposto ma in carica formale fino al 17 gennaio 2009) dichiara “nulla e criminale la decisione dell’Ecuador” annunciando la richiesta di espulsione del paese dall’Onu: “siamo pronti anche a una opzione militare per salvaguardare gli interessi statunitensi”. Il mattino dopo, il potente studio legale di New York Goldberg & Goldberg presenta una memoria difensiva sostenendo che c’è un precedente legale. Sei ore dopo, gli Usa si arrendono e impongono alla comunità internazionale l’accettazione e la legittimità del concetto di “debito immorale”. La United Fruit company viene provata come “multinazionale che pratica sistematicamente la corruzione politica” e condannata a pagare danni per 6 miliardi di euro. Da notare che il “precedente legale” (tuttora ignoto a gran parte degli europei) è datato 4 gennaio 2003 a firma George Bush. Eh già. E’ accaduto in Iraq, che in quel momento risultava “tecnicamente” possedimento americano in quanto occupato dai marines con governo provvisorio non ancora riconosciuto dall’Onu. Saddam Hussein aveva lasciato debiti per 250 miliardi di euro (di cui 40 miliardi di euro nei confronti dell’Italia grazie alle manovre di Taraq Aziz, vice di Hussein e uomo dell’opus dei fedele al vaticano) che gli Usa cancellano applicando il concetto di “debito immorale” e quindi aprendo la strada a un precedente storico recente. Gli avvocati newyorchesi dell’Ecuador offrono al governo americano una scelta: o accettano e stanno zitti oppure se si annulla la decisione dell’Ecuador allora si annulla anche quella dell’Iraq e quindi il tesoro Usa deve pagare subito i 250 miliardi di euro a tutti compresi gli interessi composti per quattro anni. Obama, non ancora insediato ma già eletto, impone a Bush di gettare la spugna. La solida parcella degli avvocati newyorchesi viene pagata dal governo brasiliano.

Nasce allora il Sudamerica moderno.

E cresce e si diffonde il mito di Rafael Correa, presidente eletto dell’Ecuador. Non un contadino indio come Morales, un sindacalista come Lula, un operaio degli altiforni come Chavez. Tutt’altra pasta. Proveniente da una famiglia dell’alta borghesia caraibica, è un intellettuale cattolico. Laureato in economia e pianificazione economica a Harvard, cattolico credente e molto osservante, si auto-definisce “cristiano-socialista come Gesù Cristo, sempre schierato dalla parte di chi ha bisogno e soffre”. Il suo primo atto ufficiale consiste nel congelare tutti i conti correnti dello Ior nella banche cattoliche di Quito e tale cifra viene dirottata in un programma di welfare sociale per i ceti più disagiati. Fa arrestare l’intera classe politica del precedente governo che viene sottoposta a regolare processo. Finiscono tutti in carcere, media di dieci anni a testa con il massimo rigore. Beni confiscati, proprietà nazionalizzate e ridistribuite in cooperative agricole ecologiche. Invia una lettera a papa Ratzinger dove si dichiara “sempre umile servo di Sua Illuminata Santità” dove chiede ufficialmente che il vaticano invii in Ecuador soltanto “religiosi dotati di profonda spiritualità e desiderosi di confortare i bisognosi evitando gli affaristi che finirebbero sotto il rigore della Legge degli uomini”.[Gli altri se ne possono comodamente andare affanculo n.d.r]

Tutto ciò lo si può raccontare oggi, grazie alla bella pensata del Foreign Office, andati nel pallone. In tutto il pianeta Terra, oggi, si parla di Rafael Correa, dell’Ecuador, del debito immorale, del nuovo Sudamerica che ha detto no al colonialismo e alla servitù alle multinazionali europee e statunitensi.
In Italia lo faccio io sperando di essere soltanto uno dei tanti.
Questo, per spiegare “perché l’Ecuador”.

E’ un chiaro segnale che il gruppo di Assange sta dando a chi vuol capire e comprendere che TINA è un Falso. Non è vero che non esiste alternativa. Per 400 anni, da quando gli europei scoprirono le banane ricche di potassio, gli ecuadoregni hanno vissuto nella povertà, nello sfruttamento, nell’indigenza, mentre per centinaia di anni un gruppo di efferati oligarchi si arricchiva alle loro spalle. Non è più così. E non lo sarà mai più. A meno che non finiscano per vincere Mitt Romney, Mario Draghi, Mario Monti, David Cameron e l’oligarchia finanziaria. L’esempio dell’Ecuador è vivo, può essere replicato in ogni nazione africana o asiatica del mondo.

Anche in Europa.
Per questo Jules Assange ha scelto l’Ecuador.
Ma non basta.

Il colpo decisivo al sistema viene dato da una notizia esplosiva resa pubblica (non a caso) il 4 agosto del 2012. “Jules Assange ha firmato il contratto di delega con il magistrato spagnolo Garzòn che ne rappresenta i diritti legali a tutti gli effetti e in ogni nazione del globo”.

Ma chi è Garzòn?

E’ il nemico pubblico numero uno della criminalità organizzata.
E’ il nemico pubblico numero uno dell’opus dei.
E’ il più feroce nemico di Silvio Berlusconi.
E’ in assoluto il nemico più pericoloso per il sistema bancario mondiale.

Magistrato spagnolo con 35 anni di attività ed esperienza alle spalle, responsabile della procura reale di Madrid, ha avuto tra le mani i più importanti processi spagnoli degli ultimi 25 anni. Esperto in “media & finanza” e soprattutto grande esperto in incroci azionari e finanziari, salì alla ribalta internazionale nel 1993 perché presentò all’interpol una denuncia contro Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri (chiedendone l’arresto) relativa a Telecinco, Pentafilm, Fininvest, reteitalia e Le cinq da cui veniva fuori che la Pentafilm (Berlusconi e Cecchi Gori soci, cioè Pd e PDL insieme) acquistava a 100 $ i diritti di un film alla Columbia Pictures che rivendeva a 500$ alla telecinco che li rivendeva a 1000$ a rete Italia che poi in ultima istanza vendeva a 2000$ alla Rai, in ben 142 casi tre volte: li ha venduti sia a Rai1 che a Ra2 che a Rai3. Lo stesso film. Cioè la Rai (ovvero noi) ha pagato i diritti di un film 20 volte il valore di mercato e l’ha acquistato tre volte, così tutti i partiti erano presenti alla pari. Quando si arrivò al nocciolo definitivo della faccenda, Berlusconi era presidente del consiglio, quindi Garzòn venne fermato dall’Unione Europea. Ottenne una mezza vittoria. Chiuse la telecinco e finirono in galera i manager spagnoli. Ma Berlusconi rientrò dalla finestra nel 2003 come Mediaset. Si riaprì la battaglia, Garzòn stava sempre lì. Nel 2006 pensava di avercela fatta ma il governo italiano di allora (Prodi & co.) aiutò Berlusconi a uscirne. Nel 2004 aprì un incartamento contro papa Woytila e contro il managament dello Ior in Spagna e in Argentina, in relazione al finanziamento e sostegno da parte del vaticano delle giunte militari di Pinochet e Videla in Sudamerica. Nel 2010 Garzòn si dimise andando in pensione ma aprì uno studio di diritto internazionale dedicato esclusivamente a “media & finanza” con sede all’Aja in Olanda. E’ il magistrato che è andato a mettere il naso negli affari più scottanti, in campo mediatico, dell’Europa, degli ultimi venti anni. In quanto legale ufficiale di Assange, il giudice Garzòn ha l’accesso ai 145.000 file ancora in possesso di Jules Assange che non sono stati resi pubblici. Ha già fatto sapere che il suo studio è pronto a denunciare diversi capi di stato occidentali al tribunale dei diritti civili con sede all’Aja. L’accusa sarà “crimini contro l’umanità, crimini contro la dignità della persona”.

La battaglia è dunque aperta.
E sarà decisiva soprattutto per il futuro della libertà in rete.
In Usa non fanno mistero del fatto che lo vogliono morto. Anche gli inglesi.

Ma hanno non pochi guai perché, nel frattempo, nonostante sia abbastanza paranoico (e ne ha ben donde) Assange ha provveduto a tirar su un gruppo planetario che si occupa di contro-informazione (vera non quella italiana). I suoi esponenti sono anonimi. Nessuno sa chi siano. Non hanno un sito identificato. Semplicemente immettono in rete dati, notizie, informazioni, eventi. Poi, chi vuole sapere sa dove cercare e chi vuole capire capisce.

Quando la temperatura si alza, va da sé, il tutto viene in superficie.
E allora si balla tutti.

In Sudamerica, oggi, la chiamano “British dance”.
Speriamo soltanto che non abbia seguiti dolorosi o sanguinosi.

Per questo Assange sta dentro l’ambasciata dell’Ecuador.
Per questo Garzòn lo difende.
Per questo, questa storia relativa al Sudamerica, va raccontata.
Per questo l’Impero Britannico ha perso la testa e lo vuole far fuori.

Perché Assange ha accesso a materiale di fonte diretta.

E il solo fatto di dirlo, e divulgarlo, scopre le carte a chi governa, e ricorda alla gente che siamo dentro una Guerra Invisibile Mediatica.
Non sanno come fare a fermare la diffusione di informazioni su ciò che accade nel mondo.
Finora gli è andata bene, rimbecillendo e addormentando l’umanità.

Ma nel caso ci si risvegliasse, per il potere sarebbero dolori davvero imbarazzanti.
Wikileaks non va letto come gossip.

Non lo è.
C’è gente che per immettere una informazione da un anonimo internet point a Canberra, Bogotà o Saint Tropez, rischia anche la pelle.

Questi anonimi meritano il nostro rispetto.
E ci ricordano anche che non potremo più dire, domani “ma noi non sapevamo”.
Chi vuole sapere, oggi, è ben servito. Basta cercare.

Se poi, con questo Sapere un internauta non ne fa nulla, è una sua scelta.
Tradotto vuol dire: finchè non mandiamo a casa l’immonda classe politica che mal ci rappresenta, le chiacchiere rimarranno a zero. Perché ormai sappiamo tutti come stanno le cose.

Altrimenti, non ci si può lamentare o sorprendersi che in Italia nessuno abbia mai parlato prima dell’Ecuador, di Rafael Correa, di ciò che accade in Sudamerica, dello scontro furibondo in atto tra la presidente argentina e brasiliana da una parte e Christine Lagarde e la Merkel dall’altra.

Perché stupirsi, quindi, che gli inglesi vogliano invadere un’ambasciata straniera?
Non era mai accaduto neppure nei momenti più bollenti della cosiddetta Guerra Fredda.
Come dicono in Sudamerica quando si chiede “ma che fanno in Europa, che succede lì?”

Ormai si risponde dovunque “In Europa dormono. Non sanno che la vita esiste”.

Fonte: sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Lug 20, 2012 - Abuso di Potere, Economia, Informazione, Politica    Commenti disabilitati su Ecco come la Cina fa la “guerra” economica al mondo

Ecco come la Cina fa la “guerra” economica al mondo

La storia contemporanea sta scorrendo sotto i nostri occhi, ma al contrario di quanto accadeva in passato, molti episodi che lasceranno la loro traccia sui libri, si svolgono ben lontani dalla vecchia Europa e non attirano l’attenzione dei mass-media nostrani. Quello che segue è il resoconto di una contesa internazionale che, prima o poi, potrebbe arrivare all’attenzione mondiale in circostanze ancora più drammatiche.

7 settembre 2010, isole di Senkaku nel Mar Cinese Orientale. Un peschereccio cinese entra in collisione con due imbarcazioni della guardia costiera giapponese. Dopo la collisione, i militari giapponesi salgono a bordo del peschereccio e arrestano l’equipaggio e il capitano Qixiong Zhan che, come dimostrarono successivamente i filmati, aveva deliberatamente speronato la barca giapponese.

Le isole di Senkaku (per i cinesi isole Diaoyutai), disabitate e sconosciute al resto del mondo, sono da lungo tempo oggetto di contesa tra Cina e Giappone. Furono annesse al Giappone nel 1895, dopo la vittoria della guerra con la Cina. La disputa sulle isole è una bomba a orologeria, data l’enormità della posta in gioco. Nonostante le dichiarazioni giapponesi che gli interessi cinesi sarebbero legati ai potenziali giacimenti di petrolio, non c’è mai stato dialogo tra i due paesi sulla questione, che rimane al centro di una più ampia tensione tra Cina e Giappone, risalente al massacro di Nanjing (Nanchino) del 1937, quando furono assassinati circa 300.000 cinesi dall’esercito giapponese.

La Cina per ritorsione all’arresto del capitano, cancella un viaggio di ben 10.000 turisti cinesi in Giappone e minaccia ulteriori ritorsioni se il capitano del peschereccio non verrà rilasciato immediatamente e senza condizioni. Il 21 settembre la crisi arriva all’apice: il tribunale giapponese di Okinawa conferma l’arresto del capitano del peschereccio e a quel punto la Cina effettua un gesto clamoroso e sorprendente:  blocca totalmente l’esportazione di terre rare verso il Giappone. Il  Giappone importa dalla Cina il 90% dei propri fabbisogni di terre rare e questi metalli rari sono indispensabili all’industria giapponese.

Per dare un’idea dell’importanza della disputa, basta considerare che il trattato di mutua cooperazione e sicurezza tra Stati Uniti e Giappone, obbliga gli Stati Uniti ad un intervento militare per difendere il terrirorio giapponese. In quei giorni il segretario di stato americano dichiarava che Washington avrebbe onorato il suo impegno militare in caso di conflitto militare sulle isole Senkaku. Due giorni dopo il blocco delle esportazioni di terre rare da parte della Cina, il tribunale giapponese di Okinawa dichiara le accuse verso il capitano del peschereccio inesistenti e ordina il rilascio immediato del capitano.  Il giorno 29 settembre la Cina riattiva le procedure di esportazione, ma chiede le scuse ufficiali del Giappone e il risarcimento dei danni. Il capitano del peschereccio viene accolto in Cina come un eroe nazionale.

La marina militare cinese è solita utilizzare imbarcazioni civili per difendere la sovranità delle coste nazionali e delle acque territoriali, come parte cruciale della dottrina che gli ufficiali cinesi chiamano guerra popolare. Spesso sui pescherecci cinesi vi sono militari, in uniforme o in borghese, sempre armati. Nel novembre 2010, le riprese della collisione vengono pubblicate su internet, suscitando grande imbarazzo nel governo giapponese, che aveva fatto di tutto per mantenerlo segreto. Infatti dal video emerge la responsabilità cinese e di conseguenza dimostra come il Giappone sia stato in balia della pressione economica cinese.

L’episodio la dice lunga sull’importanza e sulla carenza mondiale di terre rare anche perchè da allora, a detta di moltissimi osservatori, la Cina ha usato questo incidente con il Giappone per iniziare una diplomazia che viene chiamata la “diplomazia del bastone” (big stick) per affermare la propria potenza sia verso il Giappone che verso i paesi occidentali. Sembra che l’episodio sia anche servito a Pechino come test, per avvisare Vietnam, Malesia, e Brunei che la contesa per le isole di Spratly (arcipelago ricco di petrolio) potrebbe seguire la stessa strada.

La super-potenza cinese ha dimostrato di non sentirsi minimamente responsabile nel ricorrere alla guerra economica pur di far valere le proprie ragioni. In Giappone anche i militari sono preoccupati, poichè la stessa spregiudicatezza potrebbe portare i cinesi all’intervento militare. Gli equilibri geopolitici ed economici del mondo, non sono più gli stessi dopo l’episodio delle isole di Senkaku.


Fonte: lindipendenza.com

Lug 7, 2012 - Abuso di Potere, Bancocrazia, Economia, Truffe    Commenti disabilitati su Le banche boicottano i giovani

Le banche boicottano i giovani

Un’indagine di Altroconsumo rivela che allo sportello la grande maggioranza degli istituti non rivela ai precari che esiste un fondo di garanzia governativo per i loro mutui. In compenso, cercano di vendergli le proprie polizze assicurative (anche se è vietato)

Fonte: Altroconsumo, luglio 2012 (premi massimi richiesti per polizza vita per un mutuo di 100mila euro) Fonte: Altroconsumo, luglio 2012 (premi massimi richiesti per polizza vita per un mutuo di 100mila euro)Un mutuo all’1,2% anziché al 4? Cari precari, continuate a sognare. Eppure nel giugno del 2011 l’ex ministro Meloni e molti istituti di credito avevano siglato un accordo che prevedeva proprio questo: grazie a un fondo garantito dal governo le banche avrebbe potuto offrire mutui a prezzi agevolati alle giovani coppie di precari. Un’opzione di cui sembra si siano dimenticati tutti. Come dimostra un’inchiesta di Altroconsumo, a un anno dall’attivazione del fondo, le banche si guardano bene dall’offrire questa soluzione, anzi. Solo nove agenzie sulle 71 visitate dall’associazione lo hanno proposto: tutte le altre si son limitate a proporre prestiti con tassi d’interesse due o tre volte superiori.

«Dicevano sempre di non sapere nemmeno dell’esistenza del fondo, o che la loro banca non vi aveva aderito – racconta Anna Vizzari, una dei membri di Altroconsumo che ha seguito l’inchiesta – quando sappiamo non è vero: erano tutte agenzie di istituti che hanno firmato il protocollo d’intesa». Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Milano, tanto per citarne alcune (potete trovare qui la lista completa http://www.diamoglifuturo.it/fondo-casa/Soggetti%20Finanziatori).

Secondo il protocollo, intitolato “Diamogli futuro”, il governo metteva a disposizione un fondo di garanzia di 50 milioni di euro perché le banche concedessero mutui agevolati alle coppie di precari: un tasso dell’1,20% o dell’1,50% per mutui superiori ai 20 anni. «Praticamente nessuno ce l’ha proposto, e sì che spesso, soprattutto nelle agenzie più piccole, parlavamo direttamente con i direttori. E se non sono loro a offrire questa soluzione ai clienti chi dovrebbe informare i precari di questo diritto?». Nessuno. Nemmeno sul sito “Patti Chiari”, fondato dall’associazione bancaria italiana per “migliorare la relazione banca-cliente”, se ne trova il minimo cenno.

Per le coppie di precari under 35, insomma, le barriere per l’accesso al credito rimangono le stesse, nonostante gli impegni di banche e governo. Non che per i lavoratori “stabili” le cose vadano meglio: «La banche stanno proponendo tassi insostentibili per il reddito medio – continua Anna Vizzari – oltre a richiedere ormai anche un terzo garante. Per mutui, poi, che non coprono più del 50, 60% del valore di perizia della casa: tutto questo impedisce di accedere al credito a milioni di persone che lo potrebbero sostenere».

Ma l’inchiesta di Altroconsumo ha verificato anche altro. Secondo l’ultimo regolamento Isvap (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo), le banche non possono vendere polizze legate al mutuo di cui sono beneficiarie. Bene, su 185 agenzie visitate da Altroconsumo, il 68% ha offerto ai finti clienti dell’associazione delle polizze di incendio e scoppio: «Dicevamo di voler aprire un mutuo da 100.000 euro – racconta la Vizzari – poi chiedevamo se si potessero legare al mutuo delle polizze assicurative, e chi ne fosse il beneficiario. Ce le offrivano subito, infischiandosene del regolamento. Abbiamo denunciato tutto all’Isvap». Cigliegina sulla torta: tra le 12 città visitate non sono mancate le banche che queste polizze le offrivano a prezzi esorbitanti. Come se non bastasse già tutto il resto.

Fonte: espresso.repubblica.it

Mag 28, 2012 - Abuso di Potere, Bancocrazia, Economia, Informazione, InGiustizia, Truffe    Commenti disabilitati su La Distanza dalla vita normale di LORSIGNORI…

La Distanza dalla vita normale di LORSIGNORI…

MONTI E CHI GUADAGNA 5 EURO ALL’ORA

DI MARCELLO FOA
blog.ilgiornale.it

Ci sono immagini che non richiedono commenti. Guardatevi lo stralcio dell’intervista concessa dal premier Mario Monti alla Sette (vedi più sotto, ndr). Formigli gli chiede: se lei avesse un figlio ventenne, laureato che guadagna 5 euro all’ora con un contratto da precario che cosa gli direbbe: vai via dall’Italia? Come lo convincerebbe a restare?

Mario Monti resta in silenzio per 17 secondi, poi farfuglia una risposta sconclusionata, evasiva; tipica dell’accademico che non sa cosa sia la realtà, che non ha mai visto, né frequentato, né pensato a chi lavora umilmente; perché quel mondo non gli appartiene, esce dal suo radar mentale se non per ripetere le stesse regole astratte sulla flessibilità, sulla necessità di cambiare.


O meglio: cambino gli altri, lui no di certo. Quanto a suo figlio, è giovanissimo ma ha già fatto una carriera brillante a Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup, Parmalat. Per meriti personali, non dubitiamo

Marcello Foa
Fonte: http://blog.ilgiornale.it
Link: http://blog.ilgiornale.it/foa/2012/05/26/monti-e-che-guadagna-5-euro-allora/ 26.05.2012

Tratto da: comedonchisciotte.org
Mag 19, 2012 - Abuso di Potere, Informazione, InGiustizia, Politica    Commenti disabilitati su Problemi SERISSIMI in vista…..

Problemi SERISSIMI in vista…..

EFFEDIEFFEIl buon Maurizio Blondet mi perdonerà per il copia/incolla, ma si tratta di una notizia di un ALLARMATE SPAVENTOSO!LEGGETE E DIFFONDETE!!!


La nuova Rivoluzione Americana. Sarà stroncata.

Il Dipartimento per la Homeland Security si prepara: ha comprato 450 milioni di proiettili a punta cava molto potenti di grosso calibro (40 , pari a 10 mm) e altri 175 milioni di munizioni calibro .223 (5,56 mm), che è il calibro NATO. Ne dà notizia sul sito «Liberty Bell» Ron Holland, economista, attivista e blogger, che ricorda come il primo tipo di munizioni sia vietato nei conflitti fra nazioni fin dalla Convenzione dell’Aja del 1899, e «si può solo immaginare in quale situazione domestica questa potenza di fuoco può essere usata dalla Sicurezza Interna». La ditta fornitrice, ATK, vanta così le sue pallottole: offrono «optimum penetration for terminal performance» (Where Do We Go From Here in the Freedom Movement?).

Holland annuncia un seminario che si terrà l’11 luglio a Las Vegas, cui interverranno note personalità, sul tema: «Crisi in America, un appello all’Azione» (A Call for Action). «Sono tempi da paura, ed è per questo che abbiamo una sessione speciale d’emergenza». Ad organizzare l’incontro è il Freedom Movement, il gruppo del movimento libertario a cui si richiama anche Ron Paul.

Ron Paul (benchè abbia ottenuto lusinghieri risultati elettorali) s’è ritirato dalla corsa presidenziale, lasciando nella confusione i suoi militanti e ausiliari della campagna, ed è un altro indizio di qualcosa di grave. Lui motiva la sua rinuncia con ragioni finanziarie (plausibili); alcuni dei suoi più stretti collaboratori negano che abbia capitolato e danno un’altra ragione: Message from Ron Paul 5/14/2012.

Il 76enne politico sa che non è possibile affermarsi al di fuori del sistema dei due partiti, non si può sfidare oltre il partito di cui anche il suo movimento ha bisogno, ossia il Partito Repubblicano cui formalmente appartiene, e rientra nella casa-madre contando di influenzarlo dall’interno. Plausibile anche questo.

Ma c’è una misteriosa «colazione d’affari» a cui Ron Paul è stato invitato da Ben Bernanke, il capo della Federal Reserve, presso la Banca Centrale, pochi giorni prima dell’annuncio della rinuncia (il Wall Street Journal ha dato notizia dell’incontro il 9 maggio). Ron Paul è un noto nemico della FED, di cui chiede l’abolizione pura e semplice. Il tema dell’incontro è rimasto riservato (Fed Foe Ron Paul Breakfasts With Bernanke at Central Bank).

I siti che appoggiano il vecchio fanno ridde di ipotesi su pressioni e minacce che Ron Paul potrebbe aver ricevuto, onde mettere fine ad una campagna che stava diventando troppo efficace e pericolosa per un establishment esso stesso in piena crisi di sistema, fra il degrado dell’egemonia e il declino economico. Questo ha scelto, come sfidante di Obama, Mitt Romney; e Ron Paul tallonava il candidato prescelto troppo da vicino. A pericolo percepito come estremo, l’establishment non ha mai mancato di ricorrere a mezzi estremi. Abbastanza, in questo caso, dal dissuadere il vecchio parlamentare a rientrare nei ranghi.

Si aggiungano le ormai annose informazioni sull’allestimento di vasti campi di concentramento per la popolazione, di gigantesche scorte di alimenti conservati fatte dallo Stato federale, di migliaia di bare, di reparti delle forze armate in addestramento per essere usate contro la popolazione (ciò che è vietato dalla Costituzione); si profila qualche evento, che il già citato Holland spiega così: «Il governo federale si sta preparando per disordini civili senza precedenti, peggiori che in Grecia e Spagna, quando Washington sarà costretto ad imporre piani di ‘austerità’ l’anno prossimo, dopo le elezioni di novembre».

Da dicembre infatti scattano una serie di tagli automatici o forzati al bilancio federale, resi obbligatori per le norme sul «tetto all’indebitamento» (debt ceiling) approvate l’anno scorso.

Di questo momento fatale ha parlato il 24 aprile, davanti al Council on Foreign Relations (lo storico centro decisionale dell’establishment), Erskine Bowles, condirettore della Commissione per il Bilancio del presidente Obama. Bowles ha spiegato al selezionato pubblico che tutti i dollari di entrate fiscale sono andati nelle spese fisse (Medicare, Medicaid, Sicurezza Sociale) e nel ‘servizio del debito’, 250 miliardi di dollari; ma questa cifra già mostruosa può salire a fine anno a 600 miliardi per il solo rincaro degli interessi passivi dovuto al credit crunch mondiale, e «possiamo trovarci a spendere mille miliardi in soli interessi in un batter d’occhio».

Le entrate fiscali sono andate via per quello. Per tutte le altre spese della superpotenza – Pentagono, infrastrutture, ricerca, istruzione, sicurezza interna, e le due guerre in corso – si è ricorso a prestiti; metà dei quali, ha detto Bowles, li abbiamo ottenuti da Paesi stranieri. Siamo al punto, ha celiato, che se la Cina invadesse Taiwan e fossimo costretti al conflitto come ci obbliga il trattato d’alleanza, per farlo dovremmo chiedere un altro prestito ai cinesi. Risate nervose in aula (U.S. Perfecting Formula for Budget Failure, Says Bowles).

A dicembre, il bilancio federale incontrerà diversi «scalini» in discesa, dai tagli obbligatori di 1,1 trilione (metà li subirà il Pentagono), diverse scadenze di facilitazioni fiscali risalenti all’era Bush, eccetera: da 4 a 7 trilioni (ossia 7 mila miliardi di dollari) di tagli, per i quali non ci si è affatto preparati. Anche perchè con il voto per la presidenza a novembre, nè l’Amministrazione Obama nè il Congresso a lui avverso hanno interesse a cominciare i tagli. Anche se a dire il vero la Camera bassa (dove la maggioranza è ostile ad Obama) ha già passato una legge che grazia dai tagli automatici la Difesa, trasferendoli sui servizi sociali e sulla (pseudo) riforma sanitaria varata da Obama, e aumentando i contributi a carico dei dipendenti statali per le pensioni. Anche se questa legge sarà silurata al Senato dove la maggioranza è del Partito Democratico, ciò indica l’orientamento prevalente nel mondo politico come nei poteri forti: piuttosto che le spese militari (strumento dell’egemonia terminale), si taglieranno le miserabili spese sociali. Dalla sanità fino ai buoni-pasto caritativi, da cui dipendono decine di milioni di americani (Appalled by sequester cuts, House begins efforts to avoid them).

Di qui la necessità di provvedere in anticipo a probabili rivolte sociali. Il movimento libertario si prepara con il Freedom Festial a Las Vegas; la Homeland Security con i 450 milioni di palle calibro .40, e con la nuova legislazione già varata: il National Defense Autorization Act che toglie ai cittadini americani l’habeas corpus – se definiti «terroristi» o «enemy combatants» possono essere incarecerati senza processo e senza limiti di tempo, fino alla proposta della senatrice democratica Barbara Boxer: chi deve all’ufficio imposte più di 50 mila dollari si vedrà ritirare il passaporto.

«Tempi da paura», come dice Holland.

Fonte: effedieffe.com
Mag 2, 2012 - Abuso di Potere, Bancocrazia, Economia, Equitalia, Finanza, Fisco, Giustizia, InGiustizia, Lavoro, opinioni, Politica, sfoghi, Truffe    Commenti disabilitati su Volete la VERA lotta all’evasione?

Volete la VERA lotta all’evasione?

Anti EquitaliaEquitalia? No, a Calalzo di Cadore recupero crediti gestito dalla comunità montana

Il progetto, in vigore dal primo marzo, è un’iniziativa del sindaco (con il sì unanime del consiglio comunale). Esclusi rischi di pignoramento. “Se qualcuno – dice il primo cittadino – non ce la fa a pagare noi rateizziamo. Non mandiamo sul lastrico una famiglia” 

Equitalia? No, grazie. La decisione presa dal sindaco di Calalzo di Cadore (piccolo centro montano in provincia di Belluno) inizia a fare proseliti tra altri comuni. Lo scorso novembre, il primo cittadino Luca De Carlo – eletto con una lista civica sostenuta dal centrodestra – applicando le legge 166/2011, che prevede che ogni amministrazione possa non servirsi di Equitalia per incassare dai cittadini i soldi di multe e tributi non pagati, ha infatti scelto di dare la riscossione dei crediti insoluti in gestione alla Comunità montana Valbelluna.

Per il giovane sindaco veneto, il servizio adottato dalla società pubblica di riscossione presieduta da Attilio Befera, con la sua applicazione di more e interessi, è “disumano e da sceriffo di Nottingham”. A chiedere ai cittadini di pagare le temutissime cartelle esattoriali, per conto del Comune, dal primo marzo ci penserà l’ente territoriale locale. “In questo modo – spiega il primo cittadino – riusciamo a monitorare costantemente i furbetti, quelli cioè che non pagano perché credono che le tasse le debbano pagare solo i poveracci, e quei cittadini che invece sono in oggettive difficoltà. Proprio su questi ultimi interveniamo subito, magari con la rateizzazione. Abbiamo cercato insomma di umanizzare e avvicinare ai cittadini un servizio che resta comunque antipatico. Perché non è vero che le tasse sono belle da pagare, come diceva Padoa Schioppa

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Eppure, continuo ad essere del mio avviso: il PROBLEMA NON E’ EQUITALIA, che invece stà dimostrando efficacia nell’azione.
Il problema è LO STRUMENTO LEGISLATIVO che ne LEGALIZZA e regolamenta L’AZIONE!
In definitiva, con l’abolizione di Equitalia si farebbe un gran favore a chi E’ UN’EVASORE DI PROFESSIONE e poi conduce una vita al di sopra del dichiarato. In realtà bisognerebbe entrare nel merito DI OGNI SINGOLO CASO.
    Mi direte, ma com’è possibile, se uno dichiara poco, non ci si può fare gran ché. Ebbene no, si tratta di investire qualche decina di milioni in strumenti per la Guardia di Finanza ed impiegarli in questa maniera:
– la comunicazione e l’emissione dei ruoi può avvenire come ora, non è necessaria alcuna modifica;
– il contribuente che ritenga di essere vessato, potrà presentare istanza circostanziata in autotutela o assistito da un CAF o da società certificate dall’Agenzia delle Entrate (ed ecco un fiorire di nuova occupazione);
– Equitalia esamina la pratica e, dopo un’analisi in concerto con tre membri del Comune di Residenza del contribuente, che potrebbero essere nominati a rotazione tra una lista di cittadini volontari incensurati ed in ordine con i pagamenti, stabilisce di accettare e rimodulare l’emissione in ragione dell’effettivo stato patrimoniale/economico/familiare del contribuente;
– potrà quindi, non solo valutare con maggiore attenzione le modalità per le rateizzazioni, ma addirittura rinegoziarne gli importi (come invece accade VERGOGNOSAMENTE SOLO CON I GRANDI EVASORI) fino alla REMISSIONE DEL DEBITO per i casi più disperati!

Eh già, perchè questo paese dimmerda è cattolico solo per fare i pompini ai preti, ma quandoi si tratta di REMISSIONI, le si applicano solo a chi sappiamo tutti.

Vi chiederete: e la Guardia di Finanza?
Sì, la Guardia di Finanza e l’investimento summenzionato centra eccome! A mo avviso, tutta la procedura avrebbe una pecca: LE FALSE DICHIARAZIONI, FALSE AUTOCERTIFICAZIONI, FALSE FATTURAZIONI, FALSE DOCUMENTAZIONI che ovviamente inficierebbero l’equità dell’azione. Come ovviare? Il Comitato di Valutazione potrà, a maggioranza dei componenti, vincolati da giuramento di segretezza, incaricare la GdF di svolgere indagini nei confronti di QUEL contribuente, la sua Famiglia, la sua Azienda, ecc. e VERIFICARE il tenore di vita ed i movimenti se congrui a quanto dichiarato.
ALTRO CHE STUDI DI SETTORE DEL CAZZO che sono solo un PIZZO e che costringe milioni di partite IVA all’Adeguamento con lo spauracchio della Verifica Fiscale che già i Commercialisti demonizzano (anche a loro vantaggio) con il refrain “alla fine qualcosa te lo troverebbero sempre”!
STOCAZZO!
SE TI PAGO PER UN SERVIZIO, MI FAI IL SERVIZIO E SE SBAGLI PAGHI TU!

Ho già scritto cosa ne penso degli Avvocati e Commercialisti che fatturano anche quando PERDONO!
Che bella vita. Continuo ad affermare che dovrebbero SEGUIRE LE SORTI DELL’ASSISTITO, quando ottengono il risultato vengono regolarmente pagati, quando PERDONO, dividono le perdite E LE CONDANNE col loro cliente.
Il vantaggio è di una evidenza sconcertante: il furfante e l’evasore non troverebbero facilmente Commercialisti ed Avvocati disponibili e comunque costerebbero un botto (quasi da trovare maggior convenienza nel pagare le tasse regolarmente).

Feb 13, 2012 - Abuso di Potere, Finanza, Informazione, opinioni, Politica, tecnologia, Truffe    Commenti disabilitati su TAV – I numeri contro le chiacchiere.el post

TAV – I numeri contro le chiacchiere.el post

Corridoi TAVHo trovato un articolo che ho molto apprezzato.

Un po lungo, ho pensato di effettuare un po di tagli per renderlo più comodo da leggere.

… a una a una le ragioni del no al Tav, dati alla mano, dati scientifici, 140 pagine di osservazioni, l’Ing. Sandro Plano Presidente della Comunità Montana, il Prof. Angelo Tartaglia Politecnico di Torino, il Prof. Marco Ponti dell’università di Milano.[omissis]
Marco Ponti, sul Tav ha una posizione assolutamente chiara, perché? Perché dice che il gioco non vale la candela, non lo prende neanche in considerazione dal punto di vista dell’ambiente, lo prende in considerazione dal punto di vista dell’utilità, dell’interesse nazionale a spendere 20 o 30 miliardi di Euro a imbrattare una valle o più valli con un cantiere di 20 anni per fare una cosa che già oggi si sa che non serve a nulla! [omissis] ci dicono un luogo comune:
1) fa parte dei corridoi europei, è vero ma è ridicolo,
questi corridoi prioritari sono cresciuti talmente di numero che oggi sono 30 e coprono fittamente tutta l’Europa, nessun paese o regione poteva essere scontentata di priorità non si può proprio più parlare, sono 30!
2) Crea sviluppo e occupazione, falso,
per Euro pubblico speso le grandi opere occupano pochissima gente rispetto a quelle piccole, alle manutenzioni di cui c’è estremo bisogno, il cemento è una tecnologia matura, non è certo l’informatica o la microbiologia genetica.
3) perdiamo soldi europei, vero ma ridicolo,
se va bene ma proprio bene, perdiamo 3 miliardi, anche se il finanziamento iniziale è 600 milioni, su 22 miliardi di costo, il resto ce lo mettiamo noi e si tratta di costi preventivi, in realtà risparmieremo 11 miliardi, la nostra quota, quella italiana a non costruirla, infatti pensate, avremo già 1/4 della manovra fatta rinunciando a questa porcheria, se si chiedesse agli utenti merce e passeggeri, tariffe che coprono parte dell’investimento, questi diventerebbero così alte che non ci passerebbe nessuno, merci e passeggeri pagano volentieri i costi di costruzione delle autostrade, ma in generale non ne vogliono sapere di pagare quelli dell’alta velocità , pagano al massimo i costi di esercizio.
4) altrimenti gli altri costruiscono un corridoio a nord delle Alpi e ci fregano, questa è pura fantascienza
, qualcuno dovrebbe rispondere di queste frottole e poi si occupa degli aspetti tecnici, anche essi fantasiosi li definisce il Prof. Marco Ponti: il Tav sposterà un sacco di camion via dalla strada con grandi benefici ambientali, finora – dice – non è mai successo neanche in Francia, patria dell’alta velocità, i passeggeri ufficialmente previsti sulla nuova linea se e quando sarà in funzione, sono pochissimi, 16 treni al giorno su una capacità di 250 treni al giorno, ma paradossalmente anche se ci riuscisse le emissioni del cantiere sono tali che compenserebbero questi ipotetici risparmi per i prossimi 20 anni. [omissis] la tratta transnazionale italo – francese, quella italo – francese in base al progetto presentato nel 2010 prevede un tunnel di base a doppia canna lungo 57 chilometri sotto il massiccio dell’Ambin con scavi fino a 2000 metri di profondità con imbocco nella zona di Susa fino a Saint Jean de Maurienne in Francia, quali sono i preventivi e le previsioni di spesa? Per il tunnel di base il documento è un dossier presentato dall’Unione Europea nel 2007 che preventiva a gennaio 2006 un costo di 14 miliardi di Euro e per il 63%, cioè 9 miliardi è a carico nostro, dell’Italia, a questi poi vanno aggiunti 5 miliardi per la tratta italiana, mai i preventivi delle linee alta velocità già realizzati sono stati rispettati, Roma – Firenze è lievitata di 6 volte, Torino – Milano 5 volte rispetto ai preventivi, Firenze – Bologna di 4, quindi se tutto va bene, se anche lievitasse di 4, il minimo in Italia, questa roba non ci costerebbe 20/22 miliardi, ma 80. [omissis] Quanto e di quale tipo sarà l’impatto ambientale della costruzione del Tav? Secondo le stime i cantieri del Tav Torino – Lione durerebbero non meno di due decenni, il tunnel di base comporterebbe lo smaltimento di circa 18 milioni di metri cubi di materiale da scavo che sono anche inquinanti perché ovviamente contengono anche sostanze tossiche, sostanze a volte radioattive, sostanze da trattare in maniera particolare, non sono pietre normali, ci vorranno per trasportarle via in 20 anni, questi 18 milioni di metri cubi di materiale da scavo 1 milione di viaggi in tir, avete presente la Valle di Susa? Un milione di viaggi di tir per portare via questa roba che viene asportata negli scavi, le montagne della Valle di Susa sono notoriamente ricche di rocce amiantifere e di uranio senza contare le ricadute dello scavo sul sistema idrogeologico come già è accaduto nel Mugello dove ci sono frane, falde acquifere essiccate, disastri ambientali che pagheremo nelle prossime generazioni, le stiamo già pagando, in più escono amianto e materiali radioattivi, un milione di viaggi per portare via il tutto.

Come sempre ecco la Fonte anche per chi volesse legger l’articolo integrale: blogsgfinpiazza.myblog.it
Feb 4, 2012 - Abuso di Potere, Informazione, Politica, Truffe    Commenti disabilitati su Ma porca troia!!!

Ma porca troia!!!

Ma cosa aspettiamo a CACCIARLI A PEDATE??Partiti-papponi: vogliono soldi Già pronta una legge del Pd

Partiti-papponi: vogliono soldi Già pronta una legge del Pd

Nei giorni dello scandalo-Margherita si scopre che i democratici hanno scritto un disegno di legge per raddoppiare il finanziamento


Nei giorni dello scandalo che ha travolto la fu Margherita di Francesco Rutelli, un partito che tramite l’ex tesoriere Luigi Lusi avrebbe fagocitato 13 milioni di euro di finanziamenti pubblici, spunta fuori un disegno di legge del Pd proprio sul finanziamento pubblico. Il progetto non mira a cancellare lo scandalo. Bensì lo raddoppia. I politici non rinunceranno mai ai fondi pubblici, ma che in queste ore si scopra l’esistenza di un progetto di legge firmato dalla sinistra che mira ad aumentarli è grottesco e paradossale. Semmai i partiti dovrebbero rendere trasparenti i loro bilanci, sottoponendoli a controlli indipendenti come fanno le società per azioni.

Fonte: liberoquotidiano.it
Feb 4, 2012 - Abuso di Potere, Bancocrazia, Economia, Giustizia, Politica, sfoghi, Truffe    Commenti disabilitati su Un taglio alle COGLIONATE no?

Un taglio alle COGLIONATE no?

Tempo fa, Padoa Schioppa disse che “pagare le tasse è una cosa bellissima”….

Adesso quest’altro consulente di Goldman Sachs, come Prodi, Draghi, Letta (tutti benefattori attenti alla giustizia sociale) se ne esce con la monotonia del Posto fisso.

Qualcuno potrà mai spiegargli che se devo uscire da casa dei miei a fare famiglia ho bisogno di un mutuo?
Ha per caso idea che per avere un cazzo mutuo E’ NECESSARIO ESSERE MOLTO BEN ANNOIATI???

“Che monotonia il posto fisso tutta la vita!”. Ieri Mario Monti, dagli schermi di Canale 5, ci ha reso partecipi della sua prima esternazione alla maniera di un Brunetta qualsiasi. Secondo il presidente del Consiglio, avere un lavoro sicuro che dura tutta la vita sarebbe un’opprimente palla al piede, un pericolo da scongiurare.

Da che pulpito viene la predica. Per Monti, infatti il posto fisso non è mai stato un problema. Una vita nel gotha economico-finanziario a livello mondiale, una confortevole poltrona da senatore a vita, e uno scranno di notevole importanza nel gruppo Bildelberg, tema quest’ultimo su cui il buon “SuperMario” non ha voluto ancora fornirci alcun tipo di spiegazione.

Cosa intende poi l’ex advisor di Goldman Sachs quando afferma che sarebbe opportuno “tutelare un po’ di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro”, e con quali misure vuole dare seguito a questo suo auspicio? Cancellando per caso l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori?

Fonte: Andrea Demontis su poverapatria.com
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